venerdì 17 dicembre 2010

Cementificazione di Spagna: ogni giorno spariscono otto campi da calcio sulle coste

I numeri fanno un po' paura. Ogni giorno sparisce sulle coste spagnole un territorio grande come otto campi di calcio. E al posto di pinete mediterranee e dune di sabbia appaiono grattacieli e cemento per ospitare il turismo stagionale. La denuncia è di Greenpeace, che ha presentato un rapporto desolante. Anche se la crisi economica ha rallentato la corsa del ladrillo, il mattone, su cui si è retto il boom spagnolo, non "c'è alcun indizio dell'abbandono" della speculazione edilizia sul litorale, soprattutto mediterraneo. Anzi. Negli ultimi anni quello che sembrava essere un fenomeno soprattutto a carico della Costa Brava catalana, della costa valenciana e della Costa del Sol andalusa, si è espanso fino a coinvolgere le coste andaluse di Huelva e Almeria e altre regioni come la Cantabria, le Asturie e la Galizia. Per dare pochi numeri: dal 1987 al 2005, in meno di 10 anni, sono stati distrutti 50.504 ettari di terreno naturale nei primi due chilometri davanti al mare.
"In questo decennio si è prodotta un'urbanizzazione massiccia della costa, paragonabile solo a quella degli anni 60. Oggi sopportiamo le conseguenze ambientali e la crisi economica, ma sembra non abbiamo preso nota delle sue ragioni" ha commentato Pilar Marcos, responsabile della campagna delle coste di Greenpeace. Un esempio di questa nuova colata di cemento è la Comunidad Valenciana: nel 2004 ogni suo kmq ha ricevuto una media di 288 tonnellate di cemento, un anno dopo il 33% del primo km davanti al mare era urbanizzato, nel 2008 c'era un porto ogni 11 km di costa. L'Andalusia non rimane indietro in questa folla corsa alla distruzione del litorale: nel 2003 solo il 25% della costa malagueña non aveva edificazioni, mentre la provincia di Huelva ha aumentato la sua superficie artificiale sul litorale del 113% nell'ultimo decennio e la costa granadina ha accolto nel solo 2004 60mila nuovi appartamenti.
Ma se questi numeri vi sembrano già sorprendenti e preoccupanti, aspettate di leggere quelli riguardanti la Catalogna che, secondo Greenpeace, ha il poco piacevole primato della distruzione delle coste. Il 46,5% del litorale catalano soffre costruzioni abusive e solo l'11% delle zone non protette è libero dall'urbanizzazione selvaggia. "La corsa dei comuni del litorale alla crescita sembra inarrestabile" ha detto a El Periódico de Catalunya Anna Rosa Martinez, responsabile di Greenpeace nella regione. L'organizzazione ha già denunciato come il Ministero dell'Ambiente e alcuni Comuni costieri vogliano ridurre l'impatto della Legge della Costa, voluta dal Governo Aznar per riqualificare le aree costiere e renderle ecocompatibili e fortemente sostenuta dal PSOE appena arrivato al governo (c'è stata una forte polemica sui chiringuitos, le costruzioni spesso di legno e paglia, ma molte volte anche di cemento, che offrono panini e bibite ai bagnanti, e che la Legge vuole a precise distanze dalla battigia? il loro allontanamento a 300 metri dal mare è una delle indicazioni della Legge della Costa). Il danno non è solo estetico, è soprattutto ambientale: alle colate di cemento si unisce inevitabilmente il degrado delle acque marine, con le attività degli inevitabili porti e impianti fognari, ai quali bisogna aggiungere l'inquinamento delle raffinerie, delle piattaforme petrolifere e dei fiumi più contaminati, l'Ebro al nord e il Guadalquivir al sud. E a questo degrado del mare corrisponde, di conseguenza, la scomparsa di fauna e flora marina e costiera.
Qual'è la soluzione per evitare che continui lo scempio delle coste spagnole, secondo Greenpeace? "Risolvere la dipendenza dal mattone che hanno i comuni spagnoli per finanziarsi" suggerisce Juan López de Uralde, direttore di Greenpeace España. Più facile a dirsi che a farsi, anche se ci sono foto della Catalogna, di Murcia e di Benidorm che parlano da sole. Come spiega l'organizzazione ecologista, "il lusso non è un hotel 5 stelle, il vero lusso è una spiaggia vergine, un vero lusso visivo e un potente vantaggio economico per il turismo sostenibile e attività artigianali come la pesca".