lunedì 22 ottobre 2012

Euskadi e Galizia: vincono i nazionalisti e il PP

Mariano Rajoy può tirare un sospiro di sollievo, Alfredo Pérez Rubalcaba deve pensare seriamente alle dimissioni, un terzo degli elettori non ha capito che rimanendo a casa non punisce il proprio partito, ma fa che siano altri a decidere.
La sintesi delle elezioni regionali di ieri, in Galizia e in Euskadi, dove il risultato comune è stato il crollo del PSOE e la vittoria dell'astensionismo, primo partito basco e secondo galiziano, essendo arrivato al 34-35%. Finirà la discesa agli inferi del PSOE, iniziata ormai un paio di anni fa e che sembrava aver toccato fondo nel disastro di un anno fa, che ha dato la maggioranza assoluta al PP? Per ora no. Il risultato più eclatante della Galizia non è la conferma della maggioranza assoluta di Feijóo, che ottiene 41 seggi contro i 38 della scorsa legislatura, con il 45% dei voti. E' il crollo di 10 punti del PSOE, passato dal 30 al 20% dei voti. Alfredo Pérez Rubalcaba e i suoi uomini potranno inventarsi che il partito non ha avuto il tempo di fare le primarie e di far conoscere il proprio leader, dato che il PP ha anticipato le elezioni. Ma sono spiegazioni che lasciano il tempo che trovano. Il PSOE non ha ancora trovato la strada per riconquistare la fiducia degli elettori e non viene visto come un'alternativa di Governo possibile. Un po' perché non indica chiare alternative alle politiche liberiste di Mariano Rajoy, un po' perché ha iniziato queste politiche liberiste e Alfredo Pérez Rubalcaba, che fu il numero 2 del Governo da cui tutto iniziò, non può essere credibile come alternativa (prima il PSOE lo capisce, meglio sarà per lui).
In Galizia il PP ha ottenuto la maggioranza assoluta grazie al crollo del PSOE e all'astensionismo: il partito al Governo ha perso 100mila voti rispetto alle precedenti elezioni regionali e 200mila rispetto alle ultime elezioni nazionali di un anno fa. 200mila voti in meno, in 11 mesi, sono tanti, ma il PP può cantare vittoria, grazie all'ampliamento della maggioranza assoluta: adesso il presidente Núñez Feijóo può cambiare la legge elettorale a suo favore, in modo da tenere l'opposizione lontana dal potere per sempre o quasi (minaccia la stessa cosa Dolores de Cospedal in Castiglia La Mancha, ma continuino a non andare a votare, per carità) e, soprattutto, può far respirare alleviato Mariano Rajoy e la sua politica di tagli sociali massicci. Se quando si continuano a tagliare servizi e ad aumentare le tasse si ampliano le maggioranze assolute, cosa si può volere di più dalla vita?
"In tempi difficili come questi, non c'è posto per le mezze tinte. E meno che mai nelle urne elettorali, in cui nei momenti di crisi c'è posto solo per i voti duri" scrive Isaac Rosa su eldiario.es, per piegare i risultati di Galizia ed Euskadi "di quelli che si portano già da casa, nei pugni stretti. Non sono momenti per tardare sul tavolo a curiosare su quello che si offre. Quello che ha le idee chiare va a votare e vota senza titubanze; chi non ha le idee chiare, rimane a casa (come ha fatto il 35% degli elettori). Chi è andato a votare in Euskadi e Galizia non era disponibile alle mezze tinte, neanche per i punti di mediazione né per le terre di nessuno. In tempo di crisi il voto è dominato dalla paura o dalla rabbia: la paura di chi cerca qualcosa di fermo in mezzo alla tormenta; e la rabbia di chi soffia più forte, affinché l'uragano si porti via tutto. Quelli della paura cercano la sicurezza, e per questo votano il potere, l'autorità, il partito istituzionale, il padrone. Cioè, il PP in Gailizia e il PNV in Euskadi, che hanno governato nei due territori dalla Transición, con solo piccole interruzioni, e che si sono mimetizzati nelle istituzion come se fossero loro".
Una buona spiegazione del successo elettorale, ampiamente prevedibile dei due partiti. Perché le cose sono andate come previsto sia in Galizia che nei Paesi Baschi. Ha vinto chi dicevano i sondaggi, solo che il crollo del PSOE è stato maggiore e l'astensionismo più alto.
Nei Paesi Baschi, liberi dalla minaccia dell'ETA, tornano al potere i nazionalisti del PNV, che, ancora una volta, non ottengono la maggioranza assoluta, fermandosi a 27 seggi (la maggioranza assoluta è a 38), e dovranno arrivare a un accordo di Governo. Lo faranno con Bildu, l'alleanza della sinistra indipendentista, che, smarcatasi dall'ETA, ha ottenuto 21 seggi ed è diventata la seconda forza politica più votata della regione, prima in Gipuzkoa e seconda nelle altre due province, compresa la più "spagnola" Álava? O lo faranno con il PSOE indebolito e ferito, crollato dai 25 seggi della scorsa legislatura ai 16 di adesso?
Logica vorrebbe che i due partiti nazionalisti, che insieme raggiungono 48 seggi su 75, il che significa che due deputati su tre del nuovo parlamento di Vitoria sono nazionalisti, trovassero un accordo per governare e per, magari, chiedere insieme ai catalani, tentati dall'indipendenza, un nuovo disegno costituzionale per la Spagna. Ma.
Nel suo primo intervento pubblico, per commentare la vittoria, il leader del PNV Iñigo Urkullu, pur in una marea di ikurriñas, le bandiere basche, ha chiarito che Paesi Baschi e Catalogna non vogliono la stessa cosa. La crisi economica e politica della Spagna, ha spiegato, ha bisogno di "stabilità e rispetto istituzionale, garanendo il pluralismo ed evitando processi i ricentralizzazione e riforme unilaterali. Sono aperto al dialogo" E quindi ha spiegato che Euskadi "è Europa e il nostro futuro è in Europa". Il che sarebbe incompatibile con l'indipendenza, perché Bruxelles ha già fatto sapere a Barcellona che, in caso di secessione, rimarrà fuori dall'euro e dalla UE.
Non solo Urkullu non mira all'indipendenza, ma è anche un leader della destra nazionalista: il PNV e Bildu non hanno molto in comune, a parte il nazionalismo e l'idea di essere il più possibili autonomi da Madrid. Si potrebbe dire che sono alternativi all'interno del nazionalismo, dunque è difficile immaginare che possano mettersi d'accordo, con le premesse fatte ieri da Urkullu, per governare la regione. Diventa più probabile la ripresa della tradizionale alleanza tra il PNV e il PSE, il Partito Socialista Basco. Un PNV rafforzato e un PSE ferito. Cosa ne verrà fuori? I numeri danno per possibile anche un'alleanza tra Bildu e PSE, ma, visti i risultati dell'alleanza contronatura della scorsa legislatura, quando il PSE ha espulso il PNV dal potere grazie a un accordo con il PP, difficile che i socialisti vogliano ripetere l'esperienza.
Nei Paesi Baschi sono successe cose interessanti, che probabilmente il leader cieco e mediocre che governa la Spagna, Mariano Rajoy, e i giornali di destra che gli fanno da altoparlante (e a volte condizionano potentemente la sua azione di governo) non sapranno leggere se non mettendosi le mani nei capelli. Il PP, che ha scommesso duramente sulla contrapposizione tra nazionalismo basco e spagnolo, ha perso ed è sceso da 13 a 10 seggi, diventando ininfluente al Parlamento regionale (mentre, nella scorsa legislatura sono stati i suoi voti a rendere possibile l'accordo con il PSE e l'allontamnto del PNV dal potere). E poi c'è Bildu, che la destra mediatica e il potere vedono come fumo negli occhi. Con l'ETA dichiaratasi fuori gioco, la sinistra indipendentista diventa la seconda forza di Euskadi. E' più di un anno, da quando è stata legalizzata e può partecipare alle elezioni, che Bildu continua a rafforzarsi: è la seconda forza basca nel Parlamento di Madrid, governa la provincia di Gipuzkoa e il Comune di San Sebastian, adesso è la seconda forza politica basca in Euskadi e ha spodestato il PSE, che non è sufficientemente di sinistra, Lo smacco per chi vuole la sua illegalizzazione è enorme. Anche perché dimostra che a frenare il radicalismo nazionalista di sinistra è sempre stata l'ETA: non appena la banda terrorista è scomparsa, il voto nazionalista di sinistra è esploso. Tutto il contrario di quello che dicevano a Madrid, dove volevano illegalizzare la sinistra nazionalista per fermarne le idee. E' impossibile: la sinistra nazionalista vince in un clima di pace e si frena nel clima di terrore dell'ETA. A pensarci bene il risultato di Euskadi è una terribile sconfitta per l'ETA: se fosse scomparsa prima, i voti per l'opzione indipendentista di sinistra sarebbero stati da tempo molti di più.
Euskadi ieri ha mandato molti messaggi a Madrid ed è una pena che alla Moncloa ci sia un leader cieco, superbo e mediocre e che il PSOE si trovi ancora in piena traversata nel deserto, ancora indeciso se cambiare il cavallo con cui arrivare finalmente a vedere il mare, una foresta o quello che è, pur di uscire da questo inferno in cui si è cacciato.