lunedì 3 settembre 2012

Il leader del PP nei Paesi Baschi: "Mi importa un cavolo degli etarras in carcere"

"Ci importa un cavolo, la situazione dei carcerati dell'ETA. Ci importa un cavolo, come stanno. Se all'ETA importano gli etarras in carcere, avrebbe potuto pensarci prima di assassinare 900 persone e lasciare migliaia di feriti." Così ha parlato ieri il leader del PP nei Paesi Baschi, e candidato lehendakari Antonio Basagoiti.
Parole durissime, che hanno diviso non solo i baschi, ma anche gli spagnoli. Può un uomo politico, candidato alla massima carica della Comunidad Autónoma del País Vasco, parlare come un populista al Bar dello Sport, dove conquista i consensi chi parla con la pancia e non con la ragione? Può manifestare questo sprezzo? E può fare finta di non riconoscere la differenza tra un uomo che ha scelto il terrorismo e uno che ha scelto lo Stato di Diritto?
Euskadi voterà il 21 ottobre per rinnovare il Parlamento e il lehendakari, il Governatore. Sono elezioni storiche, che arrivano dopo il primo governo non nazionalista, con un'insolita alleanza tra socialisti e popolari che ha funzionato fino a quando il PP non è andato al Governo a Madrid, e che, soprattutto, arrivano dopo la rinuncia dell'ETA alla lotta armata e la legalizzazione di Bildu, la formazione della izquierda abertzale vicina all'ETA. Secondo gli ultimi sondaggi i nazionalisti baschi, i moderati del PNV e gli indipendentisti di Bildu, domineranno le elezioni e insieme raggiungerebbero il 61% dei consensi, tanto che tutti i media si chiedono se il PNV sarebbe disponibile a governare con Bildu; se così fosse, se i nazionalisti arrivassero a un accordo di Governo, il ruolo del PSOE e del PP sarebbe evidentemente del tutto marginale, con conseguenze non ancora prevedibili sul processo di pace.
Un processo di pace che a Madrid il PP non sa aprire, ostaggio, come si è già detto su Rotta a Sud Ovest, degli alleati radicali, interni ed esterni, di cui si è servito negli anni dell'opposizione, per fare pressione su José Luis Rodriguez Zapatero e impedire che negoziasse con l'ETA. Un processo di pace che ha nella politica penitenziaria uno dei suoi assi principali: con la deposizione delle armi, e consapevole che non ci sarà alcuna amnistia (del resto, non sarebbe neanche giusto che ci fosse), l'ETA sta oggi spingendo per il riavvicinamento degli etarras a Euskadi, per l'abolizione della dottrina Parot, che indurisce le pene dei terroristi, negando loro diritti riconosciuti dalla legge, per la liberazione degli etarras malati. Ed è proprio quest'ultimo punto, con la recente libertà condizionale concessa al terrorista Uribetxebarria Bolinaga, malato terminale di cancro, ad aver monopolizzato, in questi giorni, il dibattito sulla pace in Euskadi.
L'Audiencia Nacional ha decretato la libertà condizionale per l'etarra, contro il parere della Procura, che non lo ritiene in punto di morte; così il terrorista, non pentito, è ancora in carcere in attesa del ricorso della Procura; a Bilbao c'è stato un corteo di migliaia di persone per chiedere la sua liberazione, mentre l'Associazione Vittime del Terrorismo minaccia scioperi della fame nel caso venga liberato.
"E' un mese che non facciamo altro che parlare degli etarras in carcere. Questa non è la mia campagna" si è lamentato Basagoiti con El Pais, dopo le durissime parole pronunciate e già riportate, all'inizio di questo post.
Non sono state le uniche parole polemiche di Basagoiti. Subito dopo ha aggiunto che la preoccupazione del PP non sono gli etarras, ma che "i Paesi Baschi continuino a essere Spagna dopo l'ETA che la Spagna continui a essere la Spagna dopo l'ETA. Questa è la cosa importante, il resto è la campagna dell'ETA e di Batasuna".
E sarà anche così, ma è difficile credere che con queste parole Basagoiti dimostri di aver compreso la portata di quello che sta succedendo nella sua Regione. Lo sprezzo di me importa un bledo, mi importa un cavolo, del destino degli etarras, dimostra la mancanza di sensibilità verso le migliaia di baschi a cui sì, importa. Un uomo politico deve preoccuparsi non solo dei propri rappresentati, ma dell'intera società che aspira a governare. E prima Basagoiti realizza che la metà dei baschi vuole l'indipendenza ed è con loro che dovrà fare i conti e prima sarà, magari non un politico migliore, ma un politico che ha rapporti con la realtà della sua regione.
I Paesi Baschi rischiano una deriva indipendentista a cui Madrid e Vitoria devono far fronte, facendo i conti con la realtà e cercando un negoziato tra i baschi che vogliono l'indipendenza e i baschi che si sentono prima di tutto spagnoli e vogliono rimanere in Spagna. E' una regione divisa in due, destinata a convivere e a trovare una sintesi tra due aspirazioni così diverse. Il compito di uno statista non è disprezzare la parte della società in cui non si riconosce, ma cercare di trovare una posizione comune, che dia spazio alle aspirazioni di tutti. 
La Costituzione spagnola stabilisce che affinché i Paesi Baschi o un'altra Comunidad possano essere indipendenti, deve votare in un referendum l'intera Spagna. E' un concetto un po' ridicolo e ingiusto, perché non si capisce cosa c'entrino gli abitanti delle Canarie, per dire, con le aspirazioni d'indipendenza di Euskadi, ma questo stabilisce la Costituzione. I baschi hanno tentato la strada dell'indipendentismo con il piano Ibarretxe, durante la prima legislatura di Zapatero, e non è detto che il PNV e Bildu, adesso in lotta per conquistare la supremazia il 21 ottobre, non ci riprovino, raggiungendo insieme un consenso che metta fuori gioco PSOE e PP.
Le frasi di Basagoiti, che mettono al lato lo Stato di Diritto e persino la pietas di quel Cattolicesimo a cui tanto fanno riferimento i popolari, non aiutano la causa dei baschi che vogliono rimanere in Spagna.
"Ci importa un cavolo come stanno gli etarras in carcere". Quando l'ho letta, ieri sera, ho pensato due cose.
1 se è così, qual è la differenza tra te e un terrorista? Come pensi di dimostrare la differenza tra un uomo di Stato e un terrorista, tra lo Stato di Diritto e l'ETA?
2 Che fortuna, abbiamo avuto in Italia, negli anni di piombo, a non aver mai avuto un leader politico che abbia parlato con un tale disprezzo degli altri esseri umani. Più guardo alla Spagna impegnata nella pace nei Paesi Baschi, più, pur con tutte le differenze tra i due terrorismi e con tutti gli errori compiuti dall'Italia, sono fiera di come l'Italia abbia saputo vincere il suo terrorismo, utilizzando le leggi speciali, negando amnistie, senza rinunciare mai alla democrazia e al riconoscimento della dignità anche dei terroristi e lasciando le vittime in pace con il loro dolore e il loro lutto.