domenica 25 novembre 2012

Elezioni catalane: il si all'indipendentismo con i ma della Catalogna barocca e irriducibile

Convergencia i Uniò è ancora la prima forza della Catalogna, ma ha perso ben 12 seggi, scendendo a 50 deputati e rimanendo ben lontana dagli almeno 68 necessari per la maggioranza assoluta e per i suoi sogni di indipendenza. Ha perso il Partito Socialista Catalano, che sperava di rimanere almeno la seconda forza della regione, una posizione mai perduta in democracia, e invece no, in questa infinita traversata del deserto, pure questo è andato perduto: sul finale ha ceduto a Esquerra Republicana, la sinistra indipendentista repubblicana, la vera sorpresa delle elezioni; il PSC è crollato dai già esigui 28 deputati a 20, mentre ERC è balzata da 10 a 21, mettendo in forte difficoltà CiU davanti al nazionalismo catalano. Ha perso il PP, che ha partecipato al gioco di CiU, proponendosi come sua alternativa spagnolista: sperava di togliere il secondo posto al PSC, non è mai entrato nella lotta e ha guadagnato un deputato, passando da 18 a 19.
Nella scorsa legislatura, durata solo due anni e falcidiata dai tagli sociali demenziali di CiU, con l'appoggio del PP, c'erano sette forze e una maggioranza chiara in Parlamento, guidata da CiU e dai suoi accordi con il PP. In questa nuova legislatura non ci sono maggioranze credibili possibili ed è questo il maggior fracaso, fallimento, di Arturo Mas, il leader nazionalista catalano, che ha visto nella grandiosa manifestazione della Diada un invito all'indipendentismo e invece no, era soprattutto una protesta per il malessere sociale causato dalla crisi politica.
La vera maggioranza possibile, CiU+ERC, che darebbe comodamente 71 deputati alla battaglia indipendentista, risulta impraticabile per le forti differenze ideologiche, all'essere CiU espressione della buona borghesia catalana, cattolica, liberale e conservatrice, e all'essere ERC espressione dell'indipendentismo repubblicano di sinistra (sogna pure l'uscita dalla UE e dall'euro). Potranno i due principali partiti della Catalogna, uniti solo dal desiderio indipendentista, trovare una formula per arrivare alla sfida finale con Madrid, con il referendum per l'indipendenza promesso da Mas e rifiutato dal governo centrale?
Un'alleanza tra CiU e l'indebolito PSC suona impraticabile, per differenze ideologiche, e l'accordo tra CiU e PP, è oggi complicato dai toni della campagna elettorale, dall'indipendentismo di Mas e dal centralismo popolare.
Insomma, queste elezioni, più che semplificare il quadro catalano, l'hanno fortemente complicato, anche a causa dei toni apocalittici e messianici usati dai principali protagonisti della campagna elettorale, CiU e PP, che hanno messo in ombra gli altri partecipanti.
A complicare le cose ci ha pensato anche El Mundo, che pochi giorni fa ha pubblicato un rapporto della Polizia, poi risultato di misteriosa provenienza e con fonti sconosciute, in cui si accusano Mas e il suo predecessore, lo storico leader del nazionalismo Jordi Pujol, di avere conti in Svizzera, grazie alla corruzione di CiU. Questo rapporto ha fortemente condizionato la fase finale della campagna elettorale, con Mas che ha minacciato il ricorso alle vie legali, Magistratura e Polizia che si sono rimpallati responsabilità circa la sua autenticità e con Pedro J. Ramirez, il direttore di El Mundo, godutissimo nel suo ruolo di giornalista che gioca sporco, nel nome del giornalismo d'inchiesta e della Verità, of course. Sono stati giorni surreali, con il PP che accusava CiU di corruzione, dimenticando di essere invischiato in analoghi casi a Madrid, a Valencia e nelle Baleari (lo scandalo Urdangarin, che coinvolge il genero di Re Juan Carlos, per esempio, è nato da un'indagine collaterale alla corruzione del presidente delle Baleari Jaume Matas).
C'è anche il rapporto pubblicato da El Mundo tra il PP e CiU in questo momento.
Fatto sta che tutto questo ha portato al risultato a sorpresa di oggi: il crollo di CiU e PSC, la tenuta del PP, il rafforzamento di ERC, il sì al progetto nazionalista ma non nelle forme scelte da CiU.
Rimane la sensazione che la miglior descrizione di quello che è successo in Catalogna in questi mesi sia ancora quella di Vincenç Navarro, nel suo blog di publico.es.
Mentre la miglior descrizione di quello che è successo stasera è in un articolo scritto da Antonio Baños per eldiario.es, che descrive il modo di essere dei catalani, ma anche dei popoli mediterranei. "Sono state elezioni plebiscitarie, non c'è dubbio" scrive "Sono stati mesi in cui alcuni hanno insistito sulla frattura, la rottura. Erano elezioni che avrebbero fatto separare famiglie, coppie, orge di tutta la vita, partite di domino nei casinò e persino i gruppi ciclistici." Invece.
Invece "noi catalani perseveriamo, abbiamo insistito nella nostra peculiare interpretazione della pluralità, anche se ci avevano ripetuto che c'erano solo due posizioni. Niente, noi catalani siamo tornati a fare della scissione una fonte d'energia. La mutazione come forma di coerenza. Nonostante la chiarezza con cui sono arrivate entrambe le opzioni al 25N, noi ci vediamo permanentemente obbligati a sfumare, persino le trincee. Indipendenza sì, ma non con Mas. Tagli va bene, ma nella Spagna. Sinistra, chiaro, ma non come dici tu… Questo è quello che mi rende felice. Il rumore catalano mi tranquillizza. Il nostro caos è civiltà nostra. La Catalogna è come una gigantesca Yeshiva, una di queste scuole talmudiche in cui non si ferma mai la discussione sugli stessi ed eterni temi, perché i rabbini, al contrario dei preti, hanno sempre sostenuto che è più importante il dubbio della fede. Non ci dimentichiamo, visto che ci siamo, che la Cabala è nata, dicono, a Gerona. Ho sempre creduto che le società spinte a scegliere tra due opzioni antagoniste e monolitiche, sono società, in un certo senso, fallite"
E poi Baños allarga lo sguardo oltre i confini della Catalogna, per scoprire che nei popoli mediterranei c'è "uno spirito di permanente discussione, di dubbio non metodico, di tendenza sentimentale alle idee più che all'applicazione rigorosa delle dottrine, che hanno finito con il costruire sistemi politici ricchi, barocchi e, spesso, ridicoli. Italia, Israele, Libano, Catalogna… sono Paesi che hanno fatto della politica non l'arte del possibile, ma la magia dell'ancora più difficile"
E nella conclusione si può leggere lo scoramento per una situazione incomprensibile, che non si rende mai più leggibile e, in un certo senso, l'orgoglio per questo complicato modo di intendere la politica. Vi si riconosce molta Italia, in fondo, e forse ha ragione Baños, all'identificare un atteggiamento comune dei popoli mediterranei: "La realtà politica catalana ha oggi e sempre il colore delle ali delle mosche. Iridescente e incomprensibile. Ala sottile e forte allo stesso tempo. Chiaro, con i catalani non c'è modo di formare due bandi di adesione cieca, si annoiano subito. Non so dirvi se Catalogna si può arrendere, ma quello che è sempre stato impossibile è ridurla".