mercoledì 22 dicembre 2010

Il Congresso spagnolo boccia la legge anti-pirateria imposta dagli USA

El Congreso de los Diputados tumba la Ley Sinde, titolavano ieri sera i principali siti spagnoli d'informazione. Il Congresso boccia la Legge Sinde.
Con 18 voti a favore, tutti solo socialisti, e 20 contrari, la Commissione del Congresso ha bocciato il provvedimento fortemente voluto dal Governo, su pressione degli Stati Uniti per fare ordine nel web spagnolo, lottare contro la pirateria e far rispettare i diritti d'autore. Per José Luis Rodriguez Zapatero un nuovo colpo in un anno che ha già definito "molto stressante" e che è sicuramente l'annus horribilis della sua carriera, quello in cui ha preferito rinunciare alle sue idee sociali per adeguarsi alla volontà dei mercati. Per gli utenti della Rete un trionfo che hanno celebrato ieri pomeriggio, non appena si è sparsa la notizia. Per gli autori, cantanti, registi e artisti in genere, una sconfitta che minaccia di peggiorare le cose: le loro associazioni hanno già annunciato il ricorso all'Europa e la richiesta di leggi che questa volta puniscano anche gli utenti.
Perché la Ley Sinde era in fondo la più blanda di tutte quelle possibili: prevedeva la chiusura delle pagine web che mettevano a disposizione i link al materiale piratato, dopo una segnalazione di un'apposita commissione all'Audiencia Nacional, che avrebbe avuto tre giorni di tempo per autorizzare il permesso. L'utente non veniva dunque colpito in alcun modo, come invece succede in analoghe leggi europee, secondo le quali, dopo il terzo avviso al privato che sta infrangendo i diritti d'autore, scatta la sospensione del collegamento a Internet. L'obiettivo della Ley Sinde era colpire l'autore principale dell'illecito, cioè chi mette a disposizione su Internet materiale piratato. Ma è stata la creazione di questa Commissione dagli ampli poteri e la trasformazione dell'Audiencia Nacional in semplice notaio-passacarte, che si limita ad autorizzare quello che è già stato stabilito altrove, che ha spinto al rifiuto il PP e, dietro di lui, su spinta anche dell'incredibile mobilitazione della Rete, i partiti nazionalisti. "Solo un giudice può decidere se chiudere una pagina, non il Ministero della Cultura; torniamo all'Inquisizione" ha scritto ieri su Twitter la presidente della Comunidad de Madrid Esperanza Aguirre. La stessa che in questi mesi di preparazione della legge preoccupava il Governo e Washington, secondo i cablogrammi di WikiLeaks, a causa dei frequenti e simpatizzanti incontri con le associazioni degli utenti di Internet, contro i tentativi di regolamentare la legge.
Che le cose per il governo si fossero messe male si è capito nei giorni scorsi, quando il PP, diventato improvvisamente paladino dei più deboli e delle cause perse, come non lo è mai stato nei suoi otto anni di governo, ha annunciato il proprio no al provvedimento. Il Ministro Angeles Gonzalez-Sinde ha inutilmente lanciato un appello al buon senso, affermando che la sua legge era la più equilibrata possibile: da una parte difendeva i diritti di chi vive del proprio ingegno, dall'altra non colpiva gli utenti. Il PSOE ha negoziato inutilmente prima con il PNV, il partito nazionalista basco, e poi con CiU, il partito dei conservatori nazionalisti catalani, che chiedevano entrambi lo scorporo della Ley Sinde dalla Ley de Economia Sostenible, con cui il Governo vuole rilanciare l'economia spagnola. Con il no di entrambi i partiti nazionalisti, la bocciatura è stata inevitabile.
E adesso? E' la seguente domanda. Il problema della pirateria nella Rete continua ad esistere ed è grave: consuma posti di lavoro e creatività, collabora a far sì che il cinema spagnolo rimanga schiacciato dalla feroce concorrenza statunitense, che gode di investimenti pubblicitari maggiori. "Un film in sala dura una settimana, poi è già in Rete" lamentava il presidente dell'Academia de Cine il regista Alex de la Iglesias, il cui ultimo film, Balada triste de una trompeta, è appena uscito ed è stato premiato alla Mostra di Venezia "in questo modo si perdono investimenti, maestranze, talenti e posti di lavoro. La situazione è drammatica, la proposta culturale inevitabilmente s'impoverisce". Il fatto è che in Spagna la pirateria non è sentita come tale. C'è un senso di rivalsa al vedere i film su Internet o a scaricarsi le canzoni. Molto è dovuto anche all'atteggiamento antipatizzante degli autori, che, per esempio, chiedono un versamento ai negozi che diffondono la musica della radio (praticamente pagano le radio per trasmettere la musica e i negozi per ascoltarla: è necessario un doppio pagamento? In quale altra attività è possibile?) e che, soprattutto, attraverso la loro potentissima lobby, sono riusciti a imporre un canone anti-pirateria sulla vendita di CD e DVD. Praticamente l'acquirente viene trattato come un pirata potenziale, per cui, anche se compra un DVD per versarci su i filmini delle vacanze o le foto di una vita, deve pagare un canone alla Società degli Autori. E a questo bisogna aggiungere i concetti ambigui della copia a uso personale a cui ha diritto l'acquirente di un disco o di un film, e "senza fine di lucro", che finora hanno permesso di tenere aperte le pagine web con i link al materiale piratato. Uno spagnolo che, comprando un CD sta pagando la Società degli Autori, sente che, scaricandosi una canzone, non sta facendo niente di illegale, perché non lo fa a fini di lucro e lo sta facendo per se stesso. E se è consapevole dell'atto illegale, peggio per gli artisti, tutti milionari, con tenore di vita altissimo, di chiare simpatie socialiste, ma decisi a difendere i propri soldi e il proprio orticello. Non ci sono solo questi sentimenti di rivalsa, che si sono sedimentati nel corso degli ultimi anni, ma anche le ultime rivelazioni di WikiLeaks: la Ley Sinde è stata praticamente imposta dalle majors statunitensi, stanche di perdere milioni di euro nel caos del web spagnolo. Il sentimento antiamericano degli spagnoli, latente dai tempi della perduta guerra di Cuba, è immediatamente riaffiorato: può Madrid farsi imporre una legge da Washington e abdicare così la propria sovranità popolare? Negli ultimi giorni il nazionalismo ha spinto migliaia di persone a reagire e a scrivere ai propri deputati: sono state raccolte oltre 30mila firme in pochi giorni e solo sulla Rete, le caselle di posta elettronica dei deputati sono state inondate da migliaia di email che ricordavano che il voto è ancora in mano agli elettori, i partiti nazionalisti, che sarebbero stati decisivi per l'approvazione della legge, visto il no del PP, sono stati immediatamente contattati dagli utenti indignati dai tentativi di imbrigliare la sovranità spagnola da parte di una potenza straniera. Possibile cambiare questa mentalità?
A giudicare dalla reazione della Rete, ieri sera, sarà molto difficile. Alejandro Sanz e Miguel Bosè, due dei volti più visibili della lobby degli artisti, ieri si sono scagliati contro i politici, in difesa della legge Sinde. Su Twitter Sanz ha definito vigliacchi i politici che non hanno votato a favore del provvedimento, su Facebook Bosè ha applaudito il Governo per il provvedimento, ha manifestato disprezzo "per quei politici che cercano di scambiare i nostri diritti contro altri guadagni che ci danneggiano profondamente" e ha ringraziato "chi capisce che non tutto in questa vita è di libera proprietà". A entrambi gli artisti hanno risposto i fans infuriati, molto più numerosi di quelli che li appoggiano. Come sta diventando abituale nel Twitter spagnolo, gli utenti si sono dedicati ai facts e per buona parte della serata #alejandrosanzfacts è stato uno dei trending topics. Al cantautore madrileno è stato rimproverato di essere in un elenco di 200 persone e società che avrebbero evaso le tasse nel Liecthenstein e che sono tuttora sotto indagine, "Quando pagherai le tasse qui, potrai parlare", "Per dire la tua sulle nostre leggi vieni a vivere qui, non a Miami"; poi ci sono state prese in giro feroci: "Quién me va a pagar mis diez mansiones, quien se va a bajar del Ares mis canciones", che gioca con i versi di Corazón partío, il successo più celebre del cantante, o "Signor Alejandro Sanz, stia tranquillo, che molti di noi non vogliono la sua musica, neanche da scaricare gratis". A Miguel Bosè non è andata meglio: le fans de toda la vida gli ricordano che c'è crisi, che non possono permettersi di comprare dischi che costano 20 euro e "hanno dentro 1 o 2 canzoni che valgono qualcosa e il resto è basura, spazzatura", che non hanno le sue possibilità economiche; i più cattivi, quelli che rimproverano a Bosè anche le sue convinzioni politiche, dichiaratamente di sinistra, gli propongono, se il danno è così grave, di "andare a vivere nelle tue tenute dell'Estremadura, comprate con i soldi dei nostri CD".
Davvero difficile, adesso, che utenti e artisti si incontrino e si mettano d'accordo sulla convivenza dei diritti d'autore e della cultura gratis per tutti su Internet.