venerdì 26 settembre 2008

Le lingue indigenas dell'America Latina, salvate dai bambini

Ogni lingua che si perde sono una cultura e la sua visione del mondo che scompaiono. Lo sanno in America Latina, dove la riscoperta delle culture indigene passa anche attraverso la tutela delle loro lingue.
Le nuove politiche tendono non più a imporre un castigliano unificatore, ma a insegnare ai bambini discendenti degli indigenas l'orgoglio della diversità e il vantaggio del bilinguismo. Salvare una lingua e la sua cultura non è cosa semplice. A volte è una lotta contro il tempo. Come nell'America Centrale, dove il castigliano ha spazzato via centinaia di lingue, ma non è riuscito ad arrivare nei villaggi remoti e isolati, in cui si trovano gli ultimi anziani che parlano qualche lingua indigena. Il salvataggio del náhuat da parte dell'IRIN, Iniciativa para la Recuperación del Idioma Náhuat, è un esempio di queste difficoltà.
Il náhuat è la terza lingua più parlata di El Salvador ed è ancora abbastanza diffusa nelle provincie occidentali del piccolo Paese centroamericano. Alla sua tutela stanno lavorando dall'estero un linguista inglese e uno statunitense e una volontaria spagnola, e da El Salvador una professoressa in pensione, un ex sacerdote, un professore in attività e un paio di discendenti di indigenas che parlano la lingua. Insieme hanno registrato ore e ore di conversazioni in náhuat per individuarne le varianti regionali e per studiare la cultura della popolazione che lo parla, la sua cosmogonia, le sue leggende. Da questo grande lavoro, realizzato con un budget di ben 2,75 dollari al giorno, sono nati sette libri, da cui sono stati i primi corsi per insegnare il náhuat ai bambini. Nota El Pais, che riporta la storia del gruppo di volontari che sta salvando la lingua: "Sanno che non possono darsi il lusso di aspettare troppo per fare il loro lavoro. La lingua per cui stanno lottando non dà scampo: ottant'anni fa era parlata da un considerevole gruppo di persone, trent'anni fa era già difficile incontrarla, solo dieci anni fa erano in vita solo la metà dei punti di riferimento noti. Approfittano di ogni momento libero e di ogni opportunità per ottenere informazioni". E lottano contro due nemici che nell'America Latina hanno sempre potuto con quasi tutto, la povertà e l'isolamento delle comunità.
Una delle ragioni per cui il potón è praticamente scomparso è proprio l'estrema povertà: i bambini venivano mandati a servizio nelle famiglie più agiate, che parlavano castigliano e che li portavano in città e con il tempo perdevano le loro conoscenze della lingua madre. Quando tornavano, se tornavano al villaggio natio, avevano nella propria lingua il ricordo di suoni familiari, ma che non erano più in grado di riconoscere. La cultura e la lingua madre sono affidati soprattutto agli anziani, gli ultimi che le hanno come strumenti quotidiani.
La speranza sono però i bambini, che devono essere educati al rispetto e all'amore per la cultura indigena da cui provengono e che devono imparare a sentire in quell'indio che i bianchi dicono loro con disprezzo una ragione d'orgoglio.
Punta proprio su questo l'Academia Nacional de Lengua Aymara fondata recentemente nel Cile, dove l'aymara è una delle più importanti lingue indigene. Parlata dalle genti dell'altipiano, tra il Perù, il Cile e la Bolivia, ha sempre avuto una frontiera mobile con il quechua, la lingua degli Incas. La fondazione dell'Accademia è "una grande responsabilità" secondo il suo presidente, Rolando Manzano "ed è una grande sfida per il popolo aymara, perché riusciremo a rivitalizzare e a rafforzare la nostra lingua, rettificando anche quelle parole o quelle tradizioni che sono state mal registrate e potremmo fomentare l'affermazione di politiche pubbliche che permettano alle future generazioni di accedere alla nostra lingua e cultura". La nascita dell'Accademia ha richiesto due anni di lavoro e appartiene ai programmi di recupero e rivitalizzazione delle lingue indigenas del Cile. L'Accademia Nazionale dell'Aymara ha uno status simile a quello dell'Accademia Cilena della Lingua Spagnola, anche se sarà retta secondo i principi aymara, e ha il suo stesso scopo, appoggiare e favorire lo sviluppo della lingua, valorizzare il suo uso e diffonderla come elemento attivo della cultura cilena. L'obiettivo è anche in questo caso l'infanzia: solo se i bambini sentiranno l'orgoglio delle proprie radici e impareranno la propria lingua materna in un clima tollerante e aperto alla diversità e alla multiculturalità, le lingue indigenas dell'America Latina avranno una possibilità di sopravvivenza.