mercoledì 12 gennaio 2011

Arnaldo Otegi: senza lotta nel confronto democratico non raggiungeremo i nostri obiettivi

"In un mondo ideale un giornalista e un fotografo condividono spazio e tempo con la persona che vogliono intervistare" lamenta il quotidiano basco Gara, che ha intervistato Arnaldo Otegi, leader di Batasuna, il braccio politico dell'ETA illegalizzato anni fa dalla Legge dei Partiti di Madrid, tramite un questionario fattogli arrivare in carcere. E' un'intervista lunghissima, commentata stamattina da tutti i media spagnoli per la richiesta di riconoscere i passi fatti dalla izquierda abertzale verso la fine del conflitto basco e di ammetterla alle elezioni regionali della prossima primavera. In italiano alcuni passaggi dell'intervista, che potete leggere completa e in spagnolo cliccando qui

- Nell'intervista che ci ha concesso due anni fa, proponeva già come necessario un nuovo adeguamento della strategia politica della izquierda abertzale
Effettivamente, questa necessità rispondeva all'urgenza di chiarire un'equazione strutturale per il nostro processo di liberazione, che in sintesi si può formulare così: se da più di un decennio consideriamo che esistono le condizioni obiettive per il cambio politico in Euskal Herria e però questo cambio non si produce, quali sono le ragioni? Le risposte possibili possono essere fondamentalmente due: o noi ci siamo sbagliati sull'esistenza di queste condizioni o la izquierda abertzale, come motore principale del cambio, aveva una strategia inadeguata affinché si materializzasse. Cercare la risposa adeguata a questa domanda è il cemento su cui abbiamo costruito, sviluppato e definito il nostro dibattito e la nostra scommessa politica.
- A cosa si riferisce quando parla dell'inevitabilità di una seconda Transición?
Mi consta che in nuclei politici, economici e mediatici… dello Stato si ha oggi perfetta consapevolezza della necessità di rivedere il modello derivato dalla Costituzione del '78. Questa revisione e il dibattito sui contenuti si produrranno perché il modello attuale fa acqua da tutte le parti. Attraverso questa revisione si vorranno raggiungere principalmente due obiettivi: neutralizzare definitivamente i problemi "nazionali" nel modello "territoriale" e approfittare della crisi per smantellare il già di per sé rachitico Stato Sociale. Questa è, né più né meno, la sfida che abbiamo davanti.
Nel contesto di questo dibattito in sospeso e inevitabile, mi avventuro a dire quali saranno le tre grandi linee di proposta sul tavolo: ci sarà una posizione che cercherà di impedire il dibattito perché capirà che anche la sua sola apertura porterà inesorabilmente al fallimento della "Spagna" come progetto possibile; è il pensiero di Ortega y Gasset aggiornato. I difensori di questa posizione saranno disponibili solo al dibattito parziale su temi che non considerano strutturali (make-up, in definitiva).
La seconda posizione proporrà con assoluta chiarezza che la riforma deve avere una natura chiaramente regressiva e reazionaria, in cui proporranno come obiettivo, per esempio, il recupero da parte dello Stato di competenze ceduti alle diverse Comunidades, oltre a una modifica della legge elettorale che garantisca che i cosiddetti "nazionalisti" non diventino alla fine gli arbitri della governabilità dello Stato. Il meccanismo per portare avanti questo tipo di riforma sarebbe attraverso un grande Patto di Stato tra il PP e il PSOE.
E in terza posizione ci siamo ni che proponiamo che la seconda transición deve dare passo a uno scenario che accetti la plurinazionalità dello Stato e il diritto di popoli come il basco, il catalano, il galiziano, di decidere liberamente il proprio futuro… questo è il contesto per il quale ci siamo preparati mediante un adeguamento della nostra strategia.
- La izquierda abertxale va per il cammino che lei sperava?
Senza dubbio la vedo dove speravo. Mi sento molto orgoglioso dell'esercizio di autocritica così onesto che abbiamo realizzato. Credo che una delle chiavi per incedere nei contenuti di questa seconda transición in sospeso è la nuova scommessa strategica per la izquierda abertzale.
- Qual è la forza di questo processo?
La forza del processo, sapendo che dovremo superare una feroce opposizione, risiede nella nostra capacità di anticipazione politica e nella lunga esperienza di organizzazione e lorra dimostrata dalla nostra base militante.
- E quali sono le sue tappe? Quali avvenimenti dovrebbero marcare il suo immediato o futuro sviluppo?
Capisco che il primo grande obiettivo del processo in moto, come è raccolto nell'Accordo di Guernika, è generare le condizioni sufficienti affinché possa svilupparsi e raggiungere stadi di sviluppo superiori in futuro. In qualunque caso, gli eventi che possiamo e dovremmo aspettarci, detto in sintesi, dovrebbero essere: l'assunzione da parte dell'ETA dei contenuti della Dichiarazione di Bruxelles e dell'Accordo di Guernika, la legalizzazione del progetto della izquierda abertzale e la disattivazione delle misure d'eccezione che si applicano al Collettivo dei Prigionieri e all'insieme della izquierda abertzale. Questo sì, questo scenario di normalizzazione politica deve essere spinto dalla società basca, con la mobilitazione e l'interpellanza al Governo per le sue politiche attuali. Senza attivare la somma delle forze, gli impegni e la lotta democratica, non otterremo il nostro obiettivo di conquistare un nuovo scenario politico.
- E' necessaria una sigla legale? A che prezzo? Come valuta l'iniziativa in questo senso presentata il 27 novembre, con quasi 300 militanti che hanno annunciato un documento di base per la creazione di un nuovo progetto politico e organizzativo? E che questo nuovo progetto politico della izquierda abertzale rispetterà la Legge dei Partiti ha suscitato non poche reazioni…
Appoggio totalmente e senza condizioni l'iniziativa adottata per la creazione di una nuova formazione politica e mi congratulo pubblicamente con i suoi promotori. Sulla necessità di disporre o meno di una sigla legale, io farei la domanda in questi termini: per fare fronte con efficacia alle sfide che abbiamo citato, dobbiamo trovarci in parità di condizioni con le altre formazioni politiche? Dobbiamo dotarci di strumenti organizzativi che ci permettano inquadrare i settori più consapevoli e combattivi del popolo lavoratore? Abbiamo bisogno di essere presenti nella lotta istituzionale? E nello sviluppo della lotta delle masse? E la risposta è sì, senza dubbio.
In quanto al prezzo, le dirò due cose: il prezzo, per esempio, di accettare la Legge dei Partiti, è insignificante se lo paragoniamo al prezzo che pagherebbe il nostro popolo se non ci troviamo nelle migliori condizioni per avanzare nel processo di liberazione nazionale. E in secondo luogo, c'è un unico prezzo che non pagheremmo mai: rinunciare alla lotta per conquistare una Euskal Herria indipendente e socialista.
- Questo PNV (il partito nazionalista basco NdRSO) è un compagno del processo o un ostacolo?
Il processo che abbiamo messo in moto deve servire anche per un definitivo chiarimento strategico in Euskal Herria. Quelli che aspiriamo a creare uno Stato facciamo una scommessa di somme. Il signor Urkullu (il leader del PNV NdRSO) mente quando dice di non essere stato invitato a formar parte di questa alleanza o dell'Accordo di Guernika:se il PNV non c'è è perché ha deciso di non starci. E lo ha deciso perché crede di avere ancora margini per sviluppare una politica "sovranista di pellegrinaggio" da una parte,mentre mantiene una ferrea alleanza con il PSOE (o se fosse il caso con il PP), rendendosi corresponsabile della brutale politica di tagli sociali del Governo spagnolo e agendo come se fosse un portavoce del Ministero degli Interni sulle valutazioni delle posizioni della izquierda abertzale. Oggi l'EBB ha deciso di tornare a cercare l'accordo, la collaborazione con lo Stato, nel confronto democratico che si è aperto sui contenuti della seconda transición.
Questo è lo scenario attuale, ma le posizioni non sono immutabili, la loro evoluzione dipenderà dalla forza degli indipendentisti. A partire da lì il pronostico è chiaro: manterremo a volte spazi di collaborazione e a volte di confronto. Per questo la izquierda abertzale sarà sempre disponibile a spazi di collaborazione e incontro per costruire tra tutti uno scenario di riconoscimento sociale e rispetto della volontà popolare democratica.
- Tra le altre cose, Zapatero dice che l'evoluzione della izquierda abertzale è il frutto positivo della strategia adottata dal Governo spagnolo nel precedente processo. Cosa gli risponde?
Ho già spiegato dove dobbiamo cercare le ragioni per il nostro cambio di strategia, così non condivido quest'affermazione, salvo se le diamo il senso che effettivamente abbiamo fatto un'autentica e profonda autocritica sulla posizione mantenuta nel processo di dialogo precedente, in cui abbiamo commesso gravissimi errori dai quali abbiamo tratto le pertinenti conclusioni e non li commetteremo mai più.
- Quale ruolo dovrebbe avere il Governo spagnolo nel nuovo processo? Come possono ottenere la izquierda abertzale, o la società basca, che anche lo Stato spagnolo cambi il ciclo?
Lo Stato, che sia chiaro, non ha alcun interesse a cambiare di ciclo, perché capisce che in questo, lui vince e noi baschi perdiamo. Quando lo Stato cambierà il ciclo? Quando attraverso la nostra lotta, l'accumulo di forze e attraverso il confronto democratico si arrivi alla conclusione che non farlo gli suppone più costi che benefici.
- Perché è importante l'appoggio internazionale? Perché crede che i firmatari e sostenitori della Dichiarazione di Bruxelles sono in qualche modo disprezzati sia a Madrid che da alcuni partiti in Euskal Herria?
La presenza di osservatori internazionali ci permette di portare il confronto di idee e di proposte ad uno scenario e uno spazio in cui le nostre posizioni sono infinitamente più potenti di quelle dello Stato, semplicemente perché, oltre ad essere ragionevoli, sono scrupolosamente democratiche. Pertanto il disprezzo che manifestano alcuni settori rispetto alla loro presenza è direttamente proporzionale alla loro debolezza politica.
- Quale crede sia il ruolo del prigionieri politici in questo processo democratico?
Il Collettivo dei Prigionieri Politici è un agente impegnato nel processo democratico. Gli agenti politici, sociali, sindacali, dovrebbero aprire canali ufficiali di comunicazione con i loro interlocutori ufficiali. Questo permetterebbe, dal mio punto di vista, raggiungere accordi che renderebbero possibile materializzare i nostri impegni. E' un suggerimento che voglio fargli arrivare.
- Come e quando si dovrà affrontare la questione dei prigionieri nel processo?
La libertà dell'insieme dei prigionieri politici deve essere affrontata all'inizio del processo di dialogo e di negoziato, come ambito autonomo dal negoziato tra ETA e lo Stato, senza aspettare accordi politici di carattere risolutivo.
- In sintesi, lei è ottimista sulla capacità della izquierda abertzale di provocare un cambio definitivo dello scenario?
Nonostante quello che dice il detto, mi considero un ottimista ben informato. Questo ottimismo non significa non essere cosciente delle enormi difficoltà e ostacoli che dovremo superare; per questo voglio avvertire tutti i settori che, con onestà e buona volontà, continuano a credere che, quale sia l'impegno adottato dall'ETA, ci sarà automaticamente una modifica sostanziale della strategia dello Stato, che l'equazione non sarà così lineare. Anche se evidentemente lo Stato dovrà assumere una gestione politica per costruire uno scenario di soluzioni definitive. Il processo di soluzioni è un processo che dovrà essere proprietà di tutti e tutti dobbiamo essere compartecipi. Questo sì, sarà la società basca l'unico garante e protagonista reale per portare tutto questo a buon termine. Lo ripeto, senza organizzazione, somma e lotta nel confronto democratico, non raggiungeremo neanche il più ragionevole dei nostri obiettivi.