domenica 11 luglio 2010

E nella protesta di Barcellona in difesa dello Statuto, spuntano le bandiere dell'Olanda

Il pasticciaccio brutto dello Statut catalano ha prodotto ieri la più grande manifestazione popolare che si sia vista a Barcellona in democracia. Promesso da José Luis Rodriguez Zapatero, che disse ai catalani che avrebbero avuto uno Statuto votato dal loro Parlamento locale, scritto in Catalogna tra aspirazioni indipendentiste, timori conservatori e l'eterna polemica sull'idea dello Stato spagnolo, se centralista e controllato da Madrid o federativo, per accogliere le esigenze autonomiste di baschi e catalani in primis, ripreso alla Moncloa per evitare le derive indipendentiste e quindi votato e approvato dai catalani con un referendum, lo Statut è stato impugnato dal PP, che è ricorso al Tribunal Constitucional, considerando incostituzionali 128 dei suoi 223 articoli. Per emettere la sua sentenza il Tribuna Constitucional ha avuto bisogno di quattro anni, sette tentativi e durissime polemiche: la maggior parte dei suoi giudici è di origine conservatrice e, soprattutto, ha il mandato scaduto da tempo. Si doveva rinnovare il Tribunal Constitucional prima che emettesse una sentenza delicata come quella sullo Statut? La polemica ha diviso per mesi il PP da tutte le altre forze politiche. E il risultato è stato che nessuno ha osato rinnovare i giudici e che quelli che hanno emesso sentenza sullo Statuto catalano non erano legittimati dalla loro carica scaduta. Cosa che ha ovviamente aumentato, se possibile, la rabbia catalana.
Il Tribunal Constitucional ha frustrato le aspirazioni nazionaliste dei catalani sin dall'inizio, non riconoscendo loro lo status di "nazione" perché "l'unica nazione che la Costituzione riconosce è quella spagnola"; i simboli nazionali pertanto possono essere usati in senso storico o culturale ma non giuridico. Negati anche i diritti storici anteriori, che oggi permettono l'autogoverno catalano: gli unici diritti storici riconosciuti dalla Costituzione sono quelli dei Paesi Baschi e della Navarra. Rifiutato il predominio del catalano sul castigliano, soprattutto nelle scuole, dove la Generalitat voleva imporre la lingua locale: la Costituzione obbliga a riconoscere che entrambe le lingue siano veicolari. Nelle relazioni bilaterali tra Barcellona e Madrid non si può parlare di parità perché lo Stato centrale ha sempre una superiorità, così come nella Giustizia, che non può essere decentralizzata perché "l'unico organo di governo del potere giudiziario è il Consejo General del Poder Judicial".
La sentenza è stata emessa alcune settimane fa e la risposta della Catalogna è stata l'organizzazione di una grande manifestazione di protesta per il 10 luglio. Il caso, l'ironia o chissà cosa, ha voluto che le motivazioni della sentenza siano state pubblicate il giorno prima della marcia a Barcellona. E sono state proprio le motivazioni a far infuriare i catalani, data l'interpretazione di stampo centralista e conservatore della Costituzione. Secondo il presidente José Montilla è stata una sentenza che ha "ferito e offeso il popolo di Catalogna senza necessità." La frustrazione e, soprattutto, la rabbia di veder modificato a Madrid quello che i catalani avevano approvato tramite referendum hanno spinto centinaia di migliaia di persone per le strade. Gli organizzatori speravano di richiamare mezzo milione di cittadini per considerare la manifestazione un successo. Si sono trovati con oltre un milione di persone, stavolta Questura e organizzatori vanno abbastanza d'accordo: 1,1milioni per la Polizia e 1,5 per Òmnium Cultural, l'associazione che ha organizzato la manifestazione. Passeig de Gràcia al collasso e sforzi raddoppiati da parte delle Forze dell'Ordine per garantire a tutti la sicurezza. Migliaia di persone di ogni età (davvero di ogni età), quasi tutte dotate della propria seneyra, la bandiera giallorossa della Catalogna, che hanno colorato il corteo, ma anche tante esteladas, le bandiere dell'indipendentismo catalano, ad avvertire che non è così facile imbrigliare le aspirazioni.
E' stato tale il successo che nell'impossibilità di muovere la testa del corteo è stata data per terminata prima del previsto. Le autorità politiche locali dovevano guidare la manifestazione da dietro una grande bandiera catalana di 250 metri quadrati, dietro alla quale c'era lo striscione che era un po' lo slogan e il sentire della Catalogna: Som una nació. Nosaltres decidim (Siamo una nazione. Noi decidiamo); ma l'attuale presidente della Generalitat, il socialista José Montilla, accompagnato dai predecessori, il nazionalista-conservatore Jordi Pujol e il socialista Pasqual Maragall, e dal presidente del Parlamento catalano Ernest Benach, accompagnato dai predecessori Herbert Barrera e Joan Rigol sono riusciti a compiere un breve tragitto. C'è stato un momento che, essendo tale la folla sul Paseo de Gracia, si è chiesto dagli altoparlanti di far passare prima la testa del corteo e di inserirsi alle sue spalle. Ma è stato inutile. Non per cattiva volontà dei partecipanti, ma perché erano troppi, molti di più di quelli previsti. "Riunire oltre un milione di persone alle 18 di un sabato di luglio, quando ci sono 30°C e la gente ha voglia di fare il weekend si spiega solo con la grande rabbia dei catalani" commentano nel web da Barcellona.
Ed è una rabbia che travolgerà il PSC, il Partito Socialista Catalano: con i suoi alleati della sinistra repubblicana ha tentato di forzare la mano, ha sfidato la visione centralista dello Stato del PP e ha allarmato la destra spagnola con il radicalismo. E il risultato è stato uno Statut preso prima in mano da Madrid e quindi messo in discussione dal Tribunal Supremo, nonostante il referendum. "In Spagna il progresso autonómico non ammette salti chilometrici, solo passi corti" commentava ieri El Pais. La Catalogna vede ancora una volta frustrate le proprie aspirazioni, la Spagna ancora una volta non è stata in grado di comprendere la Catalogna, il PP si ostina con la sua visione centralista. "La manifestazione di oggi non è una buona notizia per la Spagna" ha commentato il numero 2 del partito Dolores de Cospedal, senza pensare che il ricorso del PP al Tribunal Constitucional non è stato neanche una buona notizia per la Catalogna.
Quando, un paio di ore dopo, vista l'enorme affluenza di cittadini, è stato chiaro che la manifestazione non poteva continuare come previsto, il presidente José Montilla si è allontanato, inseguito da varie decine di giovani che lo hanno fischiato e insultato: "Inetti!", "Inutili!" hanno gridato a lui e ai suoi accompagnatori, spingendoli a rifugiarsi nella sede della Conselleria de Justicia, a pochi passi dal Passeig de Gràcia. Jordi Pujol è stato invece salutato al grido di President! President! Il fracaso dello Statut porterà di nuovo al Palau de Sant Jordi il nazionalismo di Convergencia y Unió? Curioso che l'uomo politico più stimato di Spagna sia proprio un nazionalista catalano, il portavoce di CiU al Congreso di Madrid Josep Antoni Duran Lleida. Ieri, dopo la grandiosa manifestazione di Barcellona, in cui "il popolo catalano ha parlato in maniera pacifica", suggeriva,chissà se invano, di ascoltare le istanze catalane.
Sui media di Madrid si insiste sul potere unificatore della Selección spagnola, bella e vincente in Sudafrica, in questi giorni di frustrazioni e inquietudine catalani. Sarà. Al corteo di Barcellona si sono viste anche le bandiere dell'Olanda.
Le immagini, dalla galleria fotoggrafica di elpais.com