Rubén Amón, giornalista e blogger di El Mundo, scrive spesso sull'Italia
(ma in Spagna si scrive molto più spesso sull'Italia di quanto in Italia si
scriva sulla Spagna; l'impressione che i cugini abbiano una stampa molto più
curiosa e molto più aperta su altri orizzonti non va mai via). A volte è stucchevole, come buon spagnolo che si rispetti che
parla di altro Paese (como España no hay otra, come la Spagna non c'è nessuno,
è una tentazione a cui resistono pochi, lo sappiamo già, su Rotta a Sud Ovest).
A volte è sarcastico, irriverente e crudele, ma offre spunti di riflessione
anche agli italiani che guardano al proprio Paese con affetto paziente. Altre
volte fa regali come quest'articolo, dedicato ai 200 anni dalla nascita di
Giuseppe Verdi. Lo si legge e si capisce perché questo Paese continua a essere
amato all'estero e perché ci si emoziona sempre, nonostante tutto, all'essere italiani all'estero.
Amón confessa di sentirsi in debito con Verdi, perché lo ha iniziato all'opera.
"Verdi non richiede la minore erudizione. La sua musica è legata
potentemente e onestamente ai sentimenti. Quelli che aveva sofferto quando
perse i suoi figli. E quando perse sua moglie. O il disprezzo della borghesia
milanese quando si innamorò di una soprano di liberi costumi. Si capisce così
che Verdi scrivesse la Traviata, per farle dispetto".
Ma sono le riflessioni seguenti, sull'Italia, ad aprire uno squarcio su cosa si
pensa all'estero sul rapporto tra il musicista e il suo Paese: "Può essere
che l'Italia non sarebbe esistita senza la musica di Verdi" scrive, ricordando il suo ruolo nel Risorgimento e la colonna sonora che le sue opere fornirono all'unificazione della penisola.
Sono di quelli che pensano che l'Italia sia sempre esistita, anche dopo la caduta di Roma, almeno nel sentire delle classi più colte, e che poco sia cambiato da Ahi serva Italia di dolor ostello, scritto nel XIII secolo da Dante. Questo sentimento di un'unica patria e questo vagheggiare una possibile convivenza dei popoli della penisola, sotto una nuova autorità comune, fosse un Papa, un Imperatore o un avventuriero, non sono mai venuti meno. Però non sarebbe la stessa Italia senza Verdi, questo è indubitabile. Il Va' pensiero ascoltato lontano dalla propria terra riempie il cuore di emozioni e porta le lacrime agli occhi e ci si sente più italiani che mai, anche se non si stanno rimpiangendo le rive del Giordano e le torri di Sion (ma non c'è italiano che non sappia cosa si celava dietro il fiume e le città d'Israele). Ma non è questo che interessa Amón, giustamente.
Sono di quelli che pensano che l'Italia sia sempre esistita, anche dopo la caduta di Roma, almeno nel sentire delle classi più colte, e che poco sia cambiato da Ahi serva Italia di dolor ostello, scritto nel XIII secolo da Dante. Questo sentimento di un'unica patria e questo vagheggiare una possibile convivenza dei popoli della penisola, sotto una nuova autorità comune, fosse un Papa, un Imperatore o un avventuriero, non sono mai venuti meno. Però non sarebbe la stessa Italia senza Verdi, questo è indubitabile. Il Va' pensiero ascoltato lontano dalla propria terra riempie il cuore di emozioni e porta le lacrime agli occhi e ci si sente più italiani che mai, anche se non si stanno rimpiangendo le rive del Giordano e le torri di Sion (ma non c'è italiano che non sappia cosa si celava dietro il fiume e le città d'Israele). Ma non è questo che interessa Amón, giustamente.
Lui continua infatti il suo omaggio a Verdi, affermando che l'Italia non
sarebbe probabilmente esistita senza Verdi, ma cosa sarebbe di Verdi senza
Shakespeare? "Lo scrittore inglese gli fece scoprire il potere scenico
della parola e lo espose alla convivenza impossibile delle passioni. La gelosia
di Otello, l'ambizione insaziabile di Lady Macbeth, lo stomaco incredibile di Falstaff,
come immagine della sua ultima opera e come portavoce di un epitaffio che non
osò scrivere sulla sua tomba: Tutto, nel mondo, è burla".
Una conclusione, questa, che colpisce, spiega Amón, perché "Verdi si era
messo dalla parte dei sofferenti. La gitana del Trovatore, il gobbo di
Rigoletto. E aveva concepito la sua migliore musica per la nobiltà del Marchese
di Posa, l'amore impossibile di Aida, e per l'innocenza di Desdemona, ma i suoi
quasi 90 anni di vita gli diedero ragioni per rassegnarsi all'oscurità
dell'anima umana, per allontanarsi da Dio e per consolare i musicisti espulsi.
Volle interrarsi con loro, insieme a loro, la sua gente, nell'ospizio che porta
oggi il suo nome, Casa Verdi, e che trabocca di pellegrini e di flash e di
camelie, perché oggi ricordiamo i 200 anni dalla sua nascita".
Amón chiede aiuto a Gabriele D'Annunzio, per concludere il suo articolo:
"Verdi ha dato voce alla speranza e al lutto. Ha pianto e amato per tutti
noi". E propone un video da youtube di Bella figlia dell'amore, dal
Rigoletto. Grazie, Rubén.