E' arrivato anche su youtube un bel documentario, intitolato Bye
bye Barcelona, che propone un dilemma con cui si confrontano molte
città predd del turismo di massa. Può una città trasformarsi in un
parco turistico e perdere la propria identità in nome di orde di
stranieri che vogliono vedere non tanto la sua realtà quanto
l'immagine che si sono fatti di lei?
E' successo a Venezia,
trasformata in romantico e improbabile scenario di coppie e
scolaresche, a Praga, trasformata in città romantica, e magica, nel
cuore della Mitteleuropa. Sta succedendo anche a Barcellona? Il
capoluogo catalano è nella Top10 delle città più visitate del
mondo (nel 2013 ha ricevuto oltre 7,5 milioni di turisti, solo nei
suoi alberghi) ed è solo dietro a New York e a Roma tra le città
più fotografate del mondo su Google. Il rischio di trasformarsi in
parco tematico è evidente.
Per circa un'ora Bye bye Barcelona dà
voce ai residenti, a intellettuali e universitari, che raccontano le
loro preoccupazioni e la stanchezza di vedere le proprie strade
trasformate e stravolte dai turisti. “Non posso più andare a
comprare alla Boquería, non si può andare alla Rambla per
conversare e passare la mattina, sono spazi persi dalla città”
lamentano i barcellonesi, arrivando a paragonare la propria città a
Lloret del Mar, la cittadina della Costa Brava che non sa più come
fermare l'invasione dei turisti, spesso in cerca solo di alcol e
sesso facile.
Il documentario non è contro il turismo e le
visite degli stranieri, ma pone un problema reale: quanto il turismo
di massa fa davvero bene a una città? Come difendere l'identità
degli spazi storici di una città dall'espulsione dei residenti, in
favore delle visite mordi e fuggi degli stranieri? Mi è capitato di
conoscere fiorentini che non raggiungono il centro della loro città
da anni, per evitare l'incontro con le folle di turisti, mi è
capitato di conversare con un'olandese innamorata di Torino, che
spera di non vederla mai invasa dagli autobus che vomitano asiatici
con la macchina fotografica al collo e la carta di credito pronta per
lo shopping più incomprensibile. Mi ha sempre sorpreso come Roma o
Siviglia difendano tenacemente la propria identità dal turismo,
ognuna con i propri ritmi scanditi da un calendario secolare, ci
siano o non ci siano presenze straniere. Ma a Barcellona, la città
spagnola più desiderata e più popolare all'estero, il problema
evidentemente si pone. “L'80% dei negozi del mio isolato è adesso
di souvenirs, si vendono cappelli messicani e magliette del Barça.
Si è persa l'identità della zona, perché devo rinunciare al mio
quartiere , dato che pensano solo ai turisti?” si chiede una
residente della zona della Sagrada Familia. E come darle torto, se
ogni giorno intorno alla Sagrada Familia, il monumento più visitato
di Spagna, si muovono circa 20mila turisti, avendo il quartiere circa
20mila abitanti?
Ponendo un problema reale, comune a tutte le
città frequentate dal turismo di massa, Bye bye Barcelona non si
pone contro il turismo né contro i turisti. Intende proporre una
diversa gestione del turismo, affinché le città e i loro residenti
non perdano la propria essenza, la propria identità, le
caratteristiche che le rendono uniche, amate e apprezzate, sia dai
propri abitanti, che in fondo sono quelli che le rendono magiche, che
dai turisti.
Il documentario, in spagnolo (ma c'è anche una
versione con sottotitoli in inglese), da youtube.