giovedì 21 febbraio 2013

I socialisti catalani chiedono l'abdicazione del Re. Che sarà operato il 3 marzo

Fino a ieri le richieste di abdicazione di re Juan Carlos erano toccate a senatori più o meno folkloristici e a gruppi minoritari repubblicani. Ma ieri, per la prima volta, è stato il Segretario del Partito Socialista Catalano Pere Navarro a chiedere che il sovrano si faccia da parte e lasci il trono al figlio Felipe, affinché possa guidare la Spagna attraverso una segunda transición. Il PSOE si è immediatamente smarcato, con un comunicato in cui assicura di non condividere "affatto" le affermazioni di Navarro, considerate "totalmente inadeguate". Ma in realtà il PSOE può rimproverare a Navarro solo i tempi: da ieri è in corso in Spagna il Dibattito sullo Stato della Nazione e arrivare sui media con una richiesta così clamorosa come l'abdicazione del Re non è la cosa più intelligente che si possa fare, visto il clima di accuse e controaccuse tra i due principali partiti spagnoli.
La richiesta di abdicazione in sé, invece, non è cosa così peregrina e Navarro la avanza dalla sua posizione di "repubblicano convinto", che riconosce a re Juan Carlos tutti i meriti del suo regno trentennale: la conquista pacifica della democrazia, il lungo periodo di pace e di benessere da lui garantito, la nascita dello Stato Sociale favorita dai suoi Governi. Insomma don Juan Carlos è stato "un buon re" e non è in discussione. Come si direbbe in Italia, il problema è un altro.
La Spagna è un Paese in crisi economica, sociale e politica, chi legge Rotta a Sud Ovest legge spesso delle difficoltà che gli spagnoli devono affrontare, degli sfratti e degli indignados, delle spinte centrifughe della Catalogna e delle esigenze di pace in Euskadi, della corruzione della classe dirigente e degli scandali finanziari. Insomma, la Spagna è un Paese che può ripartire solo attraverso una rifondazione del suo modello economico, politico e sociale. E la Monarchia, secondo Navarro, "non può rimanere al margine dei cambi", deve cioè "modernizzarsi", deve "accettare le norme di trasparenza che oggi esigono i cittadini" (la Casa Reale è esclusa dalla Legge di Trasparenza che controlla conti e azioni degli Enti pubblici). Può farlo con re Juan Carlos, un uomo che appartiene a una generazione destinata al tramonto, alla metà del suo ottavo decennio di vita?
Secondo Navarro no, non può essere re Juan Carlos a guidare la Spagna nel XXI secolo. Deve farlo il principe Felipe. "Credo sinceramente che il ruolo del principe debba essere, o se mi permettere, possa essere rilevante per arbitrare i profondi cambi che richiede il nostro Paese. Questa seconda transición dev'essere costruita su nuove base istituzionali moderne, adatte al nostro tempo".
Navarro non dice niente di sorprendente o di rivoluzionario. Che re Juan Carlos appartenga ormai al passato e non possa guidare questa nuova transizione del Paese, è stato chiaro qualche mese fa, poco prima delle elezioni catalane, quando, con un comunicato nel sito web della Casa Reale, si è appellato allo spirito della Transición e si è appellato all'unità nazionale per difendere non una nuova Spagna, non il futuro, non le opportunità possibili nel cambio del modello politico, ma "quello che abbiamo". Come se questa crisi economico-politico-sociale non fosse anche risultato degli errori di quella Transición che il tempo ha dimostrato non essere così perfetta come era stata venduta ed era sembrata. Ci sono milioni di spagnoli, ormai 30-40enni, che non hanno vissuto la Transición, non hanno rapporti diretti con la sua epoca, con gli equilibri e le con le paure di cui è stata frutto. Come Felipe sono cresciuti in democrazia, hanno rapporti frequenti con i coetanei europei, hanno uno sguardo diverso verso i nazionalismi, l'establishment e lo stesso ruolo della Monarchia. E' stato allora, in quell'appello per l'unità, con lo spirito della Transizione, che si è capito come Juan Carlos fosse prigioniero del suo tempo, legato all'eroismo della sua generazione (per la quale però i più giovani non hanno ammirazione reverenziale e propongono apertamente una sua rottamazione) e dunque inadatto per traghettare il Paese verso nuove forme di convivenza.
Il tabù sull'abdicazione di re Juan Carlos è stato rotto con le sorprendenti dimissioni annunciate recentemente da Beatrice d'Olanda e a Papa Benedetto XVI. Ma, nonostante i tweets violenti, le battute sarcastiche e le conversazioni da Bar dello Sport, quando se ne parla seriamente sembra di trovarsi davanti ai discorsi che si fanno su Repubblica o Monarchia. A parole sembrano tutti repubblicani e fieramente antimonarchici, ma appena chiedi, "allora in un referendum voteresti per la Repubblica?" iniziano i se e i ma: "A noi la Repubblica ha portato sfiga", "Il re ci ha garantito la pace e la democrazia", "In fondo io così sto bene", "La Repubblica finisce sempre in una Guerra Civile e nell'isolamento dall'Europa". Lo stesso con l'abdicazione del re: abituarsi a un trono senza Juan Carlos, dopo 35 anni? Perdere anche il riferimento del Capo dello Stato, dopo aver perso tutto? Credere che il Principe possa davvero guidare il Paese nella Transizione? Bisogna avere coraggio e non tutti sono disposti ad averlo.
Il PSC, il Partito Socialista Catalano, ha deciso di andare avanti nella sua richiesta e intende convincere il PSOE, con cui è alleato, della necessità di un cambio alla testa dello Stato. "Fino a qualche tempo fa il PSOE rifiutava anche di discutere di riforme costituzionali in senso federale, ma poi Alfredo Pérez Rubalcaba le ha fatte proprie e ieri, nel Dibattito sullo Stato della Nazione, le ha reclamate" dicono i dirigenti del PSC. Ergo, il PSOE potrebbe convincersi della necessità che Felipe arrivi presto sul trono.
Una necessità che sembra segnalare anche la salute di re Juan Carlos: la Zarzuela ha annunciato che il sovrano sarà operato il 3 marzo per una riacutizzazione dei problemi all'ernia. Un intervento che non prevede particolari problemi, come la maggior parte di quelli a cui è stato sottoposto ultimamente. Ma intanto è la quarta operazione in un anno e il viaggio ufficiale previsto per il 3 marzo in Marocco è stato rimandato.