lunedì 12 ottobre 2009

Il mio ottobre, a Siviglia

Se non fosse per i cachi e i fichi, che annunciano l'arrivo della stagione fredda, sembrerebbe di stare ancora in estate. Complici le temperature alte, che in Andalusia, con un poco de suerte, arrivano fino alla seconda metà di ottobre, e la posizione occidentale della Spagna, che, con lo stesso fuso orario dell'Italia, rende le giornate più lunghe che a Torino, a prescindere dalla stagione.
E' el puente del Pilar, il penultimo grande ponte dell'anno (l'ultimo è quello che unisce il giorno della Costituzione, il 6 dicembre, e l'Immacolata Concezione, l'8: lo chiamano el puente de la Constitución e sono già iniziate le proposte per trascorrerlo altrove). Non so perché lo chiamino del Pilar, c'è qualche Madonna di mezzo, evidentemente. In realtà la Festa importante, quella che permette il ponte, è oggi, il 12 ottobre, giorno della scoperta dell'America, che gli spagnoli festeggiano come Dia de la Hispanidad. E' festa nazionale, con sfilata militare a Madrid alla presenza della Famiglia Reale (se siete curiosi, diretta anche su telecinco.es, oltre che in tutte le tv nazionali più importanti).
Con il puente del Pilar Siviglia si svuota di sivigliani e si riempie di turisti: i primi approfittano delle ultime giornate intorno ai 30°C per correre al mare, i secondi approfittano del week-end lungo per visitare una delle città più amate del Paese. La cosa curiosa è notare, come sempre, che turisti e sivigliani si muovono sullo stesso magnifico scenario, si sfiorano, ma non si toccano, affaccendati in diverse occupazioni e interessati a due Siviglie diverse.
Sono pochi i televisori che rimandano la sfilata militare: una volta visto com'è vestita la Principessa delle Asturie, se ci sono tutte le Infante (ci sono) e se il re si è tagliato la barba (se l'è tagliata), il resto è una lunga e noiosa sfilata di bandiere, soldati, aerei e carri armati. Il primo anno può incuriosire, il secondo e successivi è meno appassionante di una giornata di sole davanti al Guadalquivir o tra i turisti che fanno la coda per entrare nel Real Alcázar, dando le spalle alla Cattedrale.
Ottobre è uno dei mesi migliori per visitare Siviglia: il caldo è ancora avvolgente, ma non è soffocante. Gli sono affezionata perché è il mese in cui sono arrivata a Siviglia per la prima volta, dieci anni fa. Sono arrivata senza particolari aspettative, l'eccitazione era quella giusta di chi per la prima volta passa 4 settimane lontano dal proprio Paese: volevo mettere ordine nello spagnolo appreso attraverso la lettura dei giornali e i giornali radio ascoltati di notte in alta frequenza. Il primo impatto con la Spagna è stata la sorpresa di capire tutto quello che dicevano agli altoparlanti dell'aeroporto e di capire tutte le pubblicità che vedevo sull'Avenida Kansas City, che dall'aeroporto introduce in città. Le edicole erano inondate di copertine dell'Infanta Cristina con il piccolo Juan Valentin, all'uscita della clinica barcellonese in cui era nato (per questo gli sono affezionata, perché il suo compleanno precede di pochi giorni la mia prima volta sivigliana) e io mi ero diligentemente comprata tutte le revistas del corazón, quasi incredula di averle tutte a disposizione in tempo reale (è un entusiasmo che dura un paio di settimane, come vedere gli inguardabili programmi televisivi del gossip).
Il mio primo ottobre sivigliano è stato meteorologicamente disastroso. Il mio primo weekend è stato di sole e d'estate, ricordo di averlo passato a Córdoba, mentre i giornali sivigliani mettevano in prima pagina il concerto di Luis Miguel a Siviglia (Luis Miguel?? my god, quello di Sanremo canta ancora?? chi l'avrebbe detto che solo pochi anni dopo sarebbe stato uno dei miei cantanti latinos preferiti! ma, tranquilli, tra un weekend a Córdoba e un concerto di Luismi, continuo a preferire il primo). Poi pioggia, pioggia, pioggia. Non so se dopo ci siano stati giorni di sole. Forse sì, uno. Non potendone più di tanta pioggia, un sabato sono andata a Cadice. Il tempo sembrava bello, poi durante il viaggio in autobus si è minacciosamente annuvolato. E io, preoccupatissima, quasi a Cadice, ho guardato il cielo nerissimo e ho pensato, ti prego, se esisti, fa che sia una bella giornata. Non so se esiste, ma subito dopo è apparso un raggio di sole tra le nuvole, come a strizzarmi l'occhio e a rassicurarmi; ho avuto la possibilità di innamorarmi di Cadice e dei suoi profumi atlantici.
Passeggiavo nelle callezuelas sivigliane, tra una pioggia e l'altra, guardavo l'architettura di verande e ferro battuto del Barrio de San Lorenzo, scendevo al Guadalquivir e porgevo il viso al timido sole del Paseo de Juan Carlos I e iniziavo a pensare a quanto sarebbe stato bello tornare. O magari fermarsi. Poter star seduta su una panchina della plaza de la Concordia a leggere un libro, poter entrare nella Capilla della Esperanza de Triana in un pomeriggio deserto, poter stare nella plaza del Triunfo ad ascoltare tutti gli accenti d'Europa con il naso all'insù a fotografare la Giralda. Senza la fretta che i turisti devono necessariamente avere, magari con la distrazione e la superficialità di chi vive in questa luce così diversa e non ne è stregato, perché è la sua luce di tutti i giorni. Ci sono stati altri ottobri sivigliani, più clementi e più tiepidi, perché, ripeto, ottobre è uno dei mesi migliori per visitare la città, ma nessuno ha saputo essere come quell'ottobre 1999. Mi dico che se Siviglia ha saputo stregarmi e farmi venire la voglia di tornarci e di stabilire con lei un legame costante, che il tempo non ha saputo spezzare, in un ottobre di pioggia e vento, allora è proprio amore.