giovedì 15 novembre 2012

Perché il PSOE non convince gli spagnoli, neanche quando chiede scusa

Qualche tempo fa, durante una delle tante manifestazioni che agitano Siviglia in questi anni di crisi, ero sull'Avenida de la Constitución, che guardavo la marea umana, diretta dalla Puerta de Jerez verso la Encarnación e chiacchieravo con i passanti che si fermavano sui gradini della Cattedrale, il punto più alto dell'Avenida, per avere un'idea migliore della folla.
I cortei sono una delle occasioni in cui mi scopro più socialista degli elettori delusi del PSOE e, probabilmente, più incline all'oblio, forse perché mi fa più paura la destra di quanto adesso ne faccia in Spagna, dopo le delusioni degli ultimi anni di José Luis Rodriguez Zapatero. Quella volta, come tante altre, mi sono trovata a chiacchierare con persone convinte che PP e PSOE siano la stessa cosa e non valga più la pena votare per i partiti maggiori. PPSOE dicono gli indignados e questa è la sigla più utilizzata nelle reti sociali.
"Che differenza c'è, se il PSOE ha bloccato le pensioni e tagliato gli stipendi degli impiegati pubblici? Non dimenticare che il primo a piegarsi ai diktat di Bruxelles è stato il PSOE. Il PP si può anche capire, è il partito dei señoritos, di che ti sorprendi se fa politiche di destra? E' il suo DNA! Ma il PSOE? Qui abbiamo avuto il paradosso che il PSOE faceva politiche di destra e il PP faceva il difensore dei poveri! Poi è andato al Governo e si è tolto la maschera" mi diceva un sivigliano, ex elettore del PSOE y con mucho orgullo (l'essere ex, non l'essere stato elettore del PSOE).
Mi scopro più socialista degli spagnoli socialisti delusi e arrabbiati. Ammetto di avere la tendenza a giustificare il PSOE, pensando che l'altra parte è peggio. Sono italiana, sono abituata a votare turandomi il naso, a cercare il meno peggio per arginare chi considero un pericolo per il benessere collettivo. Ma gli spagnoli da qualche tempo non hanno questa tendenza (sì, l'hanno avuta anche loro, con il voto del miedo, della paura, che il PSOE utilizza quando è in difficoltà e ricorda al Paese cosa è stata la destra, per 40 anni e i diritti che ha negato). Gli spagnoli sono arrabbiati e non credono più a nessuno: secondo i sondaggi del CIS, che misurano ogni trimestre gli umori cittadini, per loro il vero problema del Paese sono i politici. Capite che con questa diffidenza e questa estraneità, c'è poco da dire. E infatti riesce difficile parlare del PSOE in modo sereno. Difficile ricordare i progressi che i Governi di José Luis Rodriguez Zapatero hanno permesso in campo sociale. "Quando non hai un lavoro e hai paura di non riuscire a dar da mangiare ai tuoi figli fino a fine mese, ti importa molto poco la Legge della Dipendenza per i disabili o il matrimonio per gli omosessuali" mi diceva un vecchio militante, con un sorriso rassegnato, in plaza Santa Ana, a Triana, davanti a una sezione del PSOE, più spesso chiusa che aperta. Lo stomaco prima di tutto, come non dare torto?
Dopo gli errori di gestione della crisi economica, la scorsa legislatura, il PSOE sta cercando di recuperare terreno. E' in prima linea per porre un freno ai desahucios, gli sfratti, ha presentato una proposta di legge affinché "nessuno spagnolo rimanga senza casa" e ha incontrato varie volte il PP, per raggiungere un accordo sull'argomento (non raggiunto). Ma non ha credibilità: la scorsa legislatura, quando era al Governo, ha rifiutato la dación de pago, la consegna dell'alloggio che mette fine al debito. Una misura di destra, accusano i suoi detrattori, che è imperdonabile.
Qualche giorno fa, nel pieno delle attività per frenare i desahucios (sono un paio d'anni che sono un'emergenza sociale, ma, all'improvviso, negli ultimi 15 giorni sono diventati una questione di vita e di morte per la politica e per i media), il PSOE ha chiesto scusa su Twitter: "Sappiamo che avremmo dovuto reagire prima e chiediamo scusa per non averlo fatto, ma crediamo di star lavorando per risolvere il problema". E' stato un tweet che ha suscitato reazioni immediate, ripreso da tutti i media del web e tradizionali.
Ci sono stati commenti sarcastici sul linguaggio: crediamo di star lavorando o stiamo lavorando? hanno chiesto alcuni, prendendosi gioco dell'incapacità di comunicazione del partito. Poi ci sono stati i tweets che hanno fatto l'elenco delle cose per cui il PSOE dovrebbe scusarsi: l'aumento dell'IVA, il blocco o l'abbassamento degli stipendi degli impiegati pubblici, il rifiuto di aumento delle tasse ai ricchi, l'indulto ai banchieri, proprio pochi giorni prima delle elezioni… E ci sono quelli che hanno manifestato il proprio disaccordo, affermando che sì, il PSOE ha reagito davanti alla crisi: ha creato leggi per rendere più facili gli sfratti, ha rifiutato le misure contro gli sfratti, come la dacion de pago, è stato il primo a salvare le banche. Si è comportato come un partito di destra. Ed è incredibile, perché è proprio così anche per le strade: non appena cerchi di trovare un elemento positivo del PSOE, immediatamente l'interlocutore parte con l'elenco di tutte le politiche di destra che ha realizzato, tradendo gli elettori e il loro mandato. A volte ho la sensazione che gli spagnoli vogliano semplicemente farla pagare ai socialisti: non votano il PP per convinzione, ma per punire il PSOE; non vanno a votare, pur essendoci alternative, per umiliare il PSOE. E' il dispetto degli sposi traditi.
Le ultime elezioni sono un calvario per il PSOE: quello che è stato il Partito che ha guidato la Spagna verso la democrazia, l'Europa e le conquiste sociali ha dimensioni sempre più ridotte e sfiora ormai il 20% dei voti, quasi la metà di quelli che servono in genere per arrivare alla Moncloa. Nei Paesi Baschi e in Galizia ha subito sconfitte pesantissime e lo stesso succederà tra una settimana, in Catalogna; ma la classe dirigente si è blindata intorno ad Alfredo Pérez Rubalcaba, che fu Ministro di Felipe e di Zapatero (30 anni di carriera ai vertici del PSOE e del Governo!) e rifiuta il cambiamento, proponendo come alternative dirigenti sconfitti come Patxi Lopez, ex lehendakari basco, o decisamente fuori età come José Antonio Griñán, presidente dell'Andalusia. E' una classe dirigente che continua a non ascoltare le richieste che arrivano non tanto dalla base, quanto dalla società. E il partito non dà segnali di ripresa nei sondaggi. E non c'è alcun segno di preoccupazione tra gli spagnoli.
A parte la rabbia, la indignación, la voglia che se ne vadano tutti, visto il disastro, pochi sono disponibili a riflettere sul vuoto che si sta creando a sinistra, non essendo Izquierda Unida in grado di sostituire il PSOE, né per ideologia né per dimensioni. "Que más da? Cosa importa?" mi ha detto una volta un'amica "Se il PSOE fa politiche di destra, a cosa serve? E' stato il PSOE a iniziare, non bisogna dimenticarlo". Sono tutti uguali, è il vecchio e preoccupante concetto che ritorna.
E sì, è stato il PSOE a iniziare, nessuno lo può negare e non si può rispondere. Meglio, si potrebbe rispondere. Se solo il PSOE si decidesse a fare quello che i pochi ancora disposti a votarlo chiedono urgentemente: cambiare i dirigenti, passare a una nuova generazione, non compromessa con i Governi precedenti, che risulti credibile quando chiede scusa e quando propone politiche di nuovo socialdemocratiche. Ma non ci sono segnali e l'oasi, se c'è, non si vede ancora all'orizzonte. Neanche come miraggio