martedì 28 maggio 2013

Carlos Slim non è più l'uomo più ricco del mondo, colpa delle riforme di Peña Nieto

Quando Enrique Peña Nieto è arrivato alla presidenza del Messico, promettendo non tanto di governare il Paese, quanto di cambiarlo, nessuno lo ha preso troppo sul serio: le sue sembravano essere le solite parole di un presidente eletto di belle speranze, che ha davanti la titanica impresa di guidare un Paese di oltre 100 milioni di abitanti, la metà dei quali sulla soglia di povertà, con enormi problemi di disuguaglianza e di sicurezza. Invece.
Appena si è insediato, il giovane presidente messicano, 47 anni in estate, ha fatto firmare un Pacto para México ai tre principali partiti in Parlamento, il PRI, il suo partiti, vincitore delle elezioni, il conservatore PAN, che ha governato le due ultime legislature, e il progressista PRD. Un accordo inedito tra opposizione e governo per rinnovare il Messico, sia con le liberalizzazioni in economia che con le estensioni dei diritti sociali e l'eterna lotta alla povertà.
Il patto non è rimasto lettera morta e in soli cinque mesi sta iniziando a cambiare il Messico: prima c'è stata la riforma del sistema scolastico, che ha tolto al sindacato dei maestri il monopolio delle nomine degli insegnanti e le ha liberate del clientelismo sindacale; pochi giorni fa c'è stato l'avvio di un registro nazionale dei desaparecidos nelle lotte alla criminalità, una promessa della campagna elettorale che Peña Nieto ha voluto mantenere, per mostrare la sua vicinanza alle vittime del narcotraffico e il suo impegno contro la criminalità.
In mezzo c'è stata la riforma del sistema delle telecomunicazioni, costata a Carlos Slim il titolo di uomo più ricco del mondo. Fino alla riforma voluta da Peña Nieto, e appoggiata dal Pacto para México, il sistema delle telecomunicazioni messicano era nelle mani del milionario più famoso del Paese, arrivato ad accumulare una fortuna personale di 73 miliardi di dollari. Con Telmex, Slim controllava l'80% del mercato di telefonia fissa, con Telcel il 70% dei telefoni cellulari, con América Móvil offre sevizi di telefonia mobile e fissa, connessioni a internet e alla tv via cavo in 17 Paesi dell'America Latina, tra cui il Brasile, e negli Stati Uniti. Il suo monopolio è talmente evidente da non aver bisogno di ulteriori commenti. Si può solo aggiungere che, grazie a questo controllo praticamente assoluto, i messicani hanno le tariffe di connessione a internet più care dell'America Latina: pagano circa 100 dollari al mese.
Peña Nieto, che in campagna elettorale ha promesso di liberalizzare tutti i settori in mano ai monopoli, dalle telecomunicazioni di Slim alle televisioni di Televisa al petrolio di Pemex, ha promosso con decisione una riforma che favorisce l'ingresso degli investitori stranieri, sia nelle telecomunicazioni che nella televisione. Nel primo caso la riforma prevede che nessuno possa controllare più del 50% della telefonia, fissa o mobile, pertanto obbliga Slim a vendere almeno il 30% di Telmex e il 20% di Telcel; non solo, la nuova Legge crea un'Authority in grado di imporre forti multe o di spezzare le aziende che superano il controllo di metà del mercato in cui agiscono; inoltre vengono imposte una serie di norme sulla trasparenza e la concorrenza. Peña Nieto non va per il sottile neanche nella riforma del mercato televisivo, in cui crea due nuove catene nazionali, alla cui gara per la concessione non potrà partecipare Televisa, l'impero degli Azcárraga,che controlla il 60% del mercato televisivo in chiaro.
Nella lotta ai monopoli del presidente messicano, Carlos Slim ha perso il suo titolo di uomo più ricco del mondo. La nuova legge sulle telecomunicazioni è stata approvata dal Parlamento messicano poche settimane fa, ma già da marzo, dall'annuncio della riforma, i mercati hanno iniziato a guardare con sospetto all'impero di Slim nelle telecomunicazioni, preoccupati dalle conseguenze sui suoi guadagni. Dall'inizio dell'anno América Móvil ha perso il 20% del suo valore in Borsa.
Ma i milionari, si sa, cadono sempre in piedi e Carlos Slim non sembra essere l'eccezione.
Se Peña Nieto continuerà con la sua opera liberalizzatrice e riformerà il mercato dell'energia, dovrà privatizzare anche Pemex, il gigante messicano del petrolio, l'autentico gioiello della corona della Repubblica messicana quando di economia si parla. Il presidente aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe messo mano al settore energetico e lo avrebbe liberalizzato, ma nessuno gli aveva dato molta importanza, al vederlo belloccio, sorridente ed eterodiretto da Televisa: nessun presidente messicano ha mai osato liberare le casse pubbliche di quella macchina di soldi (e corruzione) che è Pemex. Ma nessun presidente aveva mai attaccato sul serio, in pochi mesi, i monopoli dei sindacati scolastici, di Slim e di Televisa. Quindi, non è detto che Peña Nieto non continui a sorprendere nella sua opera riformatrice e privatizzi davvero Pemex: a quel punto Carlos Slim potrebbe scendere in campo, grazie alla sua enorme fortuna personale, e assicurarsi parte della torta energetica del Paese. Non sarà più monopolista in nessun settore vitale dell'economia messicana, ma continuerà a essere uno degli uomini più potenti del Paese (e magari tornerà sul trono degli uomini più ricchi del mondo).