lunedì 7 gennaio 2008

Montecristo, la telenovela dei desaparecidos d'Argentina

Non capita spesso che una telenovela diventi patrimonio culturale per i temi che tratta e il rigore con cui li affronta. Ed è difficile che la sua ultima puntata venga trasmessa in uno stadio, diventando un evento nell'evento. Eppure è successo in Argentina, con Montecristo, la telenovela più premiata del 2007, con record di share e di audience non solo tra il pubblico femminile, tradizionale consumatore del genere, ma anche e soprattutto tra il pubblico maschile. Un fenomeno che ha spinto le tv di Cile, Messico e Colombia a mettere immediatamente in cantiere le versioni locali.
Montecristo, che ho appena terminato di vedere grazie a Internet, si ispira al celebre personaggio di Dumas, per raccontare la storia d'amore, odio e vendetta di Santiago Diaz Herrera, giovane avvocato porteño che ha tutto, un padre giudice, Horacio, che indaga nel passato oscuro della dittatura militare, una promettente carriera da avvocato, una fidanzata, Laura, bella e innamorata, un amico d'infanzia, Marcos, con cui condivide la passione per la scherma. Tutto cambia quando Horacio scopre che Alberto Lombardo, il padre di Marcos, è coinvolto nella tratta dei bambini nati dalle donne fatte sparire dalla dittatura. Alberto approfitta di un viaggio in Marocco per eliminare Santiago, con la complicità di Marcos, segretamente innamorato di Laura. Santiago finisce in carcere per 10 anni e quando finalmente riesce a fuggire ha con sé le coordinate per recuperare il tesoro lasciatogli dal suo abate Faria. Conta anche sull'aiuto di Victoria, una giovane chirurga plastica argentina i cui i genitori sono desaparecidos, di León Rocamora, un misterioso e pittoresco mercante e ladro d'arte, e di Ramón, un agente dell'Interpol dalle molteplici abilità. A Buenos Aires Santiago scopre che suo padre è stato assassinato a causa delle sue indagini e che l'amata Laura si è sposata con Marcos, con cui ha un bambino di 10 anni, Matias.
La vendetta di Santiago sarà implacabile come quella del conte di Dumas, ma non tutti i pezzi del mosaico sono come lui li ha immaginati: il matrimonio di Laura e Marcos è infelice, Matias è in realtà suo figlio e Laura non ha mai smesso di amarlo e di pensare a lui. La rabbia e l'odio si scontrano con sentimenti mai sopiti, complicando la sete di vendetta di un Santiago a cui Pablo Echarri dona dolcezze e fragilità che rendono credibile la sua incredibile vicenda. Ma non solo. Victoria decide di indagare sulla scomparsa dei suoi genitori e torna dalle Nonne di plaza de Mayo, per cercare con loro il fratellino che la madre aspettava al momento della sparizione. Le sue indagini si mescolano con quelle di Santiago sulla morte di suo padre e la telenovela si addentra nel passato più recente dell'Argentina, per raccontare il lavoro instancabile delle Abuelas e il dramma terribile di chi è stato privato della propria identità e di chi non ha più notizie dei propri cari non ancora nati.
Potrebbe essere un melodramma che punta sul pathos e sui sentimenti più facili dello spettatore, ma in realtà non lo è. Tutte le figure sono costruite con grande equilibrio e umanità. Persino i cattivissimi Alberto Lombardo, anima nera della storia, che non esita a usare le debolezze del figlio Marcos per salvarsi, e Lisandro, il patrigno di Laura e tirapiedi di Lombardo, fascista e picchiatore di tutti quelli che, compresa la moglie, "chissà che grilli si sono messi in testa" (Roberto Carnaghi, l'interprete di Lisandro, è incredibilmente bravo nel dare una certa umanità a questa patetica figura di cattivo). Per non parlare di Marcos, perduto dalla gelosia nei confronti di Santiago, un protagonista insolito, che soffre e lotta per la giustizia e per l'amore come pochi personaggi maschili da telenovelas fanno.
Il desiderio di addentrarsi nel dramma argentino rende Montecristo una telenovela diversa: Victoria, che si innamora di Santiago e condivide con lui momenti di grande intensità, dallo scoramento alla rabbia, dalla gioia all'illusione, mano a mano che vengono al pettine i nodi della storia, scopre che il fratello che stava cercando è in realtà una sorella, Laura, la donna che le contende l'amore della sua vita. Potrebbe essere la classica situazione melodrammatica, con Victoria che si trasforma nella mala della storia, ma in Montecristo scelgono un altro cammino. Sia lei che Laura decidono che la cosa più importante è recuperare il loro rapporto. Le puntate in cui visitano insieme la casa in cui avrebbero dovuto vivere, se non fosse intervenuta la dittatura, sono commoventi: Victoria che racconta ogni minimo dettaglio della felice convivenza spezzata della sua famiglia, Laura che si nutre delle sue parole per cercare di ricostruire il passato che le è stato strappato, Victoria che le mostra le foto della mamma incinta e le giura "ti volevamo, eravamo pazzi di gioia per il tuo arrivo", Laura che rivuole il suo passato e adotta il suo vero cognome per recuperare la sua identità. Non c'è enfasi nella recitazione di Viviana Saccone e Paola Krum, il pathos che coinvolge lo spettatore è nell'identificazione del loro dramma, che centinaia di migliaia di giovani argentini hanno vissuto o stanno vivendo sulla propria pelle.
E' questo racconto semplice, spoglio e senza concessioni della recente storia argentina, del male che ha fatto in milioni di famiglie, sia dal lato delle vittime che dal lato dei carnefici, che ha reso Montecristo uno dei successi più grandi di Telefé. Un successo premiato con il trionfo nella Notte dei Martin Fierro, gli Oscar locali. Ma il vero trionfo di Montecristo è che molti giovani, incerti della propria identità, si siano avvicinati alle Abuelas de plaza de Mayo e abbiano voluto sottoporsi agli esami del DNA per ritrovare la propria identità; Rebeca Celina Manrique Terrera è stata ritrovata grazie a questa telenovela.
Sarebbe bello poter vedere una storia così ben costruita e recitata, che racconta un dramma reale, e che in fondo coinvolge molti nostri concittadini o discendenti, anche in Italia.