lunedì 24 settembre 2012

Marcelo Ebrard a El Pais: Per il Messico una sinistra di governo e non di protesta

Il 5 dicembre Marcelo Ebrard lascerà la poltrona di sindaco di Città del Messico al compagno di partito Miguel Ángel Mancera e inizierà un viaggio nel Paese per ricostruire il PRD, il Partido de la Revolución Democrática, dopo l'abbandono del suo ultimo leader carismatico Andrés Manuel López Obrador. Ebrard, 53 anni, ha già annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2018 e a El Pais spiega il processo di rinnovamento che deve compiere la sinistra messicana, per poter finalmente conquistare la presidenza del più popoloso Paese di lingua spagnola.
L'intervista, completa e in spagnolo, è su elpais.com.

- E adesso cosa succederà? Lei ha difeso l'idea di un Frente Amplio di sinistra sul modello uruguayano, ma López Obrador si è separato dal PRD, senza ritirarsi.
Nelle elezioni della Camera dei Deputati del 2015, si vedrà chi è chi nella sinistra, si stabilirà un nuovo rapporto di forze. Il Frente Amplio potrà esistere solo dopo quell'esame
- E un'altra volta quest'alleanza schizofrenica di moderati e radicali?
Bisogna saper leggere la realtà messicana. Primo, non si è mai permesso che la sinistra governi, tranne che nel DF, cosa che fa sì che ci sia un sentimento di frustrazione. Secondo, la disuguaglianza economica è così immensa… il reddito pro-capite a Città del Messicoè quasi 20mila dollari e in buona parte del sud del Paese non arriva a 8mila. Questo polarizza molto e spiega perché esiste una sinistra molto legata alla protesta sociale. La grande sfida, affinché la sinistra arrivi un giorno al Governo nazionale, è includere il nord e l'occidente del Paese, regioni che non sosterranno mai l'opzione radicale.
- Cosa succederà nel PRD?
Ha bisogno di un rilancio. Ha bisogno di un'altra direzione, altri statuti e risolvere i processi di selezione dei candidati. Bisogna rifondare il partito e celebrare un congresso. Cosa ci può spingere a farlo? La concorrenza di Andrés Manuel. Il vantaggio del PRD è che MORENA è il partito di una sola persona, lo svantaggio è il suo personalismo. Questa concorrenza può provocare il cambio che il PRD non ha voluto fare per anni. Tanto che il suo stesso fondatore, Cuahutémoc Cárdenas, se ne è allontanato.
- Il PRD ha vissuto del carisma dei suoi leaders, prima Cárdenas e poi López Obrador, cosa succederà adesso?
E' una prova del fuoco, ma quello di cui c'è bisogno è prestigio politico, non carisma. Per occupare lo spazio del centrosinistra bisogna fare un'opposizione più informata, più critica e più sensata. Molte persone si sono allontanate dal partito perché non gli piace la sua burocrazia, le sue facce. Bisogna convocare il centrosinistra prima di dicembre e poi celebrare il congresso. Siamo la seconda forza nazionale e dobbiamo saper giocare questo ruolo. Se utilizziamo un discorso ideologico molto generico probabilmente ci isoliamo. Il programma essenziale del PRI (il partito che ha vinto le elezioni presidenziali NdRSO) ha il consenso del PAN (il partito che ha governato il Messico nell'ultimo decennio NdRSO). E' una cosa stranissima nel Messico: le riforme rimaste da fare al partito uscente, sono quelle che intende fare il signore che entra
- Lei propone un cambio di direzione per il Messico. In cosa consiste?
Credo che il PRI e il PAN abbiano un progetto preparato negli anni 90. Credono che se fanno tre cose il Messico crescerà molto. Una è la riforma energetica, fare di Pemex qualcosa di simile a Petrobras. La seconda, la riforma fiscale, che vuol dire portare più consumo in un Paese così disuguale. La terza è la flessibilizzazione del mercato del lavoro. E' quello che disse Vicente Fox, poi Calderón ed è lo stesso che dice adesso Peña Nieto. Per noi la priorità è la riforma fiscale, attaccare i privilegi, non alzare l'IVA, e in secondo luogo fare un immenso investimento nell'istruzione. Questo significa il cambio di direzione.
- Crede che la sinistra debba proporre un patto nazionale contro la violenza?
Un patto contro la violenza va molto bene, ma con quale contenuto, perché ce ne sono stati vari. Mi preoccupa molto che si accentui questa strategia di guerra, perché ha fallito ed è stata molto costosa. Bisogna sedersi con Peña Nieto e chiedergli cosa farà, perché se è lo stesso, non siamo d'accordo.
- Cosa farà a partire dal 6 dicembre?
Visiterò tutti gli Stati, inviterò molta gente a partecipare a questo progetto di sinistra e a non pensare in termini partitisti tradizionali, perché non funzionerebbe. Un progetto vincolato all'esperienza di governo, non solo per canalizzare l'insoddisfazione. Bisogna costruire una sinistra per governare, non per protestare.