La Biennale del Flamenco scende per le strade e invade Siviglia. Lo fa nella meno sivigliana delle vie del centro, l'Avenida de la Constitución, l'unica via larga e retta, di aria moderna e cosmopolita, nonostante vi si affaccino la Cattedrale e l'Archivo de Indias. Da qualche tempo è stata chiusa al traffico e lasciata ai turisti e a un tram dall'enigmatica utilità.
Da ieri, ai lati degli antichi marciapiedi, ci sono 64 gigantografie in bianco e nero che raccontano i volti delle donne del flamenco. Volti dalle espressioni intense, drammatizzate dal trucco acceso, che non esalta la loro bellezza, quanto la loro espressività. A volte sembra di vedere le maschere del cinema muto, senza però il glamour che circonda Hollywood. Le bailaoras che il fotografo colombiano Ruven Afanador ha ritratto vestite da Gucci e da Galliano, da Prada e da Dolce & Gabbana, non sono belle, hanno corpi a volte molli e disfatti, posano sedute, con le ginocchia distanti, come una ragazza di Hollywod, per quanto trasgressiva, non farebbe mai, sembrano esaltare la loro decadenza e allo stesso tempo esprimono una grande forza e una grande sicurezza. Hanno quel fascino, quel certo non so che che le fa accostare alla passione, al fuoco, alla bellezza. "Eso es arte" mi suggerisce un amico sivigliano a cui racconto le impressioni.
In questa carrellata che inizia nella plaza de san Francisco, ci sono tutte le più grandi, dalla Farruca, al secolo Rosario Montoya Manzano (è la madre di Farruquito, uno dei bailaores più apprezzati del momento, a cui El Pais dedica stamattina un bel ritratto, chiamandolo il principe del flamenco), a Maria del Mar Moreno, che chiude la mostra alla Puerta de Jerez. Ci sono le bailaoras di Siviglia e di Jerez de la Frontera, l'altro grande centro andaluso del flamenco, di cui è originaria Lola Flores, l'indimenticata Faraona. Cantaoras come Esperanza Fernández, che appena vista assomiglia a una Rossy de Palma flamenquizzata e drammatizzata, per ricavare maggior intensità dal volto irregolare. Il fotografo "è fuggito dalla perfezione per esprimere la loro forza interiore, le loro vite appassionate" ha spiegato la truccatrice, Anabel Beato, durante la presentazione della mostra. "Si è inspirato a Goya, all'arte barocca, a Botero, a Frida Kahlo, ai muralistas messicani, al neorealismo italiano e ovviamente all'espressionismo tedesco" ha spiegato l'assesore alla cultura sivigliano Rosa Torres, sottolineando che "fino adesso la rappresentazione del flamenco si è fatta in un modo stereotipato, tradizionale, Ruven invece ha voluto vincolare quest'arte millenariaa un'immagine contemporanea".
La mostra sarà a Siviglia fino al 15 ottobre, quindi saràanche a Jerez de la Frontera e poi confluirà nell'archivio del Centro Andaluz de la Fotografía.
Qui alcune fotografie della bella galleria fotografica dedicatale da El Pais.
Da ieri, ai lati degli antichi marciapiedi, ci sono 64 gigantografie in bianco e nero che raccontano i volti delle donne del flamenco. Volti dalle espressioni intense, drammatizzate dal trucco acceso, che non esalta la loro bellezza, quanto la loro espressività. A volte sembra di vedere le maschere del cinema muto, senza però il glamour che circonda Hollywood. Le bailaoras che il fotografo colombiano Ruven Afanador ha ritratto vestite da Gucci e da Galliano, da Prada e da Dolce & Gabbana, non sono belle, hanno corpi a volte molli e disfatti, posano sedute, con le ginocchia distanti, come una ragazza di Hollywod, per quanto trasgressiva, non farebbe mai, sembrano esaltare la loro decadenza e allo stesso tempo esprimono una grande forza e una grande sicurezza. Hanno quel fascino, quel certo non so che che le fa accostare alla passione, al fuoco, alla bellezza. "Eso es arte" mi suggerisce un amico sivigliano a cui racconto le impressioni.
In questa carrellata che inizia nella plaza de san Francisco, ci sono tutte le più grandi, dalla Farruca, al secolo Rosario Montoya Manzano (è la madre di Farruquito, uno dei bailaores più apprezzati del momento, a cui El Pais dedica stamattina un bel ritratto, chiamandolo il principe del flamenco), a Maria del Mar Moreno, che chiude la mostra alla Puerta de Jerez. Ci sono le bailaoras di Siviglia e di Jerez de la Frontera, l'altro grande centro andaluso del flamenco, di cui è originaria Lola Flores, l'indimenticata Faraona. Cantaoras come Esperanza Fernández, che appena vista assomiglia a una Rossy de Palma flamenquizzata e drammatizzata, per ricavare maggior intensità dal volto irregolare. Il fotografo "è fuggito dalla perfezione per esprimere la loro forza interiore, le loro vite appassionate" ha spiegato la truccatrice, Anabel Beato, durante la presentazione della mostra. "Si è inspirato a Goya, all'arte barocca, a Botero, a Frida Kahlo, ai muralistas messicani, al neorealismo italiano e ovviamente all'espressionismo tedesco" ha spiegato l'assesore alla cultura sivigliano Rosa Torres, sottolineando che "fino adesso la rappresentazione del flamenco si è fatta in un modo stereotipato, tradizionale, Ruven invece ha voluto vincolare quest'arte millenariaa un'immagine contemporanea".
La mostra sarà a Siviglia fino al 15 ottobre, quindi saràanche a Jerez de la Frontera e poi confluirà nell'archivio del Centro Andaluz de la Fotografía.
Qui alcune fotografie della bella galleria fotografica dedicatale da El Pais.