Figlio di uno dei toreri più amati del XX secolo,
Luis Miguel Dominguin, Miguel Bosè ha sempre avuto parole di rispetto e di
affetto per le corride, nonostante non sia un aficionado né le frequenti
abitualmente. "Non sputerò mai nel piatto in cui ho mangiato" usa
dire.
Non fa eccezione questa volta, nonostante le sue parole possano generare
polemica. Intervistato da Europa Press, dopo l'inserimento delle corride nel Patrimonio Culturale spagnolo, il cantante ritiene che le critiche alle corride
non possano basarsi sulla violenza sugli animali, perché "allora
bisognerebbe mettere fine anche al circo, ai macelli o al trasporto animale.
Bisognerebbe eliminare molte altre ipocrisie. Non confondiamo le identità con i
principi". Secondo lui le corride "appartengono alle tradizioni di
una cultura e di un popolo, come il camembert in Francia". Per questo è
difficile liberarsene, dato che la tauromachia si è trasformata nel tempo fino
a diventare un'arte".
Dunque, che fare? Per Miguel bisognerebbe far sì che sull'argomento possano decidere
tutti gli spagnoli, magari con un referendum (ma in Spagna non eistono né il
referendum abrogativo né quello consultivo). Per quanto lo riguarda, non si
considera un esperto né uno spettatore assiduo: "Vado a los toros solo accompagnando
qualcuno, non è cosa che mi diverta". E' l'unico uomo della sua famiglia
che non si dedica ai toros né al mondo che si muove intorno alle corride.
Stranamente la sua estraneità non è stato impegno di Lucia Bosè, ma di suo padre. Dominguin non voleva che suo figlio si occupasse di tori e "si è
impegnato tantissimo affinché così fosse, non voleva che appartenessimo a questo
mondo" svela a sorpresa.