martedì 30 ottobre 2012

La pace in Colombia nella guerra tra Santos e Uribe

Che i rapporti tra il presidente della Colombia Juan Manuel Santos e il suo predecessore, Álvaro Uribe, non siano idilliaci, si sa da tempo; l'ex presidente si sente tradito dal suo ex pupillo, che fu anche suo Ministro della Difesa e che ha però cambiato i punti fermi della sua presidenza, a cominciare dal rapporto, riconquistato, con il Venezuela e dalla ricerca del dialogo con le FARC, a cui Uribe si è sempre opposto, e continua a opporsi, con tutte le sue forze.
I due leaders politici si sono scontrati recentemente nel Congresso del Partido de la U, a cui entrambi appartengono (e che hanno fondato). Il più duro è stato, a sorpresa, il presidente Santos, forse stanco di essere continuamente criticato da Uribe, attivissimo anche su Twitter, e deciso a controlare la maggioranza del partito, in un momento cruciale per la Colombia, come è il dialogo di pace con le FARC, iniziato a Oslo pochi giorni fa e in attesa degli appuntamenti di novembre, a L'Avana.
"Non vengo qui per un incontro di pugilato con il ruffiano dell'angolo, per vedere chi comanda nel quartiere" ha detto Santos. Per poi aggiungere: "Sotto il poncho, si prepara una pugnalata per la U" E il poncho è l'abbigliamento prediletto di Uribe, señorito di campagna, quando vive nella sua hacienda.
Al centro del dibattito e del duello tra i due leaders politici c'è il dialogo con le FARC. Uribe ha sempre criticato il tentativo di Santos di risolvere il conflitto colombiano "con la porta aperta" promessa sin dal suo discorso d'insediamento, quando aveva promesso a guerriglieri e paramilitari la sua disponibilità, a patto che rinunciassero alle armi. Per l'ex presidente, c'è un solo sistema per risolvere il conflitto: rispettare la legge, utilizzare l'Esercito e mettere in carcere i guerriglieri. E nei suoi anni di presidenza ha utilizzato questo metodo, ferocemente sostenuto dagli Stati Uniti d'America. Juan Manuel Santos sembra avere una maggiore sensibilità sociale, pur provenendo, anche lui, dalle classi agiate: il rispetto della legge e della legalità sono indiscutibili, ma le cause del conflitto, le ragioni dei guerriglieri e delle vittime di tutte le violenze causate dalla guerra vanno ascoltate (la differenza tra Santos e Uribe, descritta dal direttore di Semana Alejandro Santos, un paio di anni fa, è ancora valida).
Un'apertura verso le ragioni dell'"altro" che Uribe non apprezza. Tanto che ha accusato l'ex pupillo di preparare una Colombia totalitaria, in mano ai guerriglieri delle FARC e finanziata dal Venezuela di Hugo Chavez. Per l'ex presidente conservatore un incubo inaccettabile, con tutti i suoi fantasmi trasformati in reaaltà.
Uribe teme anche l'impunità per i guerriglieri delle FARC, una volta che si raggiunga un accordo di pace; ma contro l'impunità è tutta la società colombiana, che ha pagato un durissimo prezzo al conflitto, non solo con i morti in combattimento e gli attentati, ma anche, e soprattutto, con oltre 4 milioni di persone sfollate, costrette a lasciare la propria terra e le proprie terre e a vivere dell'assistenza del Governo o dei Paesi vicini, come l'Ecuador e Panama. E' soprattutto per loro che nessun Governo colombiano potrebbe accettare l'impunità (però sì, ci sono programmi di reinserimento nella vita civile per i guerriglieri che abbandonano le armi e collaborano con la Giustizia).
E a Santos non piace affatto essere associato con l'idea di un dialogo di pace che preveda l'impunità. "E' un sofisma utilizzato in politica da chi non può rispondere con i fatti" ha detto duramente al Congresso de la U. Lui, ha rivendicato, è stato il Ministro della Difesa prima e il Presidente poi che ha ottenuto i migliori risultati contro le FARC, decimando i loro vertici con operazioni militari ad hoc. Se i guerriglieri hanno detto di sì al dialogo, è anche per questa debolezza militare causata da Santos.
Tutti i governi colombiani hanno cercato la pace, ha assicurato, anche quello di Uribe, solo che non ci sono riusciti.
Il duello nel partito è stato vinto dal Presidente, che si è assicurato il controllo della maggioranza e il consenso per il dialogo di pace.