venerdì 29 agosto 2008

Come un soldato di Salamina

Ho appena finito di leggere un libro bellissimo, che mi ha davvero fatto piangere nelle pagine finali, quando ricorda quanto dobbiamo, nelle nostre democrazie e nelle nostre libertà, a quel soldato, chiunque egli sia, che ha avuto il coraggio e la forza di "portare la bandiera di un Paese che non è il suo, un Paese che è tutti i Paesi insieme e che esiste solo perché quel soldato porta alta la sua bandiera abolita. Giovane, lacero, impolverato e anonimo, infinitamente minuscolo in quel mare fiammeggiante di sabbia all'infinito". Si intitola Soldados de Salamina e lo ha scritto Javier Cercas (in Italia lo ha pubblicato Guanda Editore con il titolo Soldati di Salamina). Inizia cercando di chiarire uno strano episodio della Guerra Civile spagnola, la mancata fucilazione di Rafael Sanchez Mazas, ideologo della Falange e, responsabile, in qualche modo, del clima che portò alla Guerra e alla dittatura franchista. Finisce poi per ricordare invece l'eroismo, la forza e il coraggio di Antoni Miralles, un anonimo soldato repubblicano, carne da macello di tutte le guerre di quegli anni, dalla spagnola al fronte africano della mondiale, alla Liberazione di Parigi e dell'Austria, fino alla vecchiaia di sopravvissuto in un'anonima casa per anziani francese. Un libro che parla delle ferite che la Spagna non può e non sa ancora rimarginare e che nelle sue ultime pagine, che esaltano i soldati di tutte le guerre perdute già in partenza, c'è un omaggio anche ai giovani cileni caduti nel Colpo di Stato contro Salvador Allende, è intriso di pacifismo e affetto per questi eroi dimenticati a cui dobbiamo tutto quello che siamo.
Qui un piccolo brano delle pagine finali, che mi ha fatto pensare, non so perché, al nonno che ho perso due anni fa e che è stato carne da macello delle guerre italiane degli anni 30 e 40.

"Quando sono andato al fronte, nel '36, c'erano con me molti altri ragazzi. Erano di Terrassa, come me; molto giovani, alcuni quasi bambini, come me; alcuni li conoscevo di vista o per averci parlato qualche volta, la maggior parte no. Erano i fratelli Garcia Segués (Joan e Lela), Miquel Cardos, Gabi Baldrich, Pipo Canal, il Gordo Odena, Santi Brugada, Jordi Gudayol. Abbiamo fatto la guerra insieme; le due: la nostra e l'altra, anche se le due erano la stessa. Nessuno di loro è sopravvissuto. Tutti morti. L'ultimo è stato Lela Garcia Segués. All'inizio mi capivo meglio con suo fratello Joan, che aveva la mia stessa età, ma col tempo Lela divenne il mio migliore amico, il migliore che abbia mai avuto: eravamo così amici che non avevamo neanche bisogno di parlare quando stavamo insieme. Morì nell'estate del 43, in un paese vicino Tripoli, calpestato da un carro armato inglese. Sa? Da quando è finita la guerra non è passato un solo giorno senza che abbia pensato a loro. Erano così giovani... Sono morti tutti. Tutti morti. Morti. Morti. Tutti. Nessuno di loro ha provato le cose buone della vita: nessuno di loro ha avuto una donna solo per lui, nessuno ha conosciuto la meraviglia di avere un figlio e che suo figlio a 3-4 anni si mettesse nel suo letto tra sua moglie e lui, una domenica mattina, in una stanza con molto sole... - In qualche momento Miralles aveva iniziato a piangere: il suo viso e la sua voce non erano cambiati, ma alcune lacrime senza consolazione passavano veloci sulla sua cicatrice, più lente sulle guance sporche di barba - A volte li sogno, e allora mi sento colpevole: li vedo tutti, intatti, salutarmi tra battute, giovani come allora, perché il tempo non passa per loro, giovani come allora chiedermi perché non sono con loro, come se li avessi traditi, perché il mio vero posto è con loro; o come se io stessi usurpando il posto di qualcuno di loro; o come se in realtà io fssi morto sessant'anni fa in qualunque cunetta di Spagna, Africa o Francia e stessi sognando una vita futura con moglie e figli, una vita che sarebbe finita qui, in questa stanza di una casa per anziani, a parlare con lei - Miralles continuò a parlare, più velocemente, senza asciugarsi le lacrime che gli cadevano sul collo e bagnavano la camicia di flanella - Nessuno si ricorda di loro, sa? Nessuno. Nessuno si ricorda neanche perché sono morti, perché non hanno avuto una donna e dei figli e una stanza col sole; nessuno e, meno di tutti, quelli per cui hanno lottato. Non c'è e non ci sarà mai nessuna via miserabile di nessun paese miserabile di nessuna merda di Paese che porterà il nome di qualcuno di loro. Lo capisce? Lo capisce, vero? Ah, ma io li ricordo, se li ricordo!, li ricordo tutti, Lela e Joan e Gabi e Odena e Pipo e Brugada e Gudayol, non so perché lo faccio, ma lo faccio, non c'è un solo giorno in cui non pensi a loro.- Miralles smise di parlare, tirò fuori un fazzoletto, si asciugò le lacrime e si soffiò il naso; lo fece senza pudore, come se non si vergognasse di piangere in pubblico, così come lo facevano i vecchi guerrieri omerici, così come lo avrebbe fatto un soldato di Salamina."
Soldados de Salamina, Javier Cercas, Maxi Tusquets Editores, pagg 197-99