venerdì 4 gennaio 2013

Quell'infelice matrimonio di Alfonso XIII e Victoria Eugenia

Questo post è un contributo di Marina Minelli, autrice di altezzareale.com, il primo blog italiano dedicato alle Famiglie Reali di oggi e di ieri, con un occhio all'attualità delle Monarchie regnanti e un altro al passato, alle curiosità e ai segreti che avvolgono i personaggi dell'aristocrazia.
Ho conosciuto Marina nel web e abbiamo simpatizzato, tanto da decidere uno scambio di post per i nostri rispettivi blog; a settembre lei ha pubblicato un articolo che ho scritto per Altezza Reale sui 40 anni di Letizia Ortiz, adesso lei regala a Rotta a Sud Ovest questo articolo, in cui ricostruisce un matrimonio infelice del recente passato spagnolo, quello di Alfonso XIII e Victoria Eugenia di Battemberg. Alfonso XIII è un re ancora molto presente nella memoria storica spagnola, anche perché è stato l'ultimo re prima della proclamazione della Seconda Repubblica; la Spagna di oggi, con le sue contraddizioni e le sue idiosincrasie, non può essere capita senza guardare al suo regno. E lo stesso Juan Carlos, che non sarebbe re senza le disgrazie familiare e le obbligate rinunce dinastiche, non si può capire senza questo nonno autoritario e fondamentalmente mediocre.
Grazie, Marina!

Alfonso XIII - nonno di Juan Carlos e ultimo sovrano regnante prima della guerra civile e del franchismo – ha un chiodo fisso: vuole a tutti i costi una moglie inglese. Nessuno nel suo entourage comprende il motivo di questa ostinazione che è quasi un capriccio. Ma il giovane Alfonso è deciso a trovarsi una sposa britannica e protestante nonostante la storia, le tradizioni e la cultura della Spagna e della famiglia reale, oltre alle pesanti pressioni della regina madre Maria Cristina d’Asburgo - più propensa a guardare verso la natia Austria - costituiscano già da sole un forte ostacolo a questo progetto. Per non parlare poi delle potenze straniere, Germania in testa, preoccupate per l’avvicinamento della Spagna all’Inghilterra.
Il re ha anche una candidata, la figlia del duca di Connaught, il fratello minore di re Edoardo VII, ma la principessa Patricia non vuole sapere, non desidera diventare regina e soprattutto detesta Alfonso. In effetti il sovrano spagnolo, sul trono dalla nascita a causa della morte prematura del padre, oltre a non essere precisamente un adone è anche un uomo viziato e arrogante. Habitué dei casinò e delle feste in tutta Europa, il giovane re è un grande cacciatore, di selvaggina e di donne e gioca molto con il suo personaggio di principe charmant. Lo scrittore-giornalista-attore Josè Luis de Vilallonga ne ha fatto un ritratto crudele, ma realistico: «...il portamento intimorisce i cortigiani e mozza il respiro a quelli che lo guardano passare...vi è in lui una tracotanza subitanea, teutonica, fatta di furori freddi e di parole tremende. Ma quello che più colpisce nel re è l’aspetto dello spagnolo spinto ai limiti estremi, solitario, melanconico e altero...Borbone a fior di pelle, è cortese, distante e volentieri ingrato. Il suo umorismo è cupo, spesso macabro, senza che per questo trascuri l’esercizio quotidiano di una certa condiscendenza, che sarebbe erroneo scambiare per gentilezza. Nuovamente asburgico a caccia la sua gioia di uccidere è frenetica. Il suo odio per i consiglieri è mortale. E l’orgoglio si impadronisce della sua mano quando firma in calce ad un documento ‘Yo, el Rey’ ».
Secondo Winston Churchill, che lo conosce molto bene, il suo problema principale è l’essere nato già sovrano «circondato sin dalla più tenera infanzia da cortigiani adulatori che gli avevano impedito di capire che cosa fosse la vita normale».
Comunque nonostante il rifiuto Alfonso non desiste e nel ricco vivaio delle nipoti e pronipoti della ormai defunta regina Vittoria, seleziona un’altra principessa inglese. Questab volta si tratta di Victoria Eugenia di Battemberg, che è bionda e molto bella. La nuova candidata ha un cognome tedesco, ma la figlia di Beatrice, sorella minore di re Edoardo VII,, è britannica al 100%, nell’aspetto, per nascita, modi, educazione e abitudini. Però è una royal di grado inferiore - se così si può dire - suo padre, morto quando lei era piccola, veniva da un ramo morganatico degli Assia e sua madre è stata per anni la figlia/dama di compagnia della vecchia regina.
Nessuno sperava di sistemare Vittoria Eugenia – Ena per la famniglia - così bene e così in fretta e la prospettiva, almeno dal lato inglese, è molto gradita. Così per favorire l’idillio nascente e dar modo ai due giovani di conoscersi un po’ meglio la principessa, accompagnata dalla madre, viene spedita a Biarritz. Alfonso le può raggiungere velocemente dalla poco lontana San Sebastian e la manovra funziona egregiamente. Dopo un mese di corteggiamento serrato il sovrano finalmente chiede la mano di Ena e viene gioiosamente accettato. Re Edoardo, che da Londra aveva seguito con ansia il procedere della storia d’amore felicissimo alla sola idea di avere una nipote regina di Spagna, adesso deve solo far in modo che il matrimonio cattolico sia accettato dalla chiesa anglicana, ma il sovrano, un maestro di diplomazia (come dimenticare il successo della sua “entente cordiale” con la Francia?) e soprattutto entusiasta per l’affare appena concluso decide di dare il minor risalto possibile alla cerimonia dell’abiura, puntando tutto sul prestigio dell’unione.
In effetti, non esistono prove documentarie che Edoardo VII sia stato un sostenitore attivo di questa unione per i suoi fini politici ma di sicuro ha favorito l’idillio. Fra l’altro, alcuni anni dopo quando Manuel II di Portogallo viene respinto da un’altra Battemberg, Louisa – cugina di Ena e sorella di lord Louis Mountbatten – Edoardo VII si infuria e rimprovera aspramente la nipote facendole presente che avrebbe dovuto «considerare il matrimonio in una prospettiva più patriottica, dacché sarebbe stata un'ottima cosa...se il Portogallo avesse avuto una regina inglese».
Le nozze di Alfonso e Vittoria Eugenia vengono celebrate in pompa magna a Madrid il 31 maggio 1906, ma l’unione tanto auspicata inizia con una tragedia: un anarchico scaglia una bomba contro la carrozza degli sposi che dalla chiesa stavano rientrando al Palazzo Reale per il ricevimento. Si contano 28 morti e 40 feriti, e il sangue arriva a macchiare l’abito della nuova regina la quale, nonostante tutto, riesce a mantenere la calma fra l’incredula ammirazione della folla.
Popolare ed amata fra la gente comune, Vittoria Eugenia è guardata con sospetto dalla famiglia reale e dall’aristocrazia iberica. Primo perché non è nata cattolica, è solo una convertita e non si sa con quanto fervore; secondo perché la famiglia paterna lascia davvero a desiderare. Poco conta che attraverso sua madre Ena sia nipote della regina Vittoria e di re Edoardo VII, cugina del futuro re Giorgio V, della regina Maud di Norvegia, della principessa ereditaria di Svezia, della zarina di Russia, dell’imperatore di Germania, del duca di Sassonia-Coburgo e della regina di Romania. Il suo sangue è blu, ma solo a metà e la cosa piace poco all’aristocrazia iberica, molto legata ai valori più tradizionali, ed alla suocera, Asburgo fino alla punta dei capelli.
In effetti un problema con il sangue c’è, ma non è quello che pensano i nobili spagnoli ed è molto più grave di quanto non si creda. Nel 1907 arriva l’attesissimo erede, ma quando, seguendo una tradizione inaugurata nel XV secolo dai Re Cattolici Ferdinando e Isabella, il bambino viene circonciso è subito evidente che qualcosa non va. Il principe delle Asturie è emofiliaco, la bellissima Ena ha portato in dote il gene malato, ereditato dalla nonna inglese. La regina di Spagna, come la cugina imperatrice di Russia, è portatrice sana di una malattia per la quale allora come oggi non esistono cure. Il sovrano è sconvolto da questo colpo del destino, ma le tragedie per la famiglia reale non finiscono qui: un anno dopo nasce Jaime e presto si scopre che è sordomuto;  l’emofilia tocca anche altri due figli della coppia, un bimbo morto in fasce e l’ultimogenito l’infante Gonzalo. L’unico maschio risparmiato dalla “malattia dei re” è l’infante don Juan, (il padre dell’attuale re di Spagna, Juan Carlos I) e apparentemente sane sono le due femmine, Beatrice e Maria Cristina. 
Le due cugine, una regina di Spagna e l’altra imperatrice di Russia, però reagiscono in maniera diversa al dramma della malattia e l’atteggiamento di Vittoria Eugenia è forse più simile a quello della nonna dalla quale ha preso una notevole forza di carattere.
Mentre in Russia la zarina Alessandra – madre di quattro femmine e di un solo maschio malato – si ripiega in se stessa, si chiude al mondo esterno affinché nessuno scopra il dramma della malattia e sprofonda nel misticismo, la regina di Spagna mantiene la sua forza di spirito unita ad un innegabile coraggio.
Non ci sarà mai un Rasputin al capezzale di don Alfonso di Borbone, però al contrario di quanto avviene in Russia la malattia non unisce, piuttosto separa i genitori. Alla regina di Spagna manca un appoggio fondamentale e decisivo, quello del marito.
"Comunque lo si giudichi come sovrano – dice lo storico Roberto K. Massie - l’ultimo zar di Russia, nella sua condotta di marito e di padre brilla di splendida luce".
Alfonso XIII invece concepisce verso la moglie un odio feroce e la loro vita coniugale diventa un inferno, fra accuse, ripicche e amanti ostentate pubblicamente.
Sulla malattia, sulla vita e l’educazione del principe delle Asturie esistono scarsissime informazioni, ma sembra che egli non ebbe mai a soffrire delle devastanti crisi dello zarevic Alessio. Alfonso è posto comunque sotto continua sorveglianza perché il suo stato generale di salute gli rende impossibile ogni sforzo. La Spagna non è più una monarchia due anni quando il principe, conosce in Svizzera  una cubana, Edelmira Sampedro che sposa nel 1933, rinunciando automaticamente ai suoi diritti al trono. Questo matrimonio non conforme alle rigide leggi dinastiche emanate dall’avo Carlo III risolve, per così dire, lo spinoso problema della successione, non certo ad un trono che per il momento non esiste più, ma ai diritti dinastici e ai doveri di capo famiglia. Probabilmente cosciente dei suoi limiti e delle sue difficoltà il principe delle Asturie previene una decisione del padre e abbandona – come farà poco dopo anche il fratello sordomuto Jaime – il peso della corona sulla spalle del giovane, robusto e sanissimo fratello minore don Juan. Alfonso, che assume il titolo di conte di Covadonga, muore nel 1938 a Miami, negli Usa; la sua auto urta violentemente contro una cabina telefonica e l’emorragia interna che sopraggiunge è inarrestabile e fatale. L’infante don Gonzalo, ultimo figlio di Alfonso XIII è emofiliaco ma, sembra, a in modo meno grave rispetto al fratello maggiore. Nato nel 1914, studia ingegneria all’università di Lovanio e muore nel 1934 in Austria per una emorragia interna provocata anche nel suo caso da un incidente automobilistico.