giovedì 17 gennaio 2013

Pérez Reverte e i 30 secoli di storia femminile, in un'epigrafe romana

E' stato uno dei primi articoli che ho letto questa mattina, lo ha scritto Arturo Pérez Reverte su finanzas.com e uscirà domenica nella sua rubrica di XLSemanal, supplemento di vari quotidiani spagnoli.
Mi piace come tratteggia, in modo poetico, i cambiamenti che la storia delle donne ha conosciuto negli ultimi decenni: "Dopo 3mila anni di letteratura parlata, scritta o audiovisiva, dall'Iliade a Mad men, l'uomo, come norma di stile, come asse narrativo, ha dato di sé quando doveva dare, è più spremuto di un limone della paella. La donna, invece, davanti a sfide prima inimmaginabili per il suo sesso, è sempre più padrona del proprio destino, combatte le proprie battaglie, assedia o difende le sue Troia specifiche, si imbarca, di ritorno a Itaca o naviga con una naturalezza, prima esclusivamente maschile, verso l'incerta isola dei pirati"
E quello che affascina lo scrittore, non è tanto il nuovo viaggio intrapreso dalla donna, sempre più di se stessa, quanto il fatto che in questo viaggio non si libera "di questa zona grigia, ambigua", "tra le vecchie regole scritte dagli uomini e quelle che lei stessa, con sforzo e impegno, cerca e riesce a tracciare adesso. Tra l'istinto di sopravvivenza e caccia autosufficiente, sempe più fermo, e l'istinto del nido-utero-cuore, che ancora, a volte, e qualche volta per sua disgrazia, non è riuscita a lasciarsi indietro. O non vuole".
Così il cambiamento della storia delle donne, a cui Arturo Pérez Reverte guarda affascinato, perché, ama dire, sarà dalle donne che arriveranno i personaggi più interessanti in letteratura, si muove tra due direzioni che sembrano contrapposte: la conquista di se stesse e la difesa del loro ruolo tradizionale. Pérez Reverte sembra attratto dalle prime, dalle donne che, come ha detto nelle interviste che hanno accompagnato l'uscita di El tango de la guardia vieja, sanno prendere un fucile e sparare agli indiani, accanto all'uomo. Ma non può evitare di sentire ammirazione verso le donne che, "sottomesse per secoli a codici imposti dagli uomini e considerando queste esigenze come un destino ineludibile e come un dovere, hanno tessuto pazienti ai telai, hanno mantenuto acceso il fuoco che dava calore e vita, hanno costruito famiglie, società e mondi, intorno al loro ventre fertile e alla loro volontà tenace e generosa".
Erano altre donne, erano altri tempi, ammette Pérez Reverte, "non hanno potuto scegliere, eppure hanno saputo essere all'altezza morale che quel mondo ingiusto esigeva loro". E non so perché, al pensare a quelle donne e alla poesia con cui lo scrittore le descrive e le ricorda, perché le nostre nonne e molte nostre mamme provenivano da quel mondo, viene da emozionarsi con orgoglio, per tutto quello che il nostro genere ha saputo dare alla società, dal silenzio e dalla sottomissione a valori che l'hanno umiliato (e lo umiliano in tante parti del mondo, pur di controllarne l'utero).
Le riflessioni dello scrittore spagnolo arrivano dalla lettura di un'epigrafe romana, inviatale da un'amica ricercatrice dell'Università di Siviglia. E' l'omaggio a una matrona scomparsa: "Tu, così grande, conservata in un'urna così piccola (…) Irreprensibile a casa e ancora più irreprensibile fuori, era l'unica che poteva affrontare tutto (…) E' sempre stata la prima ad abbandonare il letto e anche l'ultima ad andare a dormire, dopo aver lasciato tutto in ordine; la lana non si è mai allontanata dalle sue mani senza una ragione e nessuno la superava nel desiderio di compiacere; i suoi costumi erano sani. Non ha mai pensato a se stessa, non si è mai considerata libera".
Un'epigrafe romana che, 30 secoli fa, descriveva già alla perfezione la vita di molte donne, ancora oggi, nonostante i progressi. Ma è l'ultima frase ad attirare l'attenzione del lettore e di Pérez Reverte: " Non ha mai pensato a se stessa, non si è mai considerata libera".
"In trenta secoli di letteratura e di storia, non credo che nessuno abbia mai sintetizzato in modo così preciso, bello, giusto e triste, la storia delle donne come la riassumono queste parole" commenta lo scrittore.
Grazie, don Arturo, per quest'articolo carico di affetto e lirismo e per quest'epigrafe romana, che fa riflettere su tante cose.