mercoledì 19 giugno 2013

Clarín racconta i primi 100 giorni di Papa Francesco: lo chiamano il Che Bergoglio

Oggi si compiono i primi 100 giorni del pontificato di Francesco e il quotidiano argentino Clarín traccia il primo bilancio del Pontificato del Papa di Buenos Aires, con un lungo articolo da Roma. Sono 100 giorni che stanno "rivoluzionando la Chiesa", grazie a un Papa "determinato a fare i grandi cambi senza lacerazioni". Clarín assicura che il Papa argentino è "di gran lunga la figura più popolare d'Italia" e che il suo movimentismo, la sua attenzione per i più poveri e gli appelli a una Chiesa più umile lo hanno fatto soprannominare tra i "nemici che accumula nella Curia Romana", il Che Bergoglio o il demagogo sudamericano.
L'attenzione per i poveri lo ha spinto ad annunciare un'enciclica sulla povertà, "il tema che caratterizzerà tutto il suo pontificato, insieme al rinnovato impulso all'evangelizzazione, che sta già avvicinando milioni di fedeli, entusiasti dello stile e dei contenuti della Chiesa di Francesco".
Lo stile umile e sorprendente di Bergoglio fa sì che l'inedita convivenza con il suo predecessore, nello stesso Stato del Vaticano, non causi tensioni, ma sia, caso mai, un rapporto proficuo, uno scambio di opinioni e di esperienze che avviene anche in brevi passeggiate comuni nel Vaticano e che darà come futto, "un'assoluta novità", l'enciclica "scritta a quattro mani sulla fede", da Francesco e da Benedetto XVI.
Tra le novità imposte da Jorge Bergoglio ci sono "una riforma radicale dello IOR, l'istituto delle Opere di Religione, con una lunga storia di scandali e corruzioni", alla cui guida ha voluto, monsignor Battista Ricca, "direttore della Casa di Santa Marta e uomo di assoluta fiducia". Il Papa ha imposto anche un nuovo ruolo al Sinodo Mondiale dei Vescovi, "il 'parlamento' che volle il Concilio Vaticano II, per cooperare con il Papa nel Governo della Chiesa. Quella sana aspirazione che non si è mai concretizzata perché successe giusto il contrario, Roma, i Papi e la Curia strinsero le chiavi della centralizzazione. E' stato nei sinodi tra la fine degli anni 90 e l'inizio del nuovo secolo che è stato scoperto Jorge Bergoglio. Nel 2002, Sandro Magister de L'Espresso ha profetizzato: "Se ci fosse oggi un Conclave, il cardinale di Buenos Aires riceverebbe una valanga di voti"." Il Papa argentino vuole una Chiesa più collegiale e ha nominato anche otto cardinali in una sorta di 'consiglio della corona', per riformare la Curia Romana, "finora un cavallo indomabile, che ha spinto Benedetto XVI alle dimissioni".
A queste riforme per riportare la Chiesa alla sua missione originaria, si accompagna la rivoluzione mediatica, che affascina Clarín, così come milioni di fedeli. "In uno spazio di tempo molto breve è riuscito a cambiare totalmente l'immagine di discredito che predominava nella Chiesa. Ha scatenato una rivoluzione mediatica che è riuscita a far sì che i mezzi di comunicazione, ostili a una realtà dominata dagli scandali e dalle lotte clandestine nella Curia Romana, si sia trasformata in un'ammirazione quotidiana della sua azione e nella certezza del rinnovamento iniziato. Il linguaggio semplice e diretto, che mette al centro la misericordia, la solidarietà, la comunicazione con Dio e Gesù che "non si stancano di perdonare" i peccatori, "che siamo tutti", ma mai i corrotti; l'attacco agli sfruttatori dei poveri e degli indifesi, ha creato un nuovo clima che attrae moltitudini in piazza San Pietro, riapre i confessionari nelle parrocchie e riporta alle Messe in molti che si erano allontanati".
Il quotidiano argentino analizza anche la teologia di Bergoglio, ispirata dal gesuita Juan Carlos Scannone, considerato il marrimo teologo argentino vivente. 81enne, è stato professore del 76enne Bergoglio e spiega come la teologia argentina si inserisca nella linea della Teologia della Liberazione, severamente repressa negli anni 80 da Roma, e come "leghi prassi storica e riflesisone telogica, ricorre alla mediazione delel scienze sociali e umane". La teologia del popolo, a cui aderisce il Papa argentino, "distacca l'importanza della cultura, della religiosità e della mistica popolare, affermando che gli interpreti più autentici e fedeli sono i poveri con la loro spiritualità tradizionale e la loro sensibilità per la giustizia".
C'è continuità, assicura Clarín, tra il cammino intrapreso da Francesco e quello della "sua gestione pastorale in Argentina e delle sue proposte nei Sinodi e nelle riunioni preparatorie dei conclavi del 2005 e del marzo passato, che terminarono per convincere un'ampia maggioranza di cardinali che era lui chi doveva condurre i cambi indispensabili per ristabilire e rinnovare la reputazione in crisi della Chiesa".