sabato 30 aprile 2011

Con No tengas miedo Michelle Jenner dimentica Sara e pensa ai Premi Goya

Gli spagnoli l'hanno vista e amata per anni nei panni della lolita adolescente, sorridente e innocente, che innamorava un uomo di 15 anni più grande, ma Michelle Jenner ha lasciato i panni di Sara Miranda, de Los hombres de Paco, da ormai un paio di anni. Di tutti gli interpreti lanciati dal fortunato serial è stata quella che ha faticato di più a trovare un altro ruolo e altre storie, forse perché il successo l'ha colta nel delicato passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Ma adesso c'è già chi la pronostica candidata al Premio Goya 2012. E sarebbe l'unica dei giovani attori lanciati da Los hombres de Paco ad arrivare a tanto.
In questi giorni esce in Spagna No tengas miedo, un film duro, scritto e diretto dal regista navarro Montxo Armendáriz e dedicato agli abusi sessuali subiti dai bambini in famiglia. Michelle interpreta Silvia, la protagonista, che deve fare i conti con gli abusi paterni di cui è stata vittima da bambina nella sua vita di giovane adulta. Per la bella attrice catalana, appena 25enne, è il primo ruolo da protagonista ed è completamente diverso da tutti quelli interpretati in passato, che hanno giocato, più o meno chiaramente, con l'immagine fresca e un po' sfacciata di Sara (nel suo primo film sul grande schermo, il demenziale Spanish Movie, Michelle interpretava una sorta di delizioso Campanellino, svolazzante e sorridente).
Per prepararsi a questo ruolo ha lavorato per vari mesi con alcune vittime di abusi sessuali familiari. "Tutti avevano in comune un senso di fragilità, colpevolezza, paura e, allo stesso tempo, forza" ricorda Michelle. Anche Silvia condivide questa fragilità e, allo stesso tempo, il desiderio di lavorare sulle sue paure per essere finalmente una donna libera. Costruire questo personaggio non è stato facile per lei: "Mi ha aiutato Montxo, abbiamo parlato moltissimo, delineando piano piano il personaggio".
Il risultato è un film in cui il dialogo è ridotto all'essenziale e i sentimenti sono affidati agli sguardi, ai silenzi e alle espressioni degli attori. Per Michelle è la sfida più importante della sua carriera, il divorzio definitivo dall'immagine di Sara Miranda e dell'adolescente fresca e spensierata. Ed è anche una scelta che parla della caparbietà con cui prende e vuole che prendano sul serio la sua carriera: in genere le attrici che vogliono lasciare i ruoli da ragazzina e dimostrare che sono adulte, scelgono invariabilmente parti sensuali in cui spogliarsi davanti alla macchina da presa, per scene hard che i media si incaricano di enfatizzare. Michelle no. Ha scelto un film che parla di abusi sessuali in famiglia e in cui non si vede una sola scena che potrebbe causare morbosità. Un bene per la bella Michelle, che continua così a proteggere la sua carriera, dimostrando la sua versatilità, dalla commedia all'ultimo tabù di Spagna, ma anche per Lluis Homar, l'attore che in Italia si è visto in Los abrazos rotos di Pedro Almodovar e che mezza Spagna ha imparato a temere in Hispania, in cui interpreta il crudele generale romano Galba. "Nel film non si vede niente di scabroso, tutto è suggerito. A volte è peggio per lo spettatore, più duro, ma a me ha evitato scene terribili. Mi limitavo solo a essere encantador e meraviglioso" spiega ai media.
Homar interpreta il padre di Silvia, l'uomo che abusa della sua fiducia per oltraggiarla tutte le notti e minare la sua sicurezza. "Ho preparato il personaggio con i libri che mi ha passato Montxo. Ho parlato con psicologi e con Montxo. I personaggi estremi sono una sfida ulteriore, perché bisogna capire quello che fanno. Come uno psicologo, che al primo contatto non condanna, l'attore deve cercare di capire il suo personaggio. Se lo condanni, difficilmente lo potrai interpretare".
Anche Belén Rueda, che interpreta la madre di Silvia, una donna che vede e che sa e che finge di non vedere e di non sapere, preferisce non giudicare il suo personaggio. Per lei è stato difficile crearlo perché ha un ruolo di secondo piano e perché il film usa più i silenzi delle parole: "In poche sequenze bisogna definire la relazione della madre con la figlia, a partire da cose molto piccole. Abbiamo lavorato con gli psicologi, con Silvia lei si comporta come se fosse un'adulta, invece di cercare di mettersi al posto della bambina, come se non volesse sapere cosa succede. La sua è come la storia di un'assenza, abbiamo costruito il personaggio a partire da questa sua incapacità di comunicare. Ed è un'incapacità scelta per non affrontare il dolore. Gli psicologi mi dicevano che sono persone che congelano i sentimenti".
Sia Homar che Rueda sono convinti della necessità di un cinema militante come questo proposto da Armendáriz, che parli dei problemi e dei tabù che la società si nasconde. "Non sono assolutamente pentito di aver interpretato questo personaggio, Montxo ha lavorato due anni a questo film, mi ha parlato della vocazione di servizio, della necessità di portare alla luce situazioni che non si vedono, di aiutare persone condizionate per tutta la vita... Il messaggio è positivo: qualcosa si può fare e si deve scommettere sulla vita" dice Lluis Homar, che ha sulle proprie spalle il personaggio più negativo del film. "Gli abusi familiari ai bambini sono un grande tabù per due ragioni: per il sesso, che è sempre un tabù molto forte e perché succede in famiglia. Se porti alla luce questo problema, fai un danno alle persone che ami. E' una contraddizione brutale, che fa sì che le vittime crescano con il senso di colpa, con una sensazione di insicurezza e solitudine. Non appena denunci il problema, la società, il tuo stesso intorno, ti guardano in modo diverso e questo è quello che non vogliono le vittime" dice Belén Rueda.
El Mundo parla del film con il regista, presentato un po' come l'ultimo grande idealista del cinema spagnolo. Uno che non si arrende ancora alle logiche di mercato e al demenziale perché "il cinema, per come lo intendo io, deve stare necessariamente nella società che lo genera". Il suo modello, in qualche modo, sono Rossellini e il neorealismo italiano, di cui si è nutrito quando ha iniziato a innamorarsi del cinema, "e in questo consiste il mio mestiere, per come lo intendo io, ricreare e dare un senso alla realtà in cui viviamo". L'articolo offre la sua recensione (positiva) del film, ha belle parole per l'interpretazione "pulita, intensa e dura" di Michelle Jenner, accompagna la presentazione del film al ritratto di un regista tempestoso e appassionato, che non ha mai rinunciato alla sua vocazione. Finisce con queste parole: "Sia come sia, rimane qui No tengas miedo, un film uscito dalla capigliatura scompligliata di un regista con voglia di scompigliare; un film che commuove, fa male e denuncia. E indigna. E questo è il punto".
I Goya sono ancora lontani, ma Michelle Jenner e No tengas miedo lanciano la loro candidatura.