giovedì 25 ottobre 2012

Il sindaco di Buenos Aires pone il veto all’aborto nella capitale

Il Capo di Governo della Città Autonoma di Buenos Aires Mauricio Macri ha posto il veto alla legge sull'aborto, appena approvata dalla Città di Buenos Aires, per permettere l'aborto alle donne vittime di violenza, dopo la sentenza emessa in questo senso della Corte Suprema de Justicia de la Nación. A causa del suo veto, le donne porteñas violentate, dovranno utilizzare la legge precedente, molto più restrittiva (è un tipo di aborto praticato solo per pericolo di vita della madre e malformazione del feto, entro la 12° settimana di gravidanza).
La nuova legge, approvata da Buenos Aires il 28 settembre con 30 voti a favore e 29 contrari, permette l'aborto alle donne violentate senza ricorrere alla magistratura, ma attraverso una semplice richiesta ai servizi sociali e chiede ai Governi locali di avviare i protocolli per rendere possibile le interruzioni di gravidanza alle donne che hanno diritto di praticarla. A Macri non è andato giù il fatto che la legge riconosca il diritto all'aborto anche alle ragazze violentate, dai 14 anni in su, senza il permesso dei genitori; una decisione che prende atto del fatto che la maggior parte delle violenze sui minorenni avviene all’interno della famiglia, dunque in molti casi sarebbe impossibile, per le adolescenti, la ottenere il permesso all'aborto dei propri genitori. Per il sindaco di Buenos Aires è questa una "contraddizione" con il Codice Civile, secondo il quale i minorenni sono relativamente incapaci.
La reazione dei gruppi femministi e dei diritti umani non si è fatta attendere; c’è chi ha commentato che Macri ha "agito con la sottana addosso", riferendosi all'influenza della Chiesa Cattolica, e c'è chi, come Amnesty International, ha denunciato che in questo modo per le adolescenti sarà più difficile ricorrere all'aborto (e, sottinteso, ricorreranno a quello clandestino, molto più pericoloso).
A Macri non piace neanche che i medici siano obbligati a dichiarare la propria obiezione di coscienza, per non praticare l'aborto, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, perché "in questo modo si restringono indebitamente le libertà e l’intimità dei professionisti".
Nei giorni scorsi Mauricio Macri è stato protagonista di un episodio antipatico, all'impedire il primo aborto a Buenos Aires, secondo la nuova legge; in una conversazione aveva rivelato i dati della giovane donna, una prostituta che esercitava la sua professione lontano dalla capitale: l'ospedale è stato preso d’assalto dai cosiddetti gruppi cattolici pro-vita, che hanno impedito l'aborto, mentre la donna si è sentita sotto choc perché sono stati rivelati i suoi dati e la sua famiglia, che lo ignorava, ha scoperto la sua professione. Una violenza, nei suoi confronti, e una violazione della sua intimità per le quali sembra che nessuno abbia pagato il danno.