lunedì 9 novembre 2009

Quel conducente a Berlino, il 9 novembre 1989

Dal quotidiano colombiano El Tiempo, la testimonianza forse più bella proveniente oggi sul 9 novembre 1989, giorno della caduta del Muro di Berlino. E' dello scrittore e sociologo colombiano Luis Fayad, a Berlino dal 1987. In spagnolo (e completa) è qui

"(...) Effettivamente, dalla metà del 1989 si iniziò a sentire che gli orientali non ne potevano più e che il sistema stava per cedere, ma che il 9 novembre si sarebbe aperta la frontiera? Questo sì che colse tutti i sorpresa. Quel pomeriggio ero con mia moglie in giro per il centro di Berlino, eravamo con uno dei nostri figli e prendemmo un autobus verso la Potsdamerplatz. Erano più o meno le 6 di sera e all'improvviso sentimmo che l'autobus non poteva avanzare, qualcosa di molto strano, dato che Berlino ha sempre avuto un traffico molto fluido. Le auto private iniziarono a suonare e suonare il clackson e l'autobus avanzava di un km all'ora, lo dico senza esagerare.
L'autista ci informò che una delle frontiere con l'Est era stata aperta, lo disse con un'emozione controllata e si limitò a alzare il volume della sua radio, cosa che non succede mai in Germania. La cosa più sorprendente è che si avanzava un km all'ora e noi passeggeri ci stavamo spazientendo, perché volevamo vedere cosa stava succedendo, così gli chiedemmo di farci scendere. Ma lui, molto tedesco, si rfiutò. Può immaginarlo? Il mondo stava cambiando, la Guerra Fredda stava vivendo le sue ultime ore, ma il conducente di questo autobus aveva la missione di fermarsi solo a una fermata e così fece. Ignorò il cambio della storia e continuò fedele alla sua routine e al suo dovere di fermare e aprire la porta solo alla fermata, nonostante il percorso tra una fermata e l'altra richiedesse generalmente 10 minuti e il 9 novembre 1989 ci volessero due ore per il traffico di auto da oriente a occidente e dall'occidente verso il punto di frontiera per dare il benvenuto a quelli che arrivavano. (...)
L'atteggiamento dell'autista ci sembrò in quel momento grottesco, ma con il passare del tempo l'ho capito meglio. Senza questo atteggiamento del tedesco di fare in queste circostanze quello che si aspetta a lui, senza questo spirito di disciplina sociale che hanno i tedeschi, la Germania sarebbe caduta nel caos. Questa disciplina sociale, questo atteggiamento è quello che ha fatto sì che questo Paese e questa città si siano risollevati tante volte.
Pensi alla festa del rincontro tedesco che c'è stata quel 9 novembre, non ci fu un solo morto, una sola rissa né un solo incidente. Lo dico perché l'ho constatato. Mi ha colpito come è stata fatta la celebrazione. I tedeschi erano ubriachi, tutti con la bottiglia di liquore in mano, vedersi causò loro una grande emozione. Due facce di una moneta si unirono e non successe niente di sgradevole quella notte né nelle tre notti seguenti in cui durò la festa. Era un carnevale di liberazione da una grande tensione, accumulata in oltre 40 anni di Guerra Fredda, e tedeschi come quelli dell'autobus dimostrarono un atteggiamento che li ha caratterizzati nella storia. Dopo tre giorni si alzarono per andare a lavorare e seguirono la loro routine, e non si sono fermati né lo hanno fatto.
Io ho vissuto quell'euforia come uno straniero. I tedeschi avevano occhi solo per se stessi. Noi eravamo convitati a vedere l'incontro, ma si sentiva bene che era un'euforia estranea, che io ero testimone, ma non parte di essa. E' un sentimento forte, questo di sperimentare grandi episodi da stranieri. Tutti noi non tedeschi, tutti eravamo testimoni d'eccezione.
Cosa gli è costata la riunificazione? Gli è costato non solo un occhio della testa economicamente, ma anche una grande quantità di pazienza con se stessi. Non è stato facile per entrambi i popoli tornare a essere uno solo. E' passata una generazione e continuano a esserci differenze, già minime, ma ci sono. Una separazione del genere si può superare solo in altri 30 anni. Quando saranno passate due generazioni, la DDR sarà un ricordo, una cicatrice della storia. Ma adesso no".