venerdì 25 maggio 2012

Feria del Libro di Madrid: Dante, Leopardi, Quasimodo, tre poeti per lo spirito italiano

Che bello, entrare nel web spagnolo e trovare tanta Italia. Ma Italia de la buena, quella che è maestra di cultura e che è punto di riferimento della storia e del sapere europei. Anche gli spagnoli sanno parlare dell'Italia, senza lo sprezzo abituale e senza gli stereotipi dell'ammirazione ipocrita per il glorioso passato ed è bello leggerli.
Su El Pais, il giornale che più si sta impegnando sulla Feria del Libro di Madrid, di cui l'Italia è Paese ospite, con una copertura in diretta (oggi, alle 11, inaugura le sue iniziative con una chat con Gianni Vattimo), hanno cercato tre poeti per definire lo spirito italiano e li hanno individuati in Dante, Leopardi e Quasimodo. Ci pensate che l'unico davvero italiano, nato dopo l'Unità d'Italia, è Salvatore Quasimodo? Eppure provate a dire che Dante e Leopardi non sono italiani! Ci ho pensato al ricordare una dimenticabile conversazione con uno di quegli spagnoli saccenti, che di tanto in tanto capita purtroppo di incontrare e che non poteva proprio accettare che fosse stato un italiano, Cristoforo Colombo, a dare l'Impero al suo Paese. "L'Italia non esisteva, al massimo era genovese!" arrivò ad esclamare. E la mia prima risposta è stata "Diglielo a Dante, che non era italiano, perché l'Italia non esisteva politicamente!". E' che questo nostro Paese è speciale persino in questo: per secoli non è stato solo un'espressione geografica, ma soprattutto un sentimento.
Da elpais.com, Dante, Leopardi, Quasimodo e lo spirito italiano

Tre poeti italiani che abbiano servito essenzialmente, umanamente, con giustizia, lo spirito essenziale del loro Paese, un'Italia delle Italia, che a sua volta è un solo Paese di riferimento nell'Europa della cultura a cui stiamo gravemente rinunciando? Impresa ardua e, allo stesso tempo, molto facile, perché mi vengono immediatamente in mente i nomi di Dante, Leopardi e Quasimodo.
Anche se nell'opera dei tre vibra il loro Paese attraverso un umanesimo fertile, assoluto, ferente e diviso, l'Italia è sempre dietro i loro versi: il paradigma della Verità e Bellezza nella Vita nova e nella cosmovisione del mondo nella Commedia dantesca. La patria che fa male, (illuminata come ne L'arcipelago di Hölderlin per l'esempio dei grecolatini), nel poema All'Italia, che apre i Canti leopardiani; ma anche meditazione sulla caducità patria e umana sulle pendici del Vesuvio, davanti alle rovine di Pompei, ne La ginestra. Il siciliano, l'isolano, il mediterraneo pieno, che deve affrontare le nebbie milanesi nella poesia di Quasimodo. In lui pulsa l'influenza degli antenati che traduce (Catullo, Virgilio) e sa che nella spiaggia della sua infanzia si sono sgranati i versi di Esquilo, ma soffre in giorni burrascosi la Milano bombardata del Nord.
Nelle opere dei tre, l'essere umano vive ai limiti della coscienza. Dall'esilio, la malformazione fisica, lo sradicamento, provengono il suo dolore e i suoi frutti. Il dolore: il dono e la condanna del poeta. Frutti eccellenti: l'umanesimo, la pura modernità romantica, l'emozionata ansia di libertà. Nei loro libri moriva un'Italia e ne nasceva un'altra. Rinasceva l'Europa della cultura. Siamo ancora davanti a questo esame da superare, in questi giorni di mercati, tagli e crescite economiche. L'esempio di un'Italia dei poeti, come dei pittori o degli architetti, non è superato.