giovedì 25 ottobre 2012

Iñaki Urdangarin sarebbe in carcere, se non fosse il genero del re: le rivelazioni di un libro

Urdangarin. Un conseguidor en la corte del rey Juan Carlos è uno dei libri del momento in Spagna, anche perché è il primo libro dedicato allo scandalo Urdangarín, cioè alle indagini sull'appropriazione di denaro pubblico che il genero del Re ha condotto sistematicamente negli anni in cui presiedeva l'Instituto Noos. Il libro è stato scritto dai giornalisti Eduardo Inda ed Esteban Urreiztieta ed è stato presentato oggi in una chat che gli autori hanno tenuto con i lettori di elmundo.es. E' il frutto di un lavoro che non è nato allo scoppio dello scandalo, non siamo, insomma, davanti a un instant-book.
Le indagini di Inda e Urreiztieta sono iniziate addirittura nel 2005, dopo aver visto il primo Forum organizzato dall'Instituto Nóos, costato "al contribuente baleare 1,2 milioni di euro. Eduardo Inda, che allora era il direttore dell'edizione baleare di El Mundo, aveva partecipato al Forum e si era accorto che c'era qualcosa di strano, che era tutta una grande truffa. Da quella sensazione abbiamo iniziato le nostre indagini, che portarono alle prime informazioni sul caso, della preistoria del caso, ad essere esatti, dato che sono state pubblicate nel febbraio 2006. A settembre 2011 abbiamo iniziato la pubblicazione della storia moderna dello scandalo, provando che si appropriavano del denaro pubblico, che falsificavano documenti pubblici, che ingannavano il Ministero delle Finanze, che evadevano capitale e che avevano usato una fondazione per bambini disabili e malati per portare il denaro nei paradisi fiscali".
Credete che Iñaki Urdangarin finirà in carcere o la grande ombra del suocero lo eviterà? È la prima domanda che i lettori di elmundo.es presentano ai due giornalisti e la risposta non ammette dubbi: "La cosa normale, data la qualità e quantità di reati per cui è imputato, è che il carcere sia inevitabile. Per molti conti che si possano fare, è impensabile che riceva una condanna inferiore a due anni, il limite che segna l'ingresso in prigione per gli incensurati".
E l'Infanta Cristina, rimasta sorprendentemente fuori dalle indagini, dovrebbe essere imputata? Sarà imputata? "Be', chiaro, non ci sono ragioni logiche e/o giuridiche per non imputarla, conviene non dimenticare che doña Cristina era consigliere dell'Instituto Nóos, "senz'animo di lucro", che, secondo i magistrati, si è impossessato di fondi pubblici, e che è proprietaria al 50% di Aizoon, la società familiare a cui è stata trasferita parte del denaro sottratto alle casse valenciane, baleari, catalane, madrilene e di altre parti di Spagna. Ognuno tragga le proprie conclusioni, che immagino non saranno molto diverse".
Nella chat si affrontano anche i rapporti dei Duchi di Palma con il resto della Famiglia Reale dopo lo scoppio delle indagini e anche prima. I due giornalisti smentiscono l'avvocato Pascual Vives, che qualche giorno fa aveva assicurato che i rapporti tra il Duca e il Principe delle Asturie sono "corretti": "Le relazioni tra don Felipe e l'imputato Urdangarin sono peggio che cattive. Non si parlano. L'erede al trono non perdona, come è logico, le pietre pesanti che il cognato ha messo nel suo cammino verso il trono. Nessuno ha fatto più danno, in così poco tempo, alla Monarchia che il marito della più piccola delle figlie del Re". E c'è anche una buona osservazione per la Principessa delle Asturie, perché, "nella Casa del Re intuivano che c'era qualcosa di strano, ma non avevano le prove. Una delle persone che hanno sempre sospettato del ritmo di vita degli Urdangarin-Borbón è stata Letizia Ortiz". E questo spiegherebbe anche perché la futura regina abbia sempre avuto rapporti gelidi con il ramo barcellonese della Famiglia Reale spagnola.
Anche re Juan Carlos non può vedere il genero: "Si sente utilizzato e ingannato e quanto al fatto che si senta o meno minacciato da quello che Urdangarín può sapere degli altri affari di famiglia, potremmo dire che Urdangarin ha mandato qualche avvertimento. Uno di essi, in particolare, in sede giudiziaria, il 25 febbraio, il giorno delle sue dichiarazioni alla Magistratura. Un messaggio per iniziati".
Per la Monarchia non sarebbe dunque meglio il divorzio dei Duchi di Palma, a questo punto dello scandalo? Sì, sostengono i due giornalisti, ed è quello che vuole il Re, perché "non sarebbe auspicabile, per l'istituzione, che in caso di condanna si possa scrivere "condannato il genero del Re", meglio il meno dannoso "condannato l'ex genero del Re". Ma il problema è che l'Infanta è innamoratissima del marito, al cui lato ha promesso di rimanere "succeda quello che succeda"."
Poi c'è una delle domande più comuni che si fa lo spagnolo medio al leggere le informazioni sullo scandalo: ma come facevano le istituzioni pubbliche a pagare cifre così sproporzionate, rispetto ai servizi offerti, all'Instituto Nóos?! Nessuno controllava?: "E' una domanda magnifica ed è facile la risposta. Sarebbe più che consigliabile imputare i revisori della Comunidad Autónoma Balear e della Generalitat Valenciana, perché hanno permesso pagamenti e bilanci che per qualunque persona con due dita di fronte erano un latrocinio.
Eduardo Inda ed Esteban Urreiztieta assicurano inoltre di non aver subito alcuna pressione per non pubblicare il libro, "cosa che dimostra che questa democrazia è più matura di quello che a volte pensiamo". Raccontano che i dialoghi riportati nel libro "provengono dalle informazioni forniteci dalle nostre 'gole profonde', che, in certi casi, sono gli stessi protagonisti. Tutti i dialoghi sono stati controllati con almeno due fonti". E giurano di non essere "né giudici né procuratori, ci limitiamo a raccontare la realtà. In un Paese libero non bisogna aspettare una sentenza definitiva per raccontare i fatti e quando ci sarà la sentenza la racconteremo con la stessa fedeltà con cui stiamo raccontando questo caso".
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