sabato 29 settembre 2012

Julia Otero e le difficoltà dei catalani che non sono nazionalisti né spagnolisti

A proposito di maggioranze silenziose tornate prepotentemente di attualità, dopo che il presidente Mariano Rajoy ha ringraziato la maggioranza degli spagnoli che non manifesta e lavora per uscire dalla crisi e Pedro Almodóvar gli ha risposto con una lettera aperta in cui lo invita a non manipolare il suo silenzio di cittadino che non manifesta.
Questo è un articolo apparso su El Periódico de Catalunya e scritto dalla giornalista Julia Otero, conduttrice radiofonica e televisiva, catalana senza ansie di secessione, pure lei appartenente alla maggioranza silenziosa, che in Catalogna non manifesta a favore dell'indipendenza. Le proprie conoscenze non sono mai specchio di un Paese, ma i catalani che conosco si trovano nella stessa situazione di Otero: né separatisti né spagnolizzanti, tirati per la giacchetta da entrambi i nazionalismi, silenziosi e di nessun posto.
Le maggioranze silenziose sono difficili da definire e manipolare e anche la situazione catalana non è così fluida come i media di Madrid e Barcellona tendono a raccontarla.
L'articolo di Julia Otero ieri ha avuto molti consensi su Twitter: in tanti, dalla Catalogna si sono riconosciuti nelle sue difficoltà di moderata con due patrie, la Catalogna e la Spagna.
In spagnolo è qui.

Passare per separatista a Madrid e spagnolista in Catalogna è un'eccitante esperienza di vita che, quando non uccide, alimenta enormemente la capacità di sopravvivenza. Si dice generalmente che stare in questa specie di limbo o terra di nessuno genera un'utile distanza critica. Falsità di tutte le falsità: è estenuante. Molti cittadini della Catalogna sapranno di cosa parlo: anche loro si sentono spesso ponti su acque turbolente. Ma si sa già che, in tempi di guerra, i ponti sono i primi a essere bombardati, da uno qualunque dei due eserciti.
In questo tempi critici, gli hooligans non vogliono posizioni tiepide. Non basta loro il rispetto scrupoloso della loro posizione, esigono adesioni indiscutibili. Un dettaglio di debolezza, è questo, qualunque ragionamento che pretenda di spiegare quello che non arrivano a capire, può saldarsi con una sfuriata grande quanto la loro intolleranza.
Si chiedevano un paio di giorni fa, in uno di questi rozzi canali televsivi, cosa voteremmo noi charnegos in un ipotetico referendum in Catalogna. Vi anticipo che ci classificano in due grandi gruppi da sapere, i traditori, chiamati anche stomaci pieni, e i buoni patrioti, spagnoli, ovviamente. Questi tipi, come diceva la battuta che circolava per la rete, provocano il desiderio irrefrenabile di tatuarsi la estelada in un posto visibile.
Ma in Spagna ci sono, soprattutto, milioni di spagnoli che non hannno voglia di indipendenza. Sono, per esempio, quei vecchi campesinos galiziani, castigliani o andalusi rimasti soli nei villaggi, mentre i giovani emigravano in Catalogna, alla ricerca di un altro destino per i loro figli. Questi territori sono oggi molto più prosperi grazie a una solidarietà interterritoriale, anche tedesca, di cui in molti siamo molto orgogliosi e a cui non vorremmo rinunciare. Ci trasforma questo in spagnolisti rancidi? Agli occhi del settore hooligan, senza dubbio, ma, abituati a essere definiti stomaci pieni dalla tifoseria della meseta, capirete che non ci impressioni affatto.
In mezzo alla guerra delle bandiere, perplessi e in silenzio, per ricevere meno pressioni possibili, ci sono infinità di persone senza altra patria che la gente che ama e senza altro desiderio che vivere dignitosamente. Quest'ultimo, a proposito, sta diventando difficile per migliaia di famiglia, ma non siamo frivoli con temi di minore importanza come la lista d'attesa per le operazioni chirurgiche o le gavette (in molte scuole spagnole sono state sospese le mense per la solita ansia di risparmio e i bambini si portano le gavette: alcune Comunidades, tra cui la Catalogna, vogliono far pagare l'uso dei saloni da pranzo e dei microonde 3 euro al giorno per bambino NdRSO), adesso che abbiamo tra le mani un argomento così serio.
Arrivano tempi appassionanti per chi ha profondi sentimenti patriottici. Hanno fortuna. Non sanno lo scomodo che è non stare da nessuna parte. Forse la soluzione della metafisica della Spagna, come definiva Manuel Vázquez Montalbán questo eterno dibattito iberico, è quello che aveva sottilmente suggerito il president Pasqual Maragall in quel memorabile articolo intitolato Madrid se ne va. E non è altro che l'indipendenza. Quella di Madrid.