giovedì 13 dicembre 2012

Incidenti e proteste in Argentina dopo la sentenza del processo Marita Verón

Non si sono fermate alle reti sociali, le proteste degli argentini, dopo la sentenza che ieri a Tucumán, nell'Argentina settentrionale, ha assolto i tredici accusati di aver sequestrato, per avviarla alla prostituzione, la 23enne Marita Verón, scomparsa il 3 aprile 2002 e da allora cercata instancabilmente da sua madre, Susana Trimarco, diventata una vera e propria eroina per i compatrioti (e non solo).
Sono scesi in piazza a manifestare la propria indignazione in numerose città del Paese, a cominciare da San Miguel de Tucumán, dove si sono registrati anche scontri con la Polizia. Manifestazioni anche a Santa Fe, La Plata, Mendoza, Cordova, nell'Argentina interna e sensibile alla violenza della tratta.
L'Argentina non è rimasta indifferente e i media parlano indignati di impunità per le mafie che rapiscono le giovani donne, la maggior parte minorenni, per costringerle a prostituirsi nei postriboli del Paese, e di connivenza tra le autorità e le reti di sfruttamento della schiavitù sessuale (perché non è prostituzione, è schiavitù).
Il magistrato Alberto Piedrabuena, che ha presieduto il processo, assicura che lui e i suoi colleghi, che hanno emesso la sentenza, sono molto tranquilli, perché "abbiamo agito dalla convinzione". E secondo loro, nonostante le testimonianze di cinque ragazze liberate dalla schiavitù, che hanno visto Marita in diversi bordelli e hanno raccontato come raccontasse loro dettagli della sua vita precedente e come fosse maltrattata e drogata, per essere resa docile, e come fosse portata via, verso altri bordelli, non appena dalla Polizia arrivavano soffiate di ispezioni, non ci sono prove che Marita sia stata vittima di una tratta di persone e costretta a prostituirsi. "Il caso è questo: qual è la base dell'accusa? La privazione della libertà con mezzi violenti, il trasferimento in altri luoghi e poi a La Rioja, ma non c'è stato modo di chiarire l'incognita. Non si può sapere cosa sia successo davvero con Marita Verón" ha detto Piedrabuena ai media, facendo infuriare non solo Susana Trimarco, ma anche i media argentini. Secondo Piedrabuena non ci sono prove che Marita sia stata rapita: la ragazza è scomparsa, per poi riapparire, drogata e maltrattata, nei bordelli di La Rioja, ma non si può dire, secondo i giudici, che la sua scomparsa sia stata dovuta a un sequestro. Non ci sono le prove.
"I prosseneti che schiavizzano le ragazze per sfruttarle sessualmente trasformano le donne in mercanzia, le cosificano, sono oggetti che si possono comprare e vendere. Tolgono loro la personalità a forza di violenza, droga e altri maltrattamenti e torture, per renderle docili davanti ai clienti-prostituenti. Essere ascoltata dal Tribunale è il primo passo per iniziare a recuperare le loro condizioni di soggetti, di cittadine con diritti. E' il primo passo per poter sanare tante ferite. E il fatto di non essere credute le rende di nuovo vittime. E ha un effetto disciplinatore su altre sopravvissute, che potrebbero dare dati preziosi per perseguire il reato della tratta. A partire da questa sentenza preferiranno il silenzio: perché esporsi alle vendette dei prosseneti sui loro figli, penseranno in tante" avverte il quotidiano Página 12.
E' ancora Página 12 a sottolineare come spesso la Giustizia sia impreparata davanti a processi di questa complessità, contro le reti di tratta delle persone. "Costa introdurre il concetto della tratta nei settori della giustizia, è un concetto tabù e in genere succede che si identifica la vittima con una prostituta e da lì partono i pregiudizi" spiega l'ex procuratore di Mar del Plata Gustavo Rodríguez al quotidiano di Buenos Aires. E secondo Raquel Asensio, responsabile della Commissione sulle Tematiche di genere della Defensoría General de la Nación, "si crea la figura di vittima innocente, un ideale sociale di come devono comportarsi le donne e quando non si comportano così, non vengono credute".
Susana Trimarco ha già annunciato che continuerà a chiedere giustizia, anche contro Alberto Piedrabuena, Emilio Herrera Molina e Eduardo Romero Lascano, i tre magistrati che ha già definito "corrotti e senza vergogna". Ha con sé un intero Paese, stanco di impunità, corruzioni e connivenze.
L'indignazione è arrivata fino alla Casa Rosada, da dove Cristina Fernandez de Kirchner ha voluto manifestare la propria solidarietà a Susana Trimarco e il proprio disaccordo con la sentenza. La presidente è arrivata a ipotizzare, anche "senza prove", la corruzione dei giudici perché "quando c'è denaro in mezzo, il mondo può dire quello che vuole che a loro non importa e non importa perché è un altro potere dello Stato che ha un incarico assicurato epr tutta la vita e se li giudica quando, sono i loro pari o gli avvocati". Per questo Cristina ha manifestato che la sentenza di Tucumán stabilisce un prima e un dopo: "Così come il caso Carrasco è servito a rivedere l'organizzazione del servizio militare, spero che questo caso ci serva per pensare a una democratizzazione e a u controllo repubblicano di uno dei tre poteri dello Stato".
Mi piace concludere con un dato: grazie all'impegno di Susana Trimarco, l'Argentina si è dotata di una legge contro la tratta delle persone che prevede, tra gli altri punti, la proibizione di pubblicare annunci che pubblicizzano la prostituzione sui media. Tra i pochi quotidiani che continuano a pubblicare questo tipo di annunci, c'è anche Clarin, il più importante e il più prestigioso d'Argentina e uno dei più indignati dopo la sentenza di ieri.