lunedì 7 marzo 2011

Ispansi non è solo un altro film sulla Guerra Civile spagnola

Ispansi non è un altro film sulla Guerra Civile, una delle grandi ossessioni del cinema spagnolo. Che sia un qualcosa di diverso lo dimostra un bell'articolo di El Mundo, che ha visto il film di Carlos Iglesias con Ramón Fernández, un niño de la guerra, un bambino della guerra, mandato in Russia allo scoppio della Guerra Civile, insieme a migliaia di altri bambini di famiglia repubblicana, per salvarli dalla violenza e dalla crudeltà belliche. Sono le sue parole che fanno capire come Ispansi, una storia che racconta la vicinanza e la fratellanza delle due Spagne, la cattolica e la repubblicana, nemiche in patria e solidali in Russia, per salvare un gruppo di niños de la guerra dall'assedio nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale.
A Ramón, che ha poco più di 80 anni ed è nato nelle Asturie, il film è piaciuto molto: "Mi sembra che pone le questioni in un modo che mi piace, anche se ci sono alcuni dettagli che non mi sembrano reali". Ramón, che si imbarcò per la Russia su una nave francese diretta a San Pietroburgo (allora Leningrado), in compagnia di sua madre e delle due sorelle maggiori, ricorda che il ricevimento nell'Unione Sovietica fu "apoteosico. Eravamo "i bambini dell'eroico popolo spagnolo". Era estate e ci organizzarono una manifestazione di benvenuto impressionante, con le bande musicali e moltissima gente".
Negli anni dell'infanzia in Russia non gli è mancato niente e i suoi ricordi sono ottimi: "I primi anni a Mosca, prima della Guerra Mondiale, furono felici per noi. I russi ci curavano molto, avevamo cibo, vestiti nuovi tutti gli anni, d'estate e d'inverno, buoni letti, giocattoli… In Spagna avevo solo un paio di giocattoli e i russi, subito dopo essere saliti sulla nave, ci fecerro scegliere due giocattoli a testa, uno grande e uno piccolo. Io scelsi un fucile e una macchinina di corda, che ho conservato fino alla fine degli studi. Avevamo ache sci e pattini e la prima estate ci hano portato in vacanza in Crimea".
Le critiche che Ramón muove sono più al PCE che al PCUS: mentre si viveva in Russia il primo appariva più censore, il secondo più paterno e la violenza dello stalinismo era lontana e sconosciuta al piccolo mondo cristallizzato e spagnolo: "Vivevamo in un mondo chiuso, in cui avevamo rapporti solo con gli spagnoli. C'erano funzionari sovietici, ma non bambini, e i funzionari erano seri, ma affettuosi con noi. Da bambini non abbiamo mai percepito la crudeltà dello stalinismo, siamo cresciuti convinti che Stalin era un grande uomo. Le censure, se venivano da qualcuno, venivano di più dal PCE che dal PCUS. Quando si iniziò a pensare che potevamo tornare nella Spagna di Franco, il PCE lo bloccò. Se poi i comunisti spagnoli ricevevano ordini da Mosca, io non lo so..".
Dell'infanzia in Russia Ramón ha bellissimi ricordi, anche quando la Guerra costringe i Russi a spostare gli spagnoli nella zona del Volga; se muove un appunto al film è nel racconto del trasferimento da Mosca verso Est: "Lo racconta come se fosse stato un caos, in realtà i russi ebbero sempre tutto sotto controllo".
I ricordi diventano meno belli quando Ramón, superata l'adolescenza, entra nel mondo reale e scopre che il comunismo non è così ideale come sembrava nel mondo chiuso e privilegiato in cui era cresciuto: diventato perito meccanico, aveva uno stipendio da 200 rubli "che non bastava per niente" e per vivere e racimolare qualche altro soldo andava di notte a scaricare patate.
Dopo la Rivoluzione Cubana è emigrato con moglie russa e figlio a Cuba e lì il desencanto è stato totale: "La Isla mi ha aperto gli occhi definitivamente. A Cuba c'era moltissimo entusiasmo, la gente aveva un'enorme voglia di lavorare, ma poi, al vedere che avevano lo stesso cattivo trattamento i lavoratori e i pigri, tutto è iniziato a decadere. Tornavo in Russia tutte le estati e vedevo che succedeva lo stesso. Lì c'è stato il desencanto per il comunismo… ma sia chiaro che non mi piace neanche il capitalismo".
Convinto che sarebbe rimasto lontano dalla patria per poco tempo, Ramón è tornato in Spagna nel 1971, quattro anni prima della morte di Francisco Franco. E anche in questo caso, come già in 1 franco, 14 pesetas, il primo film di Carlos Iglesias, il ritorno a casa dell'emigrante è stato meno idilliaco dell'immaginato. "Sa cosa mi è piaciuto molto del film? Il ritorno della protagonista in Spagna, quando la vogliono trattare come un'appestata e lei dice: "Sono tanto spagnola come te e ho lo stesso diritto che hai tu di vivere in Spagna". Perché io ho vissuto qualcosa di simile. La gente è stata encantadora con me, ma i poliziotti mi hanno riempito di domande. Un interrogatorio e un altro, un altro… avevano un rapporto su di me enorme. Quando ho cercato di convalidare il mio titolo di ingegnere mi hanno chiesto di rivedere tutti i miei studi. Per anni ho potuto lavorare, ma senza poter firmare i progetti…"
Qualche anno dopo il suo ritorno in patria, Ramón è stato raggiunto dal figlio, dalla nuora russa e dalla nipotina, che vivono adesso a Madrid. Vedete perché Ispansi non è il solito film sulla Guerra Civile spagnola?