venerdì 26 febbraio 2010

Pérez Reverte: con El asedio racconto Cadice, emblema della Spagna che avrebbe potuto essere

La prossima settimana arriva nelle librerie spagnole El asedio (in italiano Il giocatore occulto), l'ultimo libro di Arturo Pérez Reverte, uno scrittore a cui sono molto affezionata perché gli devo uno dei libri più belli mai ambientati a Siviglia (La pelle del tamburo), uno dei migliori libri sulla crudeltà umana (Il pittore di battaglie) e la spiegazione più chiara sul perché l'onnipotente Spagna delle ricche colonie americane è diventata uno dei Paesi più poveri d'Europa (la serie di Alatriste).
Su El Cultural è uscita una bella intervista che approfitta dell'uscita dell'ultimo libro per parlare della Spagna che non è stata, di ghigliottine che non ci sono state, di Haiti che si susseguono nella vita e dei libri come vera salvezza, con questo intellettuale intelligente e consapevole, che è una delle menti più brillanti prodotte dalla Spagna contemporanea. Chi capisce lo spagnolo può leggerla tutta qui; in italiano i brani che mi hanno colpito di più.

- Con El asedio siamo nella Cadice del 1811. Era davvero la città più liberale d'Europa?
Lo era, lo era. Però questa storia avrei potuto ambientarla a Troia, nella Leningrado assediata dai nazisti, nella Madrid del 1936 o nella Sarajevo del 1992. Il problema che mostra è un conflitto moderno. Ma Cadice mi dava alcune caratteristiche speciali: era una città sottomessa ai venti, con una topografia molto definita che è cambiata appena in due secoli: metti una cartina di oggi sopra una del XVIII secolo e coincidono quasi esattamente. Tutto questo mi permetteva di muovermi con molta sicurezza. Cioè, Cadice ha questi elementi climatici, urbani, architettonici e geometrici adatti alla mia storia.
- Inoltre preparava una Costituzione… Storicamente viveva un momento importante
Sì, ma io non volevo raccontare questo. Questo lo ha già raccontato Galdós e molto bene, lo ha raccontato Ramón Solís, in Un siglo llama a la puerta, anche lui molto bene. Io non volevo riscrivere un romanzo storico su Cadice. Sarebbe stato sterile… assurdo… Volevo scrivere il mio racconto e che fosse ambientato a Cadice. Una Cadice che fosse esempio di quella Spagna che avrebbe potuto essere e non è stata. In cui l'aristocrazia non era dei nobili, neanche del denaro, ma dei commercianti, un'aristocrazia moderna, paragonabile a quella dell'Inghilterra o dell'Olanda di allora, e con una classe dirigente aperta, liberale, che viaggiava, che parlava lingue, in cui la religione non era un elemento determinante, in cui la politica guidava l'economia e non al contrario.
- Ed era questo mare, pieno di commercianti e corsari, di intrighi, contrabbandieri e assassini, che lo rendeva possibile?
Sì, chiaro, questo continuo contatto con la civiltà, con la cultura, con il commercio, con la guerra, con quello che arrivava da fuori, tanti libri come quotidiani. Il suo rapporto con le colonie americane rendeva Cadice speciale, non aveva niente a che vedere con il resto della Spagna. La Spagna di allora era un posto oscuro, chiuso, in cui c'erano i preti, i sovrani, i ministri e l'aristocrazia corrotta e finita, mentre Cadice era moderna, aperta, era il mare, sì, che lo rendeva possibile. Mi spiaceva tanto pensare, mentre vedevo tutta questa documentazione dell'epoca, quello che era Cadice, quello che la Spagna sarebbe potuta essere se non fosse stato per la nostra stupidità di sempre!
- Cadice come metafora della grande occasione perduta. Perché si è interrotta la storia?
Perché la Spagna è un Paese storicamente malato. Si vede molto bene quando analizzi un po' di più la storia: da Indibil a Madonio, gli Asburgo, l'Illuminismo… Persino adesso, guarda come ci stiamo giocando la democrazia. Non appena si inizia a profilare una Spagna diversa, che inizia ad essere possibile, la distruggono gli stessi spagnoli: l'arroganza degli uni, il fanatismo degli altri. A Cadice i costituzionalisti liberali non seppero vedere cosa era possibile e cosa non lo era. Volevano fare una Costituzione radicale dal giorno alla notte e questo non era possibile. La stessa Costituzione aveva in sé il germe della sua distruzione. E quando leggi gli atti dei dibattiti vedi come si odiavano gli uni e gli altri, come si insultavano, come usavano la stampa come arma da combattimento… come questo schema dialettico, terribile e distruttivo, si sia riprodotto nei XIX, XX e XXI secoli. L'opportunismo politico si vede nella Costituzione di Cadice. E' desolante vedere come gli spagnoli ripetono gli errori e distruggono quello che hanno davanti.
- Fino a che punto El asedio è una specie di bilancio, di fine di un ciclo come scrittore, dopo gli ultimi 20 anni?
Volevo scrivere una storia in cui in qualche modo stessero tutte le mie storie precedenti e stessero in essa tutti i miei lettori: non una storia totale, che mi sembra una cosa pedante, ma sì abbastanza ampia per far sì che qualunque lettore dei miei libri potette avere un'eco degli altri; una storia, se vuoi, della maturità, con tutti i miei trucchi, la mia esperienza
- E la sua memoria, la sua memoria storica particolare
Sì, in fondo c'è la Spagna, come sempre. Più diluita che in Un día de cólera, Trafalgar o Alatriste, indubbiamente. Ma non è una storia didattica. Non volevo raccontare al lettore cosa era la Spagna allora, ma muovere i miei personaggi in quella Spagna, in modo che al lettore, mentre li accompagna, rimangano attaccati, senza che se ne renda conto, quella Spagna e quel mondo affascinante.
(…)
La mia memoria storica ha 3000 anni, sai? Il problema è che la memoria storica analfabeta è molto pericolosa. Perché guardare il conflitto degli anni 1936-39 e la repressione posteriore come un elemento isolato, come un periodo concreto e staccato dal resto della nostra storia è un errore, perché il cinismo spagnolo si capisce solo in un contesto molto più ampio. Il 1936 e la repressione posteriore si spiegano solo con El Cid, i Reyes Católicos, la conquista dell'America, con Cadice. Separare questo, attribuire i mali di un periodo a quattro fascisti e due generali è svincolare la spiegazione e renderla impossibile. Che un politico analfabeta, sia del partito che sia, che non ha letto un libro in vita sua, mi parli della memoria storica perché suo nonno gli ha raccontato qualcosa, non mi serve a niente. Voglio qualcuno che mi dica che il 1936 si spiega nelle Asturie, e si spiega nella I Repubblica e si spiega nel liberalismo e nel conservatorismo del XIX secolo… perché lo spagnolo è storicamente un figlio di puttana, capisci?
- Dai, Arturo..
Sì, lo spagnolo è storicamente un figlio di puttana, ma per capirlo, per accettarlo, per amarlo, con le cose buone e cattive, ci sono anche la sua generosità, la sua capacità di dimenticare e perdonare, di iniziare di nuovo, bisogna conoscere 3000 anni di sviluppo e non un piccolo periodo che da solo non spiega niente… Mi va bene la Ley de Memoria Histórica, ma deve avere in caratteri piccoli un'appendice che la contestualizzi… io sono di Cartagena e a Cartagena, che era una zona rossa, successe di tutto, ci furono repressioni brutali dei miliziani e dei falangisti. E a me, quando ero piccolo, hanno raccontato entrambe le repressioni; per questo parlare di buoni e cattivi adesso… Chiunque abbia letto la storia della Spagna sa che qui siamo stati tutti hijos de puta, tutti!
Sai qual è realmente il mio lamento storico? Che ci è mancata una ghigliottina alla fine del XVIII secolo. Il problema della Spagna è che, a differenza della Francia, non ha avuto una ghigliottina nella Puerta del sol, che toccasse ai preti, ai sovrani, i vescovi e gli aristocratici… e quello che non voleva essere libero, lo obbligassero con la forza. Ci è mancato questo, passare sotto la ghigliottina mezza Spagna per rendere libera l'altra metà. Lo abbiamo fatto dopo, abbiamo fucilato tardi e male e non è servito a niente. Il momento storico era quello, la fine del XVIII secolo. Le teste di Carlos IV e di Fernando VII in un cestino, e di passo quelle di qualche vescovo e di qualcun altro, avrebbero cambiato molto, e in meglio, la storia della Spagna. Nessuno lo ha fatto e abbiamo perso l'occasione e continuiamo qui, trascinando il peso che ci hanno lasciato quelli che sono sopravvissuti e non avrebbero dovuto sopravvivere".
- Sembri essere in un continuo regolamento di conti con il mondo
E' che a me il mondo che ho visto non piace. Sì, è vero, sono ferito dal mondo. La mia vita è stata una successione di Haiti… E di Haiti è colpevole tanto l'azzardo quanto la stupidità dell'uomo… nella mia vita, nei miei articoli e nei miei libri cerco regolare i conti con l'uno e con l'altro. Perché mi hanno fatto i libri che ho letto e le cose che ho visto. E i libri mi sono serviti per digerire e interpretare le cose che ho visto. Senza i libri non sarei potuto sopravvivere a molte di queste tragedie che ho visto, Alla Sarajevo del 1992, alla Beirut del 1976, all'Eritrea del 1977. Questa collezione di foto, di fantasmi, di Haiti che ho nella memoria, senza questi libri come analgesico, come chiave, mi sarei ribellato, starei sparando contro la gente. I libri mi hanno dato giudizio. Mi hanno fatto digerire l'indigeribile. Senza tutti questi libri sarei davvero perturbato, sareiuna persona sgradevole"