lunedì 7 maggio 2012

L'ex socio di Iñaki Urdangarin mette in scacco la Monarchia spagnola

Se non è scacco matto, poco ci manca. La rottura dei due ex soci Iñaki Urdangarin e Diego Torres e il rifiuto dell'ultimo di essere il capro espiatorio dei guai giudiziari del primo rischiano di compromettere in maniera definitiva l'immagine di re Juan Carlos e della stessa monarchia, se la Casa Reale non prende in mano la situazione.
Su Rotta a Sud Ovest si è già riportato degli avvertimenti lanciati da Torres nelle scorse settimane, quando ha consegnato ai magistrati, che indagano sugli affari dell'Instituto Nóos, una serie di emails che coinvolgono anche re Juan Carlos e l'Infanta Cristina, lasciando intravedere che, quantomeno, erano informati circa le attività di Iñaki Urdangarin. In queste emails Torres e Urdangarin parlano infatti di presunti accordi che il re avrebbe raggiunto, per far avere loro i contatti per fondare una squadra spagnola di vela (poi mai fondata) con cui partecipare alla Coppa America, a Valencia.
Le indiscrezioni vogliono che, poco dopo la consegna delle emails, siano iniziati i contatti tra gli avvocati di Urdangarin e di Torres con i magistrati, per arrivare a un accordo che eviti a entrambi il carcere: i due si dichiarerebbero colpevoli, restituirebbero 3,5 milioni di euro (sui 15 milioni ottenuti dagli enti pubblici) e verrebbero condannati a meno di due anni, in modo da evitare la cella. Accordi di questo genere non sono infrequenti, né in Spagna né altrove, ma la Monarchia è in forte crisi di popolarità, la Spagna è in forte crisi economica e gli spagnoli sembrano poco disposti ad accettare che un membro della Famiglia Reale eviti processo e carcere, che a un cittadino comune sarebbero toccati.
Così i magistrati di Palma di Maiorca, che indagano sull'appropriazione indebita, sulla frode fiscale e la serie di altri reati attribuiti al Duca di Palma e all'ex socio, sono in forte imbarazzo e fanno sapere che al momento non è stato raggiunto alcun accordo e che si limiteranno ad ascoltare le proposte della difesa.
Oggi El Mundo ha rivelato che Diego Torres non ha alcuna intenzione di fermarsi nel tentativo di evitare il carcere e che intende utilizzare tutte le armi a propria disposizione, anche a costo di mettere nei guai la stessa istituzione monarchica. Per tacere e non coinvolgere Juan Carlos e Cristina più del necessario, Torres avrebbe chiesto a Urdangarin 10 milioni di euro, un lavoro fisso e il pagamento delle spese legali che sta sostenendo. "L'avvocato di Torres ha iniziato i negoziati chiedendo 30 milioni. Davanti al rifiuto dell'intorno di Urdangarin di accettare una quantità "irraggiungibile", è sceso di un terzo. Ma reclama anche "un lavoro stabile" per il suo cliente e il pagamento delle spese legali, che stabilisce a un altro milione. Ma vogliono di più che il Duca si faccia carico dei quasi 1,2 milioni di euro di cauzione che dovranno depositare Torres e la moglie" scrive El Mundo. La moglie di Torres, Ana María Tejeiro, è stata responsabile dell'area giuridico-fiscale dell'Instituto Nóos e, a differenza dell'Infanta Cristina, è indagata.
"Anche nel caso Urdangarin, come nella vita in generale, ci sono bassifondi. E in questo mondo sotterraneo chi si sta muovendo con maggiore intensità è Diego Torres" scrive ancora il quotidiano madrileno "Il suo avvocato Manuel González Peeters ha reso note emails che dimostrerebbero che il re e l'Infanta Cristina avrebbero aiutato Iñaki Urdangarin nei suoi affari sotto sospetto e ha avvertito che o si arriva a un accordo con lui o tirerà fuori "gli altri 200" che sono in suo potere e che sono tanto o più espliciti di quelli già noti".
Poche ore dopo la pubblicazione dell'articolo di El Mundo, l'avvocato del Duca Mario Pascual Vives ha detto di non essere a conoscenza di questo ricatto di cui sarebbe vittima il suo cliente. E ha anche lui lanciato un avvertimento: "Questa sarebbe un'estorsione, no? Giuridicamente il Codice Penale la definisce estorsione". Pascual Vives ha detto di avere la fiducia più totale nel suo assistito e, dunque, non crede che Iñaki stia conducendo delle trattative private con Torres per evitare ogni ulteriore coinvolgimento del re, ma El Mundo ha una spiegazione. Non sarebbe l'avvocato a occuparsi di tutta questa vicenda, perché "non la vede con buoni occhi"; lo starebbe facendo "un imprenditore catalano di sua assoluta fiducia".
In ogni caso la resa dei conti tra i due ex soci è una dichiarazione implicita di colpevolezza, che contrasta fortemente con la dichiarazione del Duca, quando, a febbraio, si è presentato come imputato davanti ai magistrati "per difendere l'onore e l'innocenza". Chissà se immaginava, allora, che la strategia di difesa messa in moto proprio in quell'occasione, cercando di addossare tutte le responsabilità a Diego Torres, avrebbe scatenato il peggior incubo della monarchia spagnola.