Sta suscitando grandi polemiche, non solo
nell'Uruguay, la decisione della Corte Suprema del piccolo Paese sudamericano
di dichiarare incostituzionale la legge che dal 2011 considera imprescrittibili
le violazioni dei diritti umani durante la dittatura militare. Cadendo
l'imprescrittibilità, molte cause aperte, per stabilire le responsabilità dei
militari nei casi di violazioni dei diritti umani, saranno archiviate.
Nel 2011, l'Uruguay si era dotato, con molta fatica, di una legge che stabiliva
che i reati contro i diritti mani non potevano essere prescritti; in questo
modo i familiari dei desaparecidos e le associazioni per i diritti umani hanno
potuto chiedere alla Giustizia di fare luce sugli anni bui della dittatura.
Negli anni passati gli uruguayani avevano rifiutato con ben due referendum, nel
1989 e nel 2009, che venissero indagati i casi di violazione dei diritti umani
avvenuti durante la dittatura: al contrario della vicina Argentina e del Cile,
gli esteños hanno sempre preferito evitare di fare i conti con il passato, anche
sotto gli ultimi due governi socialdemocratici.
La legge del 2011 era stata salutata come un grande successo della causa dei
desaparecidos. E che la Corte Suprema l'abbia dichiarata incostituzionale è
cosa che ha creato feroci polemiche. Tanto che la senatrice Lucía Topolansky,
moglie del presidente José Mujica e membro del Frente Amplio ha assicurato che
potrebbe iniziare un processo politico contro i membri della Corte. Di questi,
solo il Ministro Ricardo Pérez Martínez ha votato contro la risoluzione, mentre
Jorge Ruibal Pino, Jorge Larrieux, Julio César Chalar e Jorge Chediak (tutti
uomini!) hanno ritenuto che la legge sia incostituzionale perché è impossibile
applicare la retroattività al diritto
penale.
"La prima conclusione che possiamo trarre è che la sentenza chiarisce che
i reati commessi durante la dittatura sono comuni, non di lesa umanità
e, pertanto, si prescrivono. Questo non significa che i repressori in carcere
vengano rimessi in libertà. Diverso caso è quello che potrebbe succedere con le
cause aperte, con i militari indagati; ritengo che, per effetto della sentenza,
rimarrebbero prescritti. Ma questo non significa che i militari detenuti non
possano essere indagati per altre case" ha spiegato l'avvocato Federico Alvarez Petraglia ai media locali.
L'Alto Commissario dell'Onu per i Diritti Umani Navi Pillay si è dichiarata
"preoccupata" per la sentenza: "Mi preoccupa seriamente che
questi fatti possano ristabilire l'ombra dell'impunità in un Paese che ha
iniziato a conciliarsi con la verità e la giustizia, per il pieno rispetto dei
suoi obblighi, derivati dal diritto internazionale" ha fatto sapere in un
comunicato. La sentenza della Corte Suprema, ha insistito, "apre un cammino
per la chiusura delle indagini in corso sulle violazioni dei diritti umani,
violando il diritto delle vittime alla verità, giustizia e riparazione".
La decisione dei magistrati è "allarmante", dice ancora Pillay,
perché "arriva solo pochi giorni dopo" la decisione della Corte
Suprema di trasferire dal penale al civile la giudice Mariana Mota, che stava
indagando su centinaia di cause legate alle violazioni dei diritti umani
avvenute durante la dittatura militare. Una decisione, anche questa, che ha
casato molte polemiche nel Paese.
L'annuncio della richiesta di un processo politico per i magistrati della Corte
Suprema ha intanto diviso il Frente Amplio, l'alleanza di centro sinistra che
sostiene il Governo del Presidente José Mujica; a volere un processo ai
magistrati solo il Partito Comunista, mentre gli altri partiti della coalizione
preferiscono essere più prudenti e affidarsi prima agli organismi
internazionali e studiare bene il da farsi. Il Frente Amplio è stato unanime al condannare la sentenza
della Corte Suprema, con sfumature diverse e sempre nel rispetto dell'indipendenza
dei magistrati e della divisione dei poteri.
Non è rimasta indifferente neanche l'opinione pubblica. Dalle reti sociali si
annuncia una marcia silenziosa a Montevideo in segno di protesta per la decisione
della Corte Suprema. I principali del Frente Amplio la sostengono, come prima
manifestazione dello scontento uruguayano.