Esce oggi in Spagna Papitwo, il nuovo disco di duetti di Miguel Bosè. E'
una raccolta di canzoni della lunga carriera del cantante madrileno,
reinterpretate con "amici che sono sempre felici di collaborare". Il
primo single, Linda, cantato con Malù, è già uscito da qualche
settimana; si consiglia di non perdere la versione bachata di Creo en
ti, con il re della bachata e dei ritmi dominicani, Juan Luis Guerra;
poi ci sono i big di oggi come Pablo Alborán,
con cui Miguel canta Puede que e i big di sempre, come Ana
Torroja (De mi lado), Joaquín
Sabina (Sol forastero), Raphael
(Morir de amor), Alejandro
Sanz (Te comería el corazón), Juanes
(Partisano); e non poteva mancare, naturalmente, Bimba Bosè, con cui zio
Miguel canta Shoot me in the back; l'Italia è affidata a Tiziano Ferro (Amiga)
e a Jovanotti (Mirarte).
Sono giorni intensi di interviste, concerti e incontri con i media. Oggi alle 16, per esempio, Bosè è in chat con i lettori di elmundo.es (potete iniziare a mandargli le domande da questa pagina.
Sempre a El Mundo, quanlche giorno fa, ha rilasciato un'intervista in cui, dopo aver presentato Papitwo, non risparmia nessuno. E' il Miguel Bosè più politico, quello che in questi anni di democracia non ha mai nascosto le proprie idee politiche e che ha partecipato alle campagne elettorali del PSOE, sin dagli anni 80, esponendosi in prima persona. Lo ha fatto anche negli anni di José Luis Rodriguez Zapatero, quando è stato considerato uno degli artisti de la ceja, del sopracciglio, grazie a un video in cui numerosi cantanti, attori e registi sostenevano Zapatero imitando la sua forma a V delle sopracciglia con le dita.
E, come la maggior parte di quegli artisti, anche Miguel è stato deluso dalle politiche economiche dell'ultimo Zapatero. Leggere l'intervista è come sentir parlare qualunque spagnolo in questi mesi, solo che lui è Miguel Bosè e le sue parole hanno un'eco che quelle degli spagnoli de la calle non hanno. E proprio per questo diventano l'emblema del sentire della maggior parte dei suoi concittadini.
Si inizia dall'aumento dell'IVA, che rischia di strozzare l'industria culturale spagnola: dal 1° settembre spettacoli, concerti, dischi, passano dall'8 al 21% di IVA, un aumento di 13 punti che mette in ginocchio un settore già duramente provato dalla crisi (qual è la prima cosa a cui rinunciano le persone con problemi di bilancio? ovviamente il cinema, il CD, il concerto, il teatro).
"E' una cosa senza senso" attacca Bosè "Suppone discriminare, tassandola, l'area della creatività, l'arte e la cultura, dietro la quale c'è un'enorme economia, che non ha scoperto né questo Governo né quello precedente né l'altro. E disincentivandola in questo modo, la condannano. Ancora di più in questo Paese in cui qualunque forma d'emozione ti fa uscire dalla gravità del momento che stiamo vivendo".
Si sente deluso dalla politica dei socialisti, come molti simpatizzanti, e ha la sensazione che, chiunque si voti, è sempre la stessa cosa. La colpa è delle politiche similari che socialisti e popolari applicano e che fa sì che "l'economia abbia battuto tutti". Prima, spiega Miguel "erano le ideologie che differenziavano i pensieri della gente e con queste differenze si costruivano i consensi e si arricchiva la democrazia, ma adesso non importa".
Adesso "si fa tutto il contrario del buonsenso e da molti anni la classe politica è totalmente incompetente. Tutti, senza eccezione. E in più appartengono a un sistema che non funziona più. Stanno cercando di recuperarlo a colpi di idee che avevano usato prima e che non funzioneranno. Questo sistema non funziona, è finito. Bisogna riniziare".
Un concetto che sa di acampadas... commenta l'intervistatore e Miguel riflette: "Ma cosa ti rimane, come cittadino? Pagare i piatti rotti? pagare i disastri delle banche, della finanza e della classe politica? Prima c'era una sola garanzia per poter cambiare le cose, il voto alle elezioni. Ma adesso neanche questo importa".
Questo concetto, il voto che non serve più a niente perché PP o PSOE fanno le stesse cose, secondo i diktat di Berlino e del FMI, ritorna spesso nelle conversazioni spagnole e fa un po' paura. Non c'è più fiducia nella democrazia, non c'è più la rivendicazione del proprio voto come espressione di libertà e di governo. Un Paese che ha dato una lezione al mondo, per come ha saputo convertirsi con entusiasmo e determinazione alla democrazia, per come ha saputo tornare in Europa, assorbendone i principi di benessere e uguaglianza dopo 40 anni di dittatura furiosa e oscurantista, per come ha saputo riconoscere i diritti di cittadinanza alle sue minoranze, si sente sfiduciato e non crede più nel primo strumento di libertà e di decisione, che è il voto. E' comprensibile, succede lo stesso in molti altri Paesi, compresa l'Italia, ma è terribilmente pericoloso.
La soluzione di Miguel Bosè, davanti allo scoramento del suo Paese, però, non è il disimpegno e l'isolamento, ma, ancora una volta, la indignación, la militanza. "Bisogna essere attivi e attivisti" sostiene "Adesso dobbiamo chiederci quando abbiamo perso il controllo o quando lo abbiamo voluto, che credo di no, o quando lo abbiamo permesso". Saranno il 15-M "e i movimenti simili a prendere le redini di questo Paese e del pianeta. E per quanto poco rimanga di questo spirito, trasformeranno il sistema contro il quale si sono ribellati, che è questo".
E, come artista, rivendica la sua libertà d'espressione, a volte messa alla prova da chi non gli perdona di essere del gruppo de la ceja. "Si può far tacere la gente in determinati regimi che esercitano la censura. Ma qui? Qui non riusciranno mai a far tacere una voce, né la mia né quella di nessun altro. Perché ottenere questa democrazia è costato molto lavoro. Ai nostri genitori e ai nostri nonni persino la vita. Sono molti fiumi di sangue per tirarsi indietro".
E' il Miguel Bosè più militante, più indignado e, è il caso di dirlo, più spagnolo che mai. Quello che è sempre bello ritrovare.
PS Grazie ad Anna, per l'intervista a El Mundo, che non riuscivo a recuperare.
Sono giorni intensi di interviste, concerti e incontri con i media. Oggi alle 16, per esempio, Bosè è in chat con i lettori di elmundo.es (potete iniziare a mandargli le domande da questa pagina.
Sempre a El Mundo, quanlche giorno fa, ha rilasciato un'intervista in cui, dopo aver presentato Papitwo, non risparmia nessuno. E' il Miguel Bosè più politico, quello che in questi anni di democracia non ha mai nascosto le proprie idee politiche e che ha partecipato alle campagne elettorali del PSOE, sin dagli anni 80, esponendosi in prima persona. Lo ha fatto anche negli anni di José Luis Rodriguez Zapatero, quando è stato considerato uno degli artisti de la ceja, del sopracciglio, grazie a un video in cui numerosi cantanti, attori e registi sostenevano Zapatero imitando la sua forma a V delle sopracciglia con le dita.
E, come la maggior parte di quegli artisti, anche Miguel è stato deluso dalle politiche economiche dell'ultimo Zapatero. Leggere l'intervista è come sentir parlare qualunque spagnolo in questi mesi, solo che lui è Miguel Bosè e le sue parole hanno un'eco che quelle degli spagnoli de la calle non hanno. E proprio per questo diventano l'emblema del sentire della maggior parte dei suoi concittadini.
Si inizia dall'aumento dell'IVA, che rischia di strozzare l'industria culturale spagnola: dal 1° settembre spettacoli, concerti, dischi, passano dall'8 al 21% di IVA, un aumento di 13 punti che mette in ginocchio un settore già duramente provato dalla crisi (qual è la prima cosa a cui rinunciano le persone con problemi di bilancio? ovviamente il cinema, il CD, il concerto, il teatro).
"E' una cosa senza senso" attacca Bosè "Suppone discriminare, tassandola, l'area della creatività, l'arte e la cultura, dietro la quale c'è un'enorme economia, che non ha scoperto né questo Governo né quello precedente né l'altro. E disincentivandola in questo modo, la condannano. Ancora di più in questo Paese in cui qualunque forma d'emozione ti fa uscire dalla gravità del momento che stiamo vivendo".
Si sente deluso dalla politica dei socialisti, come molti simpatizzanti, e ha la sensazione che, chiunque si voti, è sempre la stessa cosa. La colpa è delle politiche similari che socialisti e popolari applicano e che fa sì che "l'economia abbia battuto tutti". Prima, spiega Miguel "erano le ideologie che differenziavano i pensieri della gente e con queste differenze si costruivano i consensi e si arricchiva la democrazia, ma adesso non importa".
Adesso "si fa tutto il contrario del buonsenso e da molti anni la classe politica è totalmente incompetente. Tutti, senza eccezione. E in più appartengono a un sistema che non funziona più. Stanno cercando di recuperarlo a colpi di idee che avevano usato prima e che non funzioneranno. Questo sistema non funziona, è finito. Bisogna riniziare".
Un concetto che sa di acampadas... commenta l'intervistatore e Miguel riflette: "Ma cosa ti rimane, come cittadino? Pagare i piatti rotti? pagare i disastri delle banche, della finanza e della classe politica? Prima c'era una sola garanzia per poter cambiare le cose, il voto alle elezioni. Ma adesso neanche questo importa".
Questo concetto, il voto che non serve più a niente perché PP o PSOE fanno le stesse cose, secondo i diktat di Berlino e del FMI, ritorna spesso nelle conversazioni spagnole e fa un po' paura. Non c'è più fiducia nella democrazia, non c'è più la rivendicazione del proprio voto come espressione di libertà e di governo. Un Paese che ha dato una lezione al mondo, per come ha saputo convertirsi con entusiasmo e determinazione alla democrazia, per come ha saputo tornare in Europa, assorbendone i principi di benessere e uguaglianza dopo 40 anni di dittatura furiosa e oscurantista, per come ha saputo riconoscere i diritti di cittadinanza alle sue minoranze, si sente sfiduciato e non crede più nel primo strumento di libertà e di decisione, che è il voto. E' comprensibile, succede lo stesso in molti altri Paesi, compresa l'Italia, ma è terribilmente pericoloso.
La soluzione di Miguel Bosè, davanti allo scoramento del suo Paese, però, non è il disimpegno e l'isolamento, ma, ancora una volta, la indignación, la militanza. "Bisogna essere attivi e attivisti" sostiene "Adesso dobbiamo chiederci quando abbiamo perso il controllo o quando lo abbiamo voluto, che credo di no, o quando lo abbiamo permesso". Saranno il 15-M "e i movimenti simili a prendere le redini di questo Paese e del pianeta. E per quanto poco rimanga di questo spirito, trasformeranno il sistema contro il quale si sono ribellati, che è questo".
E, come artista, rivendica la sua libertà d'espressione, a volte messa alla prova da chi non gli perdona di essere del gruppo de la ceja. "Si può far tacere la gente in determinati regimi che esercitano la censura. Ma qui? Qui non riusciranno mai a far tacere una voce, né la mia né quella di nessun altro. Perché ottenere questa democrazia è costato molto lavoro. Ai nostri genitori e ai nostri nonni persino la vita. Sono molti fiumi di sangue per tirarsi indietro".
E' il Miguel Bosè più militante, più indignado e, è il caso di dirlo, più spagnolo che mai. Quello che è sempre bello ritrovare.
PS Grazie ad Anna, per l'intervista a El Mundo, che non riuscivo a recuperare.