domenica 4 novembre 2012

Almodóvar, Vargas Llosa e 300 intellettuali firmano per una Spagna federalista

300 personalità della cultura spagnola hanno firmato un manifesto per avvertire i catalani delle manipolazioni che la classe politica sta facendo sui temi dell'indipendenza e in favore di uno Stato spagnolo federale. Tra loro ci sono persone di grande popolarità come Pedro Almodóvar, Mario Vargas Llosa, Almudena Grandes, Rafael Moneo, Aitana Sánchez-Gijón.
Nel testo, pubblicato integralmente da El Pais, i firmatari sostengono di voler rispondere a un analogo manifesto firmato da personalità catalane, che rifiutano l'indipendenza, perché "i promotori di un'indipendenza immediata della Catalogna parlano dei benefici dimenticando le penose conseguenze per tutti Inoltre evitano di rispondere agli ingenti problemi che, come europei, come spagnoli, come cittadini di una Comunidad Autónoma e come residenti di un municipio, la crisi economica ci pone davanti e l'incapacità che qui e in Europa si avverte circa la capacità di adottare decisioni valide. Aggiungere una proposta di secessione fa prevedere, sotto l'ombrello di un nazionalismo esacerbato, lo straripamento a breve termine del malessere sociale a cui ci stanno trascinando il rapido impoverimento e la vertigine del pessimismo in un numero crescente di cittadini".
Il manifesto prosegue avvertendo che "gli indipendentisti trasformano la loro particolare idea di Spagna in un capro espiatorio su cui caricare tutti i malesseri. Facilitano così il compito alla esigua minoranza che, dal resto della Spagna si propone altrettanto con la sua particolare idea della Catalogna, L'affermazione che la Spagna ha perpetrato aggressioni contro la Catalogna è una disgraziata manipolazione del passato, che dimentica deliberatamente come nei conflitti e nelle guerre civili in cui tutto il Paese si vide coinvolto, i catalani, come il resto degli spagnoli si divisero per bandi". E chiarisce: "Né la Catalogna è sottomessa a una spoliazione da parte della Spagna né gli spagnoli medi hanno alcun sentimento di disprezzo verso di lei. E' casomai il contrario: la Catalogna suscita affetto, ammirazione e riconoscimento, tra le altre ragioni perché senza di lei, senza la sua lingua, senza la sua cultura e senza il suo contributo solidale, non si può capire la Spagna democratica".
I firmatari propendono per una nuova Spagna federale, che per ora il PP al Governo continua a rifiutare, rifiutando di riconoscere alle nazionalità storiche del Paese uno status particolare; come se l'Italia negasse alle sue Regioni a Statuto Speciale la loro diversità e come se le altre Regioni italiane si offendessero al riconoscere la specificità storica e culturale delle cinque Regioni (ma come si fa a stare insieme e a sentirsi comunità se non si riconoscono le storie diverse e i patrimoni di ognuno?). Davanti al conflitto che si sta preparando in Catalogna, il federalismo sembra l'unica soluzione possibile, ma il manifesto ammette che se il 25 novembre, con il loro voto alle elezioni regionali i catalani scegliessero l'indipendenza, andrebbe cercata una strada democratica che prenda atto della scelta.
"In Catalogna" riconosce il manifesto "esiste un profondo sentimento nazionale di cui il resto degli spagnoli è pienamente cosciente. Di lì che sostenga con fermezza che dev'essere riconosciuto e integrato di nuovo nel seno di istituzioni condivise. Ma se questo sentimento si manifestasse in modo maggioritario, irriducibile e permanente contrario al mantenimento delle istituzioni che tra tutti ci siamo dati, la convinzione democratica obbligherebbe noi spagnoli a prenderne atto, per trovare una soluzione appropriata e rispettosa: i cittadini della Catalogna devono sapere che questo è un nostro impegno irrinunciabile".
"Né la Spagna, né la Costituzione del 1978 né lo Statut del 2006 negano ai cittadini catalani il loro diritto a decidere, sono i partiti che appoggiano la fulminante indipendenza catalana quelli che confondono le opzioni" spiegano i firmatari del manifesto, ricordando le gravi responsabilità di CiU e delle forze nazionaliste "nella gestione sbagliata di questa crisi economica e negli abusi commessi" e chiedendo loro di "smetterla di discolparsi con la scusa della supposta spoliazione perpetrata dalla Spagna".
L'appello finale è per tutte le forze democratiche, che dovrebbero cercare "una miglior posizione istituzionale per la Catalogna, un finanziamento più giusto e una federalizzazione del deteriorato Stato delle autonomie, che iscriva nella sua norma suprema la solidarietà interterritoriale e i criteri della sua applicazione compatibili con lo sforzo comune di tutti".
La discesa in campo degli intellettuali è arrivata il giorno in cui il quotidiano El Periódico de Catalunya ha pubblicato uno degli ultimi sondaggi prima delle elezioni del 25 novembre. Il grande nodo della Catalogna che persegue l'indipendenza è il rapporto con l'Unione Europea: gli indipendentisti continuano ad assicurare che il nuovo Stato sarebbe un nuovo membro della UE, così come lo sarebbe la Scozia avviata verso il referendum del 2014. Ma da Bruxelles non arrivano segnali incoraggianti, anzi. Nei suoi ultimi interventi sulla questione la Commissione Europea ha fatto sapere che la Catalogna indipendente nascerebbe fuori dall'Unione e dovrebbe chiedere poi la sua ammissione, con tutta la trafila del caso: perderebbe perciò l'euro, si troverebbe alle prese con un deficit incontrollabile e un nuovo Stato tutto da inventare e costruire senza la protezione dell'Europa. Verrebbe da chiedersi perché la Germania Occidentale abbia potuto annettersi la Germania Orientale (facendo pagare il costo anche all'Europa, tra l'altro), se i cittadini di un Paese europeo che vogliono dichiararsi indipendenti perdono i loro diritti europei già acquisiti. Ma questa è l'Europa. E il sondaggio di El Periódico de Catalunya ne prende atto: se l'opzione indipendentista sfiora oggi il 50% tra i catalani, nel caso la Catalogna venisse espulsa dall'Unione Europea scenderebbe al 40%.