martedì 12 aprile 2011

Lungo la passerella del Guadalquivir, nel Giardino Americano di Siviglia

Un sabato mattina di primavera avanzata, ma non ancora immersa nella Semana Santa. Siviglia dorme ancora, lungo il Guadalquivir ci sono soprattutto coppie mature, pensionati e turisti (in larga parte francesi e, ovviamente, italiani). Il lungofiume, sul lato di Siviglia (l'altro lato è Triana, non si confonda!), è uno di quei posti capaci di cambiarti l'umore e di rimetterti in pace con il mondo: il fiume scorre lento, i bassi edifici della calle Betis, sul lato di Triana, infondono armonia, i rari canoisti che muovono il Guadalquivir suscitano allegria, i rumori di Siviglia sono il rapido passare di una bicicletta, il suono di lingue diverse nei passanti, i remi che entrano ritmicamente nell'acqua. Nessun clackon, nessun rombo di motore, nessuno strepito incontrollato: non è un incanto?
Nei pressi della Torre dell'Oro il lungofiume scorre quasi al livello dell'acqua, superato il Puente de Triana, si infila in un giardino occupato da studenti di tutte le nazionalità nei pomeriggi di sole, e diventa quindi il Paseo Juan Carlos I, con le sue canne a filo d'acqua, i pescatori che aspettano pazienti e, purtroppo, i cani, con i loro maleducati padroni, che non usano guinzaglio e museruola (la perfezione non è di questo mondo, c'è poco da fare).
E' seguendo il Paseo che si arriva all'Isla de la Cartuja, posta sull'altro lato del fiume e riscoperta da Siviglia grazie all'Expo92. Tempo fa la città ha deciso di recuperare parte del patrimonio lasciatole dall'Esposizione Universale e ha rilanciato, dopo anni d'incuria e abbandono, il Giardino Americano, uno dei gioielli della Expo: conserva circa 400 specie di piante originarie del continente americano in uno spazio di 2 ettari. Al Jardín si arriva attraversando l'antica passerella pedonale, adesso diventata, purtroppo, un ponte aperto al traffico automobilistico, che unisce Siviglia all'ex Monastero della Cartuja. Ci si infila sulla sinistra, appena superato il ponte, e si entra in questa meraviglia della natura, sulla riva del Guadalquivir. E' un bosco di piante di ogni specie, palme e agrumi, acacie e salici, frassini e oleandi, tutte regolarmente descritte, con il nome delle famiglie e dei luoghi di provenienza, nelle targhette che li accompagnano. Per un addetto ai lavori è una miniera, per i profani una delizia di ombre e paesaggi, che si aprono sul Guadalquivir o sui due laghetti interni, alimentati dalle acque del fiume. Ci sono panchine regolarmente occupate da lettori che si godono il tepore e il sole di primavera, piste ciclabili frequentate da famiglie e da turisti, itinerari seguiti da amanti dello jogging e delle passeggiate.
C'è anche una passerella di legno sul Guadalquivir, a filo dell'acqua e a qualche metro di distanza dalla riva. E' lunga 400 metri, consente di sentire tutte le vibrazioni che arrivano dal fiume e di ammirare la Siviglia moderna di calle Torneo, sull'altro lato, da una prospettiva insolita. Da sola vale una mattinata alla Expo. Passano quasi accanto i canoisti instancabili che seguono il corso del fiume, avanti e indietro, arrivano attutiti dalla distanza i suoni dei primi clackson e dei primi motori, in un'atmosfera di placida tranquillità, che non perde il suo encanto, anche se la città si sta svegliando. Due turisti francesi fotografano il Jardin Americano dalla passerella e viene voglia di imitarli, mentre passano un nonno e un nipotino in bicicletta. Un pensionato mi vede armeggiare con la macchina fotografica e si ferma a poca distanza. Poi si sta così bene che viene voglia di stare così, fermi, a godersi tanta natura. Lui, quasi leggesse nel pensiero dice, Que paz, hija! E sì, bisogna dargli ragione, se la pace esiste, è questo angolo di Siviglia, con il suono del grande fiume di sottofondo, la spettacolare natura americana davanti e il sorriso di un signore sivigliano che ha voglia di farsi due chiacchiere con una straniera innamorata della sua città.