lunedì 7 gennaio 2013

Un'idea da eldiario.es: la generazione della Transición spagnola è da rottamare?

La Transición è uno dei grandi miti della storia recente spagnola ed è una delle ragioni per cui la Spagna è stata molto ammirata: un giovane re, che ha ereditato dalla dittatura tutto il potere, guida in modo pacifico, assecondato da uomini di tutte le ideologie, il passaggio del Paese alla democrazia e accetta di trasferire il potere al popolo sovrano, mantenendo per sé solo i ruoli di rappresentanza previsti dalle monarchie costituzionali. Passati quasi 40 anni, con intere generazioni che non hanno vissuto quel tempo e hanno conosciuto esclusivamente la democrazia, come i coetanei europei, la Transición rischia di trasformarsi in una specie di incubo, di peso e di freno. Da una parte ci sono le nuove generazioni, che vogliono riformare la democrazia, aprendo anche a una Spagna federale, che dia spazio a tutte le nazionalità storiche del Regno e snellisca burocrazia e poteri locali, dall'altra ci sono le generazioni che arrivano dalla dittatura, che durante la Transición hanno conosciuto le fatiche e le fragilità della democrazia e che temono un cambiamento che rimetta in gioco i faticosi equilibri conquistati.
Su eldiario.es è uscito oggi un bell'articolo, che mi ha fatto pensare a come la rottamazione non sia un concetto solo italiano. Sì, bisogna essere grati a chi ha conquistato diritti e benessere, ma è anche vero che chi ha avuto un ruolo importante in un certo periodo storico, deve saper lasciare il posto quando quel periodo è finito. Deve far sì che la propria storia non diventi un peso per l'evoluzione e lo sviluppo delle nuove generazioni. Il tempo cambia le prospettive. Ricordo l'ammirazione con cui, negli anni 80, si guardava dall'Italia alla Transición spagnola e al Re che l'aveva guidata; sento il desencanto con cui oggi, le nuove generazioni spagnole, che hanno conosciuto solo le conseguenze della Transición e le vedono anche nella stessa crisi politica ed economica del Paese guardano a quel periodo storico e a quello stesso sovrano.
Ruth Toledano prende spunto dall'intervista "in ginocchio" di Jesús Hermida a re Juan Carlos, in occasione dei suoi 75 anni per parlare della generazione che "ha fatto" la Transición. Che in Spagna è un po' come la generazione che "ha fatto" il 68 in Italia: mitizzata, coccolata, vezzeggiata, superba, narcisista ed egocentrica, ma senza grandi risultati da poter vantare davvero. Subito dopo l'intervista al Re, TVE1 ha mandato in onda i ricordi di varie personalità famose, da imprenditori e intellettuali, ad atleti e attori, che appartengono alle generazioni della Transición. Tutte persone intorno ai 70 anni, tutte giustamente orgogliose di quel passato, sono quelli che il Re ha definito "la generazione della libertà" e per questo si sentono un po' speciali rispetto a chi è nato in democrazia.
E il risultato è la stanchezza di Ruth Toledano: "La parola generazione si è ripetuta come se fosse l'ultima parola e come se fosse l'ultima generazione. Come se non ce ne fosse stata un'altra. Come se la storia di Spagna fossero solo loro. E' una brutta sensazione che ci trasmette sempre la generazione della Transición. Brutta per essere superba ed egoista" scrive la giornalista.
E tanta soddisfazione di se stessa, non è accompagnata dai risultati perché, vista 35 anni dopo, la Transición non è stata granché: "Credono di aver fatto miracoli e quello che hanno fatto non sono stati altro che patti più che discutibili. Non si è fatta giustizia, non si è chiesto perdono. Si è ereditato quello che ha voluto Franco, iniziando dal Re. Si è permessa la permanenza dei fascisti al potere, si è riservato un posto privilegiato alla Chiesa Cattolica. Non bisogna esagerare, cari signori e signore della Transición. Magari avete fatto quello che avete potuto e non potevate fare di più, d'accordo, ma sarebbe gradita una certa umiltà al riconoscerlo".
Toledano si è indignata per lo sprezzo mostrato per le generazioni successive, nelle quali alcuni intervistati sentono di non vedere niente di valido e carismatico. "Che poca vista. E, soprattutto, che poca generosità. E' che quelli della "generazione della libertà" non vedono cos'hanno lasciato, quello che hanno fatto, quello che hanno combinato i loro banchieri, i loro imprenditori, i loro presidenti, i loro amministratori delegati, il loro Re? E' che non rimane loro un po' di dignità? Quella sufficiente per avvicinarsi ai giovani, analizzare insieme gli errori, scambiare idee, prospettive, atteggiamenti. Rispettare Poi dicono che si deve rispetto agli anziani. Un rispetto dovuto, ovviamente, ma che bisogna meritare. Come meritano rispetto le generazioni successive, i giovani che stanno cercando di superare le trappole di quella supposta libertà di quella generazione. Che si è dimostrato essere libertinaggio".
Come cambiano le prospettive, secondo l'età e le esperienze di chi guarda. Come è triste non capire quando è ora di lasciare il passo e obbligare a parole come rottamazione.