Ieri sera ha debuttato su Canal 7, la tv pubblica argentina, Tiempo de pensar, una serie de unitarios (una serie a episodi più che a puntate), che ha come protagonista una donna di più o meno 40 anni con il padre malato di Alzheimer e una figlia adolescente incinta. Tempo per pensare, dice il titolo della serie e, in effetti, davanti a una simile situazione, c'è da dover riflettere profondamente per poter fare le scelte migliori. Per 13 puntate la nuova fiction proporrà temi importanti, in cui si possono riconoscere milioni di donne che hanno superato i 40 anni, sono spesso capofamiglia e hanno figli adolescenti e padri anziani da gestire: la discriminazione di genere, l'adozione, il divorzio, il posto degli anziani, la chirurgia estetica, l'amore, la difficoltà di concepire un figlio..
L'attrice protagonista è Andrea del Boca, che in Italia i cultori delle telenovelas ricorderanno da bambina, interprete di telenovelas strappalacrime tipo Andrea Celeste o I cento giorni di Andrea, e da adulta di telenovelas brillanti e spesso surreali tipo Antonella, Celeste o Perla nera (per citare le prime, tra le numerosissime trasmesse in Italia, che vengono in mente). 46enne, l'attrice torna in tv dopo alcuni anni di assenza, passati tra vicende private e progetti che non la convincevano o non convincevano il pubblico. In Tiempo de pensar Andrea sembra credere molto, dato che è anche produttrice e partecipa con suggerimenti alla sceneggiatura. Nelle interviste confessa che, tra mille ruoli nella produzione della fiction a lei tempo di pensare ne resta poco e, oltre al suo lavoro, difende anche il suo nuovo impegno politico, accanto alla presidente Cristina Fernández de Kirchner.
Tra le interviste rilasciate per lanciare Tiempo de pensar, c'è questa, pubblicata da lanacion.com.ar. Lei difende il suo diritto, come persona, di lottare per le sue idee politiche, senza che queste influenzino le sue opportunità di lavoro; un diritto incontestabile, ma, al leggere i commenti dei lettori, non compreso da tutti.
- Questo progetto non doveva essere una telenovela?
Sì, nella casa produttrice ho il progetto di una telenovela, ma in questo caso non c'erano i tempi giusti. Ero nel piento del tour di Eva y Victoria, a teatro. I tempi di una telenovela sono diversi da quelli di un unitario, soprattutto durante i mesi in cui dura. Per le necessità di entrambe le parti, abbiamo aggiustato le cose ed è nato questo progetto. Da una parte io avevo voglia di fare qualcosa per la tv pubblica, e loro volevano fare fiction, con l'idea di Tristán Bauer di creare qualcosa che avesse possibilità di posizionarsi all'estero, per mostrare il nostro Paese come società. E' qualcosa di buono, per recuperare un posto che si è perso negli ultimi anni. Quello che si vende ultimamente all'estero sono i format, i libri. Con questi fanno versioni dei nostri programmi in cui non si vedono i nostri attori, i nostri paesaggi, le nostre idiosincrasie. Ma è bene che il contributo della tv all'esportazione culturale sia con programmi fatti nel Paese. Questo lo sanno bene in Messico o in Brasile, dove si dà molta importanza alla cosa. Questa idea è stata un fattore molto importante al momento di vendere il progetto alla tv pubblica e non a un canale privato.
- E la questione emotiva del tuo ritorno a Canal 7
In realtà, praticamente non sono tornata al canale. Questo programma lo facciamo dalla mia casa di produzione e lo vendiamo al canale. La cosa affettiva è tornare sullo schermo del canale, che ha molto a che vedere con la mia storia. Mio padre ha iniziato lì. Tra i suoi 60 anni di lavoro e i miei 42 mettiamo insieme 102 anni di tv. Lì è anche dove ha conosciuto mia madre. Io ho lavorato molto nel 7 con telenovelas e unitarios. Programmi che hanno segnato non solo la mia carriera, ma la storia dell'industria. Questo ha anche influito nella decisione di stare nella tv pubblica
- La tua uscita da Pol-ka (la più potente casa di produzione di entertainment dell'Argentina NdRSO) è stata in buoni termini?
Dal punto di vista contrattuale sì. Ho finito il mio contratto e stop
- Si è detto che la tua esposizione politica negli ultimi tempi ha danneggiato la relazione
Non dal punto di vista contrattuale
- E il rapporto quotidiano?
E' diventato un po' freddo. Mi sarebbe piaciuto non si fossero mescolate le cose. Come esseri umani possiamo non essere d'accordo, ma questo non deve per forza generare un allontanamento. Oltre al fatto che come impresa non deve aver apprezzato il mio allineamento politico, ma la mia posizione politica non dovrebbe aver influito, perché io sono stata contrattata come artista. Come persona ho il diritto di difendere le mie idee, purché non interferiscano con il mio lavoro, cosa che non è successa. Ma la cosa che mi dispiace di tutto questo è che non so fino a che punto ne ha risentito il mio rapporto con Adrián Suar (uno dei fondatori di Pol-ka NdRSO), che conosco e di cui sono amica da anni
- Cosa ha fatto sì che prendessi una posizione politica così chiara, come mai prima?
In altri momenti non ho mai sentito la necessità di dare un contributo come cittadina al mio Paese. Il mio contributo era inserire temi sociali nelle fiction a cui partecipavo. Ma in un momento particolare, quello della risoluzione 125, ho sentito che c'era un'aggressione concreta contro la Presidente, contro la sua investitura, una mancanza di rispetto delle istituzioni. In quel momento ho sentito che non volevo tornassero a succederci cose che c'erano già successe. La verità che quello che abbiamo vissuto nel 2001 è stato molto duro, è stato l'inferno e molti abbiamo lasciato che passasse. Noi che abbiamo circa 40 anni e qualcosa di più siamo stati molto segnati dal "non ti intromettere". Ma nel momento della 125, il conflitto con la campagna, sentivo che quello che si discuteva, come dopo è successo con la legge dei media, aveva a che vedere con int4ressi molto potenti e non si pensava che le misure che prendeva il Governo con il tempo avrebbero beneficiato molte persone, invece che poche. Ne 2008 ho visto che c'era un processo di cui sentivo il bisogno di essere parte. Dopo ho messo le cose al loro posto, ma in quel momento avevo la sensazione che se lasciavamo succedere le cose senza farci coinvolgere, potevano succedere di nuovo cose che non vogliamo succedano di nuovo.
- Da allora si ti vede in prima fila, ad appoggiare la Presidente
Sento una grande ammirazione per lei. Per la sua figura che, forse per la sua condizione di genere, ha saputo far fronte a certi temporali con un coraggio ammirevole. Ci sono certe misure che si sono prese che le riconoscono non solo in Argentina, ma sono apprezzate a livello internazionale. Il modo in cui il Paese ha superato la crisi mondiale del 2009 non è poca cosa. Con quello che si sta facendo, c'è ancora moltissimo da fare, ovviamente, ma bisogna vedere da dove veniamo, no? Io non dimentico il 2001, quando uscivamo a girare El sodero de mi vida e ci accompagnava la sicurezza armata perché eravamo sull'orlo della guerra civile. Mi entusiasma essere parte di un processo, che è un cardine della storia
- Cosa rispondi a chi dice che il tuo appoggio è per avere vantaggi sul lavoro?
Che è una stupidaggine. Ho 42 anni di carriera alle spalle. Ammiro molte cose della Presidente, ma la mia carriera è iniziata qualche decennio prima che lei arrivasse al governo e io non ho avuto bisogno di appoggiare alcun governo per crescere. E' molto vuoto, quello che dicono
L'attrice protagonista è Andrea del Boca, che in Italia i cultori delle telenovelas ricorderanno da bambina, interprete di telenovelas strappalacrime tipo Andrea Celeste o I cento giorni di Andrea, e da adulta di telenovelas brillanti e spesso surreali tipo Antonella, Celeste o Perla nera (per citare le prime, tra le numerosissime trasmesse in Italia, che vengono in mente). 46enne, l'attrice torna in tv dopo alcuni anni di assenza, passati tra vicende private e progetti che non la convincevano o non convincevano il pubblico. In Tiempo de pensar Andrea sembra credere molto, dato che è anche produttrice e partecipa con suggerimenti alla sceneggiatura. Nelle interviste confessa che, tra mille ruoli nella produzione della fiction a lei tempo di pensare ne resta poco e, oltre al suo lavoro, difende anche il suo nuovo impegno politico, accanto alla presidente Cristina Fernández de Kirchner.
Tra le interviste rilasciate per lanciare Tiempo de pensar, c'è questa, pubblicata da lanacion.com.ar. Lei difende il suo diritto, come persona, di lottare per le sue idee politiche, senza che queste influenzino le sue opportunità di lavoro; un diritto incontestabile, ma, al leggere i commenti dei lettori, non compreso da tutti.
- Questo progetto non doveva essere una telenovela?
Sì, nella casa produttrice ho il progetto di una telenovela, ma in questo caso non c'erano i tempi giusti. Ero nel piento del tour di Eva y Victoria, a teatro. I tempi di una telenovela sono diversi da quelli di un unitario, soprattutto durante i mesi in cui dura. Per le necessità di entrambe le parti, abbiamo aggiustato le cose ed è nato questo progetto. Da una parte io avevo voglia di fare qualcosa per la tv pubblica, e loro volevano fare fiction, con l'idea di Tristán Bauer di creare qualcosa che avesse possibilità di posizionarsi all'estero, per mostrare il nostro Paese come società. E' qualcosa di buono, per recuperare un posto che si è perso negli ultimi anni. Quello che si vende ultimamente all'estero sono i format, i libri. Con questi fanno versioni dei nostri programmi in cui non si vedono i nostri attori, i nostri paesaggi, le nostre idiosincrasie. Ma è bene che il contributo della tv all'esportazione culturale sia con programmi fatti nel Paese. Questo lo sanno bene in Messico o in Brasile, dove si dà molta importanza alla cosa. Questa idea è stata un fattore molto importante al momento di vendere il progetto alla tv pubblica e non a un canale privato.
- E la questione emotiva del tuo ritorno a Canal 7
In realtà, praticamente non sono tornata al canale. Questo programma lo facciamo dalla mia casa di produzione e lo vendiamo al canale. La cosa affettiva è tornare sullo schermo del canale, che ha molto a che vedere con la mia storia. Mio padre ha iniziato lì. Tra i suoi 60 anni di lavoro e i miei 42 mettiamo insieme 102 anni di tv. Lì è anche dove ha conosciuto mia madre. Io ho lavorato molto nel 7 con telenovelas e unitarios. Programmi che hanno segnato non solo la mia carriera, ma la storia dell'industria. Questo ha anche influito nella decisione di stare nella tv pubblica
- La tua uscita da Pol-ka (la più potente casa di produzione di entertainment dell'Argentina NdRSO) è stata in buoni termini?
Dal punto di vista contrattuale sì. Ho finito il mio contratto e stop
- Si è detto che la tua esposizione politica negli ultimi tempi ha danneggiato la relazione
Non dal punto di vista contrattuale
- E il rapporto quotidiano?
E' diventato un po' freddo. Mi sarebbe piaciuto non si fossero mescolate le cose. Come esseri umani possiamo non essere d'accordo, ma questo non deve per forza generare un allontanamento. Oltre al fatto che come impresa non deve aver apprezzato il mio allineamento politico, ma la mia posizione politica non dovrebbe aver influito, perché io sono stata contrattata come artista. Come persona ho il diritto di difendere le mie idee, purché non interferiscano con il mio lavoro, cosa che non è successa. Ma la cosa che mi dispiace di tutto questo è che non so fino a che punto ne ha risentito il mio rapporto con Adrián Suar (uno dei fondatori di Pol-ka NdRSO), che conosco e di cui sono amica da anni
- Cosa ha fatto sì che prendessi una posizione politica così chiara, come mai prima?
In altri momenti non ho mai sentito la necessità di dare un contributo come cittadina al mio Paese. Il mio contributo era inserire temi sociali nelle fiction a cui partecipavo. Ma in un momento particolare, quello della risoluzione 125, ho sentito che c'era un'aggressione concreta contro la Presidente, contro la sua investitura, una mancanza di rispetto delle istituzioni. In quel momento ho sentito che non volevo tornassero a succederci cose che c'erano già successe. La verità che quello che abbiamo vissuto nel 2001 è stato molto duro, è stato l'inferno e molti abbiamo lasciato che passasse. Noi che abbiamo circa 40 anni e qualcosa di più siamo stati molto segnati dal "non ti intromettere". Ma nel momento della 125, il conflitto con la campagna, sentivo che quello che si discuteva, come dopo è successo con la legge dei media, aveva a che vedere con int4ressi molto potenti e non si pensava che le misure che prendeva il Governo con il tempo avrebbero beneficiato molte persone, invece che poche. Ne 2008 ho visto che c'era un processo di cui sentivo il bisogno di essere parte. Dopo ho messo le cose al loro posto, ma in quel momento avevo la sensazione che se lasciavamo succedere le cose senza farci coinvolgere, potevano succedere di nuovo cose che non vogliamo succedano di nuovo.
- Da allora si ti vede in prima fila, ad appoggiare la Presidente
Sento una grande ammirazione per lei. Per la sua figura che, forse per la sua condizione di genere, ha saputo far fronte a certi temporali con un coraggio ammirevole. Ci sono certe misure che si sono prese che le riconoscono non solo in Argentina, ma sono apprezzate a livello internazionale. Il modo in cui il Paese ha superato la crisi mondiale del 2009 non è poca cosa. Con quello che si sta facendo, c'è ancora moltissimo da fare, ovviamente, ma bisogna vedere da dove veniamo, no? Io non dimentico il 2001, quando uscivamo a girare El sodero de mi vida e ci accompagnava la sicurezza armata perché eravamo sull'orlo della guerra civile. Mi entusiasma essere parte di un processo, che è un cardine della storia
- Cosa rispondi a chi dice che il tuo appoggio è per avere vantaggi sul lavoro?
Che è una stupidaggine. Ho 42 anni di carriera alle spalle. Ammiro molte cose della Presidente, ma la mia carriera è iniziata qualche decennio prima che lei arrivasse al governo e io non ho avuto bisogno di appoggiare alcun governo per crescere. E' molto vuoto, quello che dicono