martedì 11 gennaio 2011

Dopo la tregua: il problema dell'ETA è la società basca, stanca di terrorismo

"E' una buona notizia, ma non è la notizia che aspettavamo" ha detto ieri il Ministro degli Interni Alfredo Pérez Rubalcaba nella prima reazione ufficiale del Governo di Madrid all'annuncio della nuova tregua dell'ETA. C'è soprattutto un diffuso scetticismo davanti al comunicato dei terroristi baschi: non ci crede il Governo di Zapatero, la cui fiducia nella tregua precedente è stata tradita con l'attentato del 30 dicembre 2006 alla T4 dell'aeroporto di Madrid, non ci crede il PP, che della sua intransigenza contro l'ETA ha fatto una bandiera, non ci crede Vitoria, forte dell'alleanza PSOE-PP che sostiene il lehendakari Patxi López e che libera il governo basco da ogni timore di essere scavalcato dall'ETA nella battaglia indipendentista. Soprattutto al sentire le reazioni delle persone intorno, non ci credono i cittadini comuni. "L'ETA deve sapere che la nostra maggiore preoccupazione in questo momento è la disoccupazione, non il futuro dei Paesi Baschi", "Non hanno detto l'unica cosa che vogliamo sentir dire: che hanno deciso di sparire", "L'unico negoziato possibile, dopo che hanno chiesto scusa e si sono dissolti, è per il reinserimento dei terroristi", si legge nei forum. Non una parola di ottimismo e d'incoraggiamento all'ETA né alla izquierda abetxale, che non è ancora riuscita a spezzare i legami con i terroristi.
Di tutte le reazioni di oggi, la più interessante, per ovvie ragioni, è quella della società basca, per questo riporto uno dei tanti editoriali usciti oggi sul quotidiano basco El correo. E' scettico già dal titolo: Tanto tempo per così poco. In spagnolo potete leggerlo qui

L'ETA sembra non rendersi conto che nella società basca il tempo passa e che con il passare del tempo la sua situazione si fa sempre più insostenibile. Quello che forse valeva qualche anno fa, adesso è obsoleto. L'ETA e Batasuna, e il resto del polo sovranista, possono continuare con il gioco su chi comanda in questo gruppo, su fino a che punto Batasuna e il polo sovranista sono autonomi rispetto all'ETA. Però questa vuole continuare a cercare di marcare i tempi e anche i contenuti. E' già troppo tardi.
In questi ultimi mesi, lo spettacolo di Batasuna e il suo intorno è stato, e continua ad essere, patetico. L'unica cosa che è chiara è che sono incapaci di condannare la storia di terrore dell'ETA, che non si vedono con la forza per rompere le catene con l'ETA. E che, invece di fare questo, hanno chiesto che l'ETA gli faciliti il lavoro proclamando la tregua. Glielo hanno chiesto in ginocchio, l'hanno implorata, hanno annunciato infinità di volte che stava per arrivare. E l'ETA li ha fatti aspettare, li ha disperati con il suo ritardo, che può essere dovuto ai conflitti interni, ma mette anche in chiaro la volontà di non farsi condizionare e, anzi, di condizionare quello che chiamano, all'unisono, il processo. L'ETA li ha fatti soffrire.
E anche se adesso probabilmente uniranno tutti le loro voci per esigere allo Stato che compia un passo, che faccia qualcosa, che faciliti il processo, che risponda al passo compiuto dall'ETA, nel fondo staranno analizzando perché l'ETA non ha usato i termini che avevano preparato, loro, gli strateghi di Batasuna, e i mediatori internazionali, e quelli che si erano uniti nel polo sovranista. Perché l'ETA, che di stupida ha il giusto, cioè molto poco, ha cambiato un termine fondamentale: la tregua che annuncia, oltre ad essere permanente e sottomessa a una verifica internazionale, è di carattere generale, ma non unilaterale, come volevano Bruxelles e Guernika. Ed è un cambio che rovina tutta la giocata.
Perché sostituendo il termine unilaterale per dire che la tregua è di carattere generale, quello che fa è condizionare il contenuto di tutto il documento. Con questo cambio, in definitiva, la tregua che proclama l'ETA è condizionata dal fatto che si compiano i suoi obiettivi, che si metta in moto il processo democratico e che il processo di pace conduca dove deve condurre, che il risultato siano la territorialità e l'autodeterminazione, il riconoscimento della Euskal Herria che loro sognano.
L'ETA proclama in quest'ultimo documento una tregua, ma la sua sparizione, il mantenimento della tregua, sono condizionati dal fatto che le si paghi il prezzo politico di garantire che il suo sogno diventerà realtà. Siamo insomma, davanti allo stesso di sempre: pace per conseguire gli obiettivi politici, pace a cambio di un prezzo politico. Cosa che è sempre stata inaccettabile, adesso lo è ancora di più, vista la situazione dell'ETA e la situazione di Batasuna.
Tenendo conto che la tregua si fa condizionata all'ottenimento del raggiungimento di questo progetto politico dell'ETA, e non conviene dimenticare che il raggiungimento di questo progetto politico è stato la ragione per assassinare oltre 800 persone, e, considerando che ciò che la società basca e l'insieme della società spagnola si aspettavano era l'annuncio della dissoluzione dell'ETA, il resto delle cose dette dal documento sono anch'esse patetiche.
E' patetica la visione unilaterale, escludente e mutilatrice che fa intravedere questo documento.
Parlano della richiesta di una moltitudine di agenti politici e sociali di Euskadi, come se la maggior parte della società non le stesse chiedendo, esigendo, detto meglio, che lascino stare, che spariscano, che non condizionino niente. Parlano di processo democratico, di raggiungere un minimo standard democratico, di soluzione definitiva del conflitto, di territorialità e autodeterminazione, della volontà del popolo come riferimento.
Però la società basca ha parlato, ha preso decisioni, ha manifestato, ha vissuto la democrazia, si è immersa in un processo democratico oltre trent'anni fa. E l'unica che sembra che non si sia resa conto, che non abbia preso nota, che non abbia percepito questo esercizio di democrazia, è stata l'ETA, e tutti i subalterni del suo intorno che le seguono il gioco. Il problema per l'ETA non è lo Stato spagnolo né il francese né quello che chiama repressione, che non è altro che il perseguimento di un reato e la difesa della libertà dei cittadini, primo dovere di qualunque Stato di diritto. No. Il problema dell'ETA è la stessa società basca, il suo esercizio permanente della democrazia, il pluralismo strutturale che la caratterizza, la sua resistenza a farsi mutilare dalla visione unilaterale ed escludente dell'ETA.
Il problema dell'ETA sono i suoi assassinii, perché in ognuno di essi è rimasto scritto a sangue e fuoco, letteralmente, l'impossibilità che il suo progetto politico possa essere il futuro della società basca, perché questo significherebbe dare continuità agli effetti dei suoi assassinii. E questo è impossibile.
Davanti a questa impossibilità sono sterili i giochi di parole dell'ETA nei suoi comunicati, sono sterili i giochi tra l'ETA e Batasuna. Forse non tanto come alcuni vorremmo, con la trasparenza e la crudezza che bisognerebbe desiderare, ma la società basca ha dato le spalle a una storia di terrore senza senso né alcuna giustificazione.
Le parole dell'ETA avranno qualche senso per i cittadini baschi quando facciano intravedere che hanno captato i cambi che si sono prodotti nella società basca e facciano percepire che si sono resi conto che la realtà della società basca è molto più complessa e plurale di quello che c'è nei loro sogni. Accettare questo minimo di democrazia dovrebbe essere il punto di partenza perché tutto quello che è stato sottomesso al terrore dell'ETA passi ad essere accettabile in democrazia, oltre a condannare questa storia di terrore.
Non siamo più disponibile ai giochi. Siamo stanchi di queste scaramucce tra l'ETA e Batasuna. Che si risolvano i loro problemi tra di loro. Quello che i cittadini baschi reclamano loro è la libertà di essere baschi come vogliamo o possiamo.