venerdì 19 gennaio 2007

Le donne marocchine che raccolgono le fragole, nei campi di Huelva

Huelva è una provincia andalusa, tra l'Oceano e il Portogallo, famosa in Spagna per le sue fragole (un po' come San Mauro Torinese lo è in Piemonte). Siccome la raccolta inizierà tra pochi mesi, gli impresari stanno selezionando i raccoglitori, che ovviamente non sono più spagnoli da anni. Da tempo il lavoro è appannaggio di romeni, marocchini e sudamericani, che non vivono sempre in ottime condizioni lavorative (anche se gli agricoltori pugliesi potrebbero prendere esempio dai colleghi di Huelva, per la raccolta dei loro pomodori, invece di schiavizzare gli immigrati illegali, come ha denunciato inutilmente L'Espresso).
Racconta El Pais di oggi che marocchini, spagnoli e sindacati vari hanno messo a punto un programma, con la collaborazione dell'Unione Europea, per selezionare, informare e aiutare le donne marocchine che emigreranno in Spagna per la raccolta delle fragole e torneranno poi nei loro villaggi. La sicurezza del ritorno a casa è ciò che più interessa sia le autorità politiche che gli impresari, dato che generalmente circa la metà dei contrattati tende a rimanere illegalmente in Spagna: per questo selezionano soprattutto donne con figli, che hanno quindi una forte motivazione per tornare a casa.
A Khaledia, dove El Pais ha seguito una selezione delle raccoglitrici, vengono scelte donne che non siano in sovrappeso, che non siano troppo anziane, che non si presentino con un aspetto sospetto (magari i tacchi) e che, soprattutto, non abbiano dubbi e rispondano affermativamente alla domanda sul ritorno a casa immediatamente dopo la raccolta. Dopo la selezione le prescelte vengono informate sui loro diritti, le condizioni e le cittadine in cui lavoreranno.
Guadagneranno 33,29 euro netti per 6,30 ore di lavoro giornaliero e 39 settimanali, cioè una miseria, considerato il lavoro, durissimo, sotto il sole andaluso: 5,3 euro netti all'ora per stare chinate a raccogliere fragole. Ovvio che uno spagnolo non accetti un lavoro del genere e ovvio che gli impresari si rivolgano alle migliaia di disperati che premono dalla riva meridionale del Mediterraneo. Per le donne marocchine (e romene), il guadagno che in Occidente è una miseria, corrisponde a una fortuna; al cambio i 33,29 euro corrispondono a 366,50 dirham, molto più dei 40 dirham che guadagnerebbero lavorando tutto il giorno nelle campagne marocchine.
Così le donne marocchine guadagneranno la loro fortuna (chissà come cambierebbero la loro vita, e le economie di interi villaggi, se fossero pagate degnamente), gli impresari raccoglieranno le fragole a prezzi stracciati e l'Occidente continuerà a vivere grazie allo sfruttamento dei disperati del mondo. Uno legge 'ste cose e si sente male, non sa se deve smettere di mangiare fragole, in segno di protesta per lo sfruttamento dell'altrui bisogno, o se deve consolarsi perché se non altro guadagnano la loro fortuna, anche se in termini assoluti è sfruttamento.
L'articolo di El Pais, interessante, è qui http://www.elpais.com