martedì 25 settembre 2012

A Madrid il 25-S vuole riprendersi il Parlamento, la Polizia carica i manifestanti

Si può paragonare una manifestazione pacifica intorno al Congresso dei Deputati con un colpo di Stato come quello tentato da Antonio Tejero, il 23 febbraio 1981? E' successo nei giorni scorsi, quando il Governo spagnolo ha cercato di aumentare la tensione intorno alla manifestazione del 25-S, per spingere i più prudenti a desistere dal parteciparvi.
E' anche questo paragone a mostrare tutto lo scollamento tra la Spagna dei governati e quella dei governanti. La manifestazione del 25 settembre è stata organizzata da varie piattaforme, soprattutto sulle reti sociali. Se n'è parlato per tutta l'estate. "Bisogna riprendersi il Congresso", "dobbiamo occupare il Congresso", dev'essere chiaro che i deputati sono lì nel nostro nome, governano la Spagna nel nostro nome, siamo noi che li controlliamo e non viceversa, si rimandavano i messaggi nella Rete. E, siccome all'inizio non erano chiare le intenzioni degli organizzatori, se avevano in mente un'occupazione vera e propria o un avvicinamento simbolico al palazzo della Carrera de San Jerónimo, ecco che era arrivato anche il chiarimento: nessun tentativo "fascista" o "golpista" di occupare il Congresso, ma solo una manifestazione "pacifica" e "non violenta", per circondarlo e dimostrare ai deputati, in questo assedio non violento, che governano nel nome del popolo spagnolo.
Ci sono state assemblee e incontri di preparazione in mezza Spagna, mentre il Governo cercava di mettere i paletti alla manifestazione, chiarendo che il Palazzo del Congresso era out e che sarebbe stato impedito in ogni modo di avvicinarlo. Stamattina la Carrera de San Jerónimo si è svegliata con 1500 poliziotti pronti per la manifestazione, dalla plaza de Neptuno, dove inizia la via, fino alla Puerta del Sol, sull'altro estremo. Sulle reti sociali sono arrivate immediatamente le immagini delle varie linee di transenne poste per evitare l'avvicinamento dei manifestanti, mentre i tweets dei testimoni parlavano di una ventina di camionette della Guardia Civil solo nella plaza de Neptuno e dei tentativi di paralizzare le autostrade, per impedire ai manifestanti di raggiungere Madrid.
La manifestazione è partita alle 18 e, come sempre più spesso succede in Spagna, ha raccolto molte più persone del previsto. Del resto, se il Governo è così maldestro da cercare di spaventare i potenziali manifestanti, è ovvio che invece di trovarsi 1000 persone se ne trova 5mila, per mero dispetto, per mera misura della sua impopolarità e del rancore che suscita (non chiedete ancora quanti siano a Madrid in questo momento, sono tanti, la Puerta del Sol e la plaza de Neptuno, con le vie circostanti, sono piene di gente). Dalla plaza de España e da altri punti della capitale i manifestanti hanno iniziato a convergere alla Puerta del Sol e a Neptuno, i due punti di accesso alla Carrera de San Jerónimo. Si sono trovati davanti le camionette della Polizia e i poliziotti in assetto da battaglia, casco indosso incluso. A Neptuno ci sono state violente cariche della Polizia, in diretta sul Canal 24 horas; pare si siano concluse con una decina di feriti e di arresti.
Ma non si sa ancora come finirà, le notti madrilene di protesta usano essere molto lunghe, sia chi sia il partito al Governo.
Questa reazione smisurata del Governo a una manifestazione pacifica, così come la sua manifesta incapacità di far fronte alla deriva indipendentista della Catalogna e la sua sordità davanti alla proposta del PSOE di cercare di salvare la Spagna e darle una nuova pagina disegnando una Costituzione federalista, che accolga anche le istanze dei catalani, dimostra tutta la sua inadeguatezza all'agitato momento storico del Paese.
"In un esercizio di democrazia e libertà, noi cittadini vogliamo chiedere conto ai nostri rappresentanti, vogliamo che ci ascoltino, chiedere loro di governare per noi, per il nostro bene. Vogliamo dire loro di fare quello per cui sono stati eletti, che applichino le misure per le quali li abbiamo votati. Vogliamo dire loro che non possono continuare così. E glielo diciamo pacificamente, democraticamente, per strada o dove sia" scrive su El Pais Paco Pastor, un lettore che con una sua lettera ha suscitato tempo fa un grande dibattito, fino a scrivere il libro Siempre pagamos los mismos "Ma la risposta del Governo ci delude. Ci insultano e si isolano ancora di più da noi. Offendono cittadini liberi, con dichiarazioni intolleranti e fuori posto, con cui ottengono solo di mettersi in evidenza. Non possono delegittimarci: la loro legittimità si basa su di noi. I rappresentanti si allontanano dai rappresentati e questo non può funzionare. Ci rispondono con un impeto di forza bruta, anche in modo poco etico e democratico, per chiarire chi comanda qui. Ci bloccano e ci separano dai nostri rappresentanti. E' che non vogliono ascoltarci? E' che non li preoccupa quello che vogliamo dire loro? Per caso hanno paura? Questa è la risposta che dobbiamo pretendere dal Governo. E se la risposta è positiva, forse siamo noi che dobbiamo iniziare a spaventarci".
Non c'è modo più chiaro e più democratico per esprimere tutta la distanza e lo scollamento tra la Spagna dei governati e dei governanti. E l'inquietudine che agita entrambe.
Gli organizzatori del 25-S nei giorni scorsi hanno guardato al vicino Portogallo , con grande speranza: sono state le grandi proteste popolari a Lisbona e nelle altre città, a spingere il Governo a rinunciare al suo piano di alzare le tasse ai lavoratori, già esausti, e di diminuirle alle imprese e a cercare "con le parti sociali, possibili alternative", per ridurre il benedetto deficit. Per la Spagna è stato un successo invidiabile, quello dei portoghesi che non vogliono più avere a che fare con la troika, stanchi di tanta austerità e impoveriti da tante tasse e da tanta perdita di potere d'acquisto.
Perché per la Spagna è difficile trovare leaders che sappiano superare le proprie ideologie e sappiano trovare da qualche parte il carisma, per guardare alla Storia e non alle prossime elezioni? Guardo Madrid, in queste ore, e penso no lo sé.
Ma sono sempre più convinta che sia necessario votare con il cervello e con la pancia, con i valori e non con il portafoglio. Bisogna pensare al tipo di società in cui si vuole vivere, non alla dichiarazione dei redditi.
Le foto, da elpais.com, da eldiario.es e da Twitter.