lunedì 20 dicembre 2010

La plaza de la Encarnación di Siviglia e il senso torinese del mercato

Sono torinese e a volte si sente. Non solo nel disorientamento geografico e mentale in città che non prevedono parallele e perpendicolari. Ma anche nel gusto estetico e in piccoli dettagli che sembrano insignificanti come, ad esempio, i mercati.
Torino è una città di mercatini rionali all'aperto, in cui si trova di tutto, dall'abbigliamento a buon prezzo alle stoviglie, dagli oggetti per la casa di gusto etnico, adesso appannaggio dei maghrebini, alla frutta e verdura proveniente da mezzo mondo e, soprattutto, dalle campagne circostanti. Sono i campagnini, che portano al mercato i prodotti delle loro terre e sanno svelarti piccoli e grandi segreti della cucina contadina che, come sappiamo, non butta via niente (e prepara piatti che neanche Ferran Adriá, con tutto il rispetto).
A Siviglia i mercatini rionali, all'aperto e con le bancarelle montate tutto il giorno di sabato, non esistono. Vabbe', a Siviglia si sta affermando solo adesso, e solo in centro, l'idea che il sabato pomeriggio, quando più alto è il flusso di gente, è meglio che i negozi siano aperti. La spesa si fa nei supermercati di Mercadona e di El Corte Inglés e nei negozi di frutta e verdura sotto casa (quelli che le massaie torinesi ti insegnano a evitare perché sono più cari dei mercati e non ci sono mica i campagnini che ti portano le cose loro). Chi ha tempo va ai mercati al coperto di Triana o dell'Encarnación, che a un torinese non possono sapere di mercato: non solo non ci sono i campagnini, ma mancano pure le bancarelle. Sembra di stare in un centro commerciale della frutta e verdura, che, alla fine della mattinata di lavoro, l'esercente abbassa la saracinesca e se ne va (un mercato è anche il rumore metallico delle bancarelle che vengono montate, gli ombrelloni che vengono chiusi o aperti seguendo il sole e il vento, la lenta ed esperta sistemazione delle merci nei furgoncini prima di andare via, la piazza vuota con i resti delle verdure e i camion dell'immondizia che passano con i getti d'acqua a fare ordine). Ci sono banchi che impilano la frutta a piramide, montando scenografie che a Torino non si vedranno mai, perché sulle bancarelle le arance, le mele, le angurie, brillano di tutti i colori nell'allegro disordine con cui vengono ammassate nei loro spazi. Vedi queste piramidi di mele (una volta addirittura di fragole) e ti angosci alla sola idea di comprarle e distruggere tanta composizione.
Poi c'è una cosa che separa inevitabilmente noi italiani e i cugini spagnoli. Ed è il senso estetico delle cose. In Spagna si entra nei bar in cui ci sono decine di tovaglioli buttati per terra perché significa che ci sono buone tapas e molta richiesta, in Italia li si eviterebbe perché li si considererebbe poco curati e poco puliti. In Spagna comprano allegramente i dolci al miele su cui passeggiano le vespe che nessuno allontana, in Italia ci si allontanerebbe immediatamente da un bar con gli insetti che volano tranquillamente tra dolci e tramezzini, perché sarebbe segno di trasandatezza.
Al mercato è la stessa cosa. Ci sono i banchi che ti impilano la frutta così lucida e perfetta da sembrare finta (e quindi non ti fidi) e ci sono quelli che non hanno remore a mostrarti le foglie marce dell'insalata o le arance troppo mature che è meglio lasciare lì.
Del mercato dell'Encarnación ho soprattutto questo ricordo: vespe e mosche sui pesci sfatti nel ghiaccio, foglie marce delle verdure e un vago senso di disordine e trasandato che non corrisponde al concetto torinese del mercato. Sarà per questo che sono cliente affezionatissima di Mercadona.
E non posso dire molto di più del mercato di Triana (che dà l'impressione di essere più pulito, ma che non è un mercato nel senso torinese del termine e alla fine quello che ti manca è proprio la bancarella, con tutto quello che implica, il sole, il vento, le chiacchiere, gli sguardi).
Il mercato dell'Encarnación, in una delle storiche piazza del centro di Siviglia, è stato per vari anni in cerca d'autore. La plaza de la Encarnación è stata un grande vuoto nel cuore di Siviglia da quando mi sono innamorata della città; da qualche anno è protagonista del più discusso progetto cittadino, il Metropol Parasol, che cerca di mettere insieme l'architettura contemporanea con i resti archeologici trovati vari metri sotto l'attuale livello stradale e con il mercato storicamente ospitato nella piazza. A dare un'anima comune a tutte queste diverse istanze, ci sono delle strutture di cemento armato rivestito in legno che hanno l'apparenza di altissimi parasole (ma i sivigliani li chiamano saggiamente setas, funghi), il cui scopo non è ancora chiarissimo e che offriranno in alto un ristorante-belvedere sui tetti barocchi della città e, nella parte sottostante, a livello della piazza e qualche metro più sotto, un itinerario tra i resti archeologici e la sospirata sistemazione definitiva del mercato.
I ritardi accumulati dalla realizzazione delle setas, firmate dall'architetto tedesco Jürgen Mayer, è una delle leggende sivigliane: siamo già verso i quattro anni e un budget quasi raddoppiato, che sfiora i 90 milioni di euro. Le ultime notizie vogliono l'opera all'80% della sua realizzazione. E l'ultima buona notizia è l'inaugurazione del mercato, anche se il resto della struttura non si sa quando verrà completato e chissà se le impalcature delle setas e l'atmosfera provvisoria influiranno sul successo del mercato. Resta comunque il fatto che la sua apertura è stata festa grande, soprattutto per il suo significato: è il primo passo per l'assetto definitivo della plaza, una ferita nel centro storico, in cui si incontrano l'architettura classica della Siviglia da cartolina che amiamo noi, sedotti dalla luce d'Andalusia, e quella più anonima e globale di questi anni di vetro e cemento. Gli esercenti si dichiarano entusiasti per i loro puestos, i frequentatori abituali sono soddisfatti per gli impianti moderni, i dubbi verranno messi alla prova nei prossimi giorni, quando, passata l'euforia dell'inaugurazione, l'Encarnación farà i conti con la spesa quotidiana delle amas de casas, le casalinghe, sivigliane. La curiosità è d'obbligo, ma il senso torinese del mercato è un'altra cosa.
Da elcorreoweb.es e dal diariodesevilla.es, alcune immagini del nuovo mercato dell'Encarnación