mercoledì 26 marzo 2008

Caceroladas contro Cristina Kirchner, per il conflitto con gli agricoltori

Ieri notte a Buenos Aires e in altre città argentine sono tornate le caceroladas e il rumore di pentole e coperchi sbattuti rabbiosamente è rimbombato di nuovo, come nei giorni drammatici della crisi del 2001, costata la presidenza a Fernando de la Rua. Nella capitale i manifestanti erano nei pressi della storica plaza de Mayo, centro nevralgico e politico del Paese, quando sono stati intercettati da contromanifestanti inviati dal governo, guidati dai leader Emilio Persico e Luis D'Elia. I due gruppi si sono duramente scontrati: sono volati insulti e ceffoni. Media, blogs e forum argentini si chiedono quanto sia democratico un governo che vuole impedire una manifestazione nel centro porteño; c'è quel 32° anniversario della dittatura appena passato, con le sue promesse di nunca más, mai più; c'è l'opinione pubblica stanca che dice "ci siamo appena ripresi dall'incubo della dittatura, basta!"
Per il governo di Cristina Kirchner un duro colpo di immagine.
Che fa il paio con le ragioni della caceroladas: da due settimane i piccoli e grandi produttori delle campagne argentine sono in sciopero e paralizzano le grandi vie di comunicazione con i bloques, per impedire il passaggio delle merci. Le provviste di Buenos Aires sono allo stremo: da un paio di giorni la carne scarseggia e si trova solo nei grandi supermercati. Lo stesso sta accadendo con il latte.
La protesta è dovuta alla nuova politica fiscale del governo, che impone tasse fino al 44% sulle esportazioni della soia e dei girasoli, che stanno trascinando l'agricoltura argentina (il settore rurale, allevamento e agricoltura, costituisce il 40% del PIL del Paese). Per i produttori sono percentuali che mettono in dubbio la proprietà privata, per Cristina sono percentuali destinate alla redistribuzione della ricchezza e al tentativo di trattenere parte della produzione per il consumo interno: "Questa competitività del settore è quella che ha permesso guadagni mai visti prima. Se non ci fossero queste trattenute molti argentini vedrebbero carne, pollo e latte solo in televisione" ha detto ieri con un certo sarcasmo nel suo primo commento pubblico allo sciopero, dopo le vacanze della Settimana Santa. Ma il sarcasmo della presidente non è piaciuto affatto agli argentini, scesi in strada a manifestare contro il governo, nella prima grande sfida a Cristina.
Nel settore che la presidente vuole controllare non ci sono solo i grandi produttori, ma anche i piccoli proprietari, che si vedrebbero strozzati da imposte così alte e sarebbero costretti a licenziare i propri dipendenti. Insomma, non sono tutti "picchetti dell'abbondanza", come li ha definiti ironicamente.
Dopo il discorso di Cristina e le proteste degli argentini, in larga parte spontanee, le posizioni tra scioperanti ed esecutivo sono più distanti che mai. E non si vede come si possano avvicinare per avviare un necessario negoziato. Mentre le grandi città del Paese devono fare i conti con la scarsità di beni alimentari dovuta ai bloques per le strade.