mercoledì 30 maggio 2012

#yosoy132, il movimento studentesco che tiene in scacco la campagna elettorale messicana

Manca un mese al 1° luglio, il giorno in cui i messicani eleggeranno il loro nuovo presidente, successore di Felipe Calderón. E la campagna elettorale, che sembrava noiosamente avviata a dare la vittoria al 45enne Enrique Peña Nieto, ex governatore dello Stato del Messico e leader del PRI, il Partito Rivoluzionario Istituzionale (ci può essere qualcosa di più contraddittorio di una "rivoluzione istituzionale"?), che ha governato il Messico per oltre 70 anni, prima dell'interruzione rappresentata dal PAN di Vicente Fox e Felipe Calderón, si è improvvisamente vivacizzata.
L'11 maggio Enrique Peña Nieto ha visitato la Universidad Iberoamericana di Città del Messico ed è stato duramente contestato dagli studenti. Peña Nieto, EPN per tutti, è il candidato dell'establishment messicano: belloccio, sposato in seconde nozze con l'attrice Angélica Rivera, con cui è riuscito a formare una famiglia ben venduta dai media affini, con i tre figli di entrambi (sei in tutto), nati da precedenti matrimoni, perfettamente integrati, è vicinissimo alla Chiesa Cattolica (anche se ha avuto due figli da relazioni extramatrimoniali, durante il primo matrimonio) e ai poteri forti messicani. Il suo passaggio come Governatore del Messico si è fatto notare più per pena che per gloria; ancora oggi è contestatissimo per l'uso della forza fatto nella cttadina di San Salvador de Atenco, nel 2006, quando le proteste di un gruppo di cittadini sono state soffocate nella violenza dalla Polizia, con due morti e centinaia di arresti arbitrari. Oggi EPN dice di aver molto imparato da quell'esperienza, che l'uso della violenza è stato eccessivo e che sotto un suo mandato non succederà mai più una cosa del genere. Difficile credergli per chi vede in lui l'ennesimo uomo dell'establishment, che rivuole mettere il Paese nelle mani del partito che per 70 anni ne ha impedito il progresso. Ma fatto sta che Enrique Peña Nieto è il favorito alle elezioni e in queste vesti si è presentato all'Universidad Iberoamericana. E qui è successo l'incredibile.
Gli studenti hanno iniziato a rumoreggiare davanti al discorso di Peña Nieto e a chiedergli conto di Atenco, lui si è trovato in sempre maggiori difficoltà davanti alla protesta crescente (del resto, se esce dal copione stabilito, EPN va in crisi, come dimostra la gaffe alla Fiera del Libro di Guadalajara, quando non ha saputo indicare un solo libro che ha letto), finché l'organizzazione lo ha allontanato, facendolo rifugiare nei bagni.
Sarebbe tutto finito lì, con un incidente di percorso in una campagna elettorale noiosa e prevedibile. Ma sono intervenuti i grandi media messicani, quelli che sostengono da tempo EPN senza se e senza ma. Televisa in primis. E dire Televisa, nel Messico, non significa dire solo telenovelas esportate in tutto il mondo, ma anche i notiziari più visti del Paese, le testate di carta più vendute e le radio più ascoltate. Televisa è il secondo impero mediatico dell'America Latina, secondo solo al brasiliano Globo. Sono state Televisa e TVAzteca, la sua principale avversaria, a presentare le contestazioni degli studenti a EPN come le proteste di un gruppo di facinorosi fascisteggianti, troppo adulti per essere davvero studenti; il politico del PRI ha cercato di ridimensionare gli incidenti, attribuendoli a poche decine di persone estranee all'università. La sua versione è stata l'unica raccontata ai messicani nelle ore di massimo ascolto televisivo.
Ed è successo che nelle reti sociali è montato lo scontento degli studenti, sempre più indignati al vedere la manipolazione dei fatti. Così hanno deciso di realizzare un video, pubblicato su youtube, in cui raccontano la loro versione dei fatti e si presentano in 131, con il loro libretto universitario in mano. In poche ore il video ha ottenuto un successo strepitoso e nelle reti sociali l'hashtag #yosoy132, io sono il 132, è stato Trending Topic messicano per ore. E' stato inevitabile il passaggio ulteriore, già visto in tutti i movimenti sociali partiti dai giovani, siano avvenuti nel Nordafrica, nel Cile o in Spagna: il salto dal web alla strada. E anche in questo caso il successo è stato travolgente e ha superato ogni più rosea aspettativa. Attraverso il web si sono uniti alle proteste gli studenti di altre Università e di altre città della Repubblica Messicana, il Tecnológico di Monterrey, la Anáhuac, La Salle, el Instituto Tecnológico Autónomo de México (ITAM); e si è capito che gli studenti non si sarebbero fermati quando ha aderito anche la Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), la più importante università messicana. Da un paio di settimane scendono nelle strade delle principali città messicane decine di migliaia di studenti, a cui si stanno unendo anche altre fasce della popolazione, per chiedere un Messico dotato di pluralità informativa e di media che informino senza manipolare.
Interpretare le proteste studentesche come una rivolta anti-EPN, come stanno cercando di fare gli altri candidati alla presidenza, è un'ulteriore manipolazione. Perché è vero che la maggior parte degli studenti non voterebbe per il candidato del PRI, ma è anche vero che il movimento è apartitico e le richieste sono altre: la vera esigenza è la pluralità dell'informazione, che permetta ai cittadini di essere davvero informati e di compiere le proprie scelte avendo gli strumenti per farlo, senza essere manipolati. E' una richiesta serissima, che parla delle basi elementari della democrazia e a cui, come italiani, non si può essere insensibili, visto lo stato dell'informazione italiana, soprattutto televisiva.
Tra tutti i candidati è sorprendentemente Enrique Peña Nieto quello che ha saputo reagire meglio, riconoscendo il diritto degli studenti di chiedere un Messico migliore e più democratico e senza cercare di utilizzare le manifestazioni nella propria campagna elettorale.
Adesso nel Messico preoccupato da queste manifestazioni sempre più crescenti e da questa protesta montante, ci si chiede cosa sarà di #yosoy132 e si fanno paragoni con le grandi proteste studentesche cilene (ma qui, come hanno notato vari editorialisti, manca una Camila Vallejo che sappia avere il carisma e la visione per dare un obiettivo alle manifestazioni), con le istanze degli indignados spagnoli, in lotta contro la corruzione e per una divisione più giusta del costo della crisi economica, con gli studenti che hanno cercato di democratizzare i Paesi arabi. Ma in realtà, come nota il blog lasillarota.com, a differenza di Tunisia ed Egitto, i Paesi da cui sono partite le rivolte arabe, "il Messico sì, gode di libertà economiche e politiche. Quello che io vedo è una primavera che sta per scoppiare a causa della disuguaglianza, della povertà e della mancanza di opportunità imperanti nel Paese. Esistono 52 milioni di persone che possono scendere in strada e chiedere il cambio di regole istituzionali che privilegiano un'élite, per trasformare la politica e cambiare il cammino di questo Paese in temi come il benessere e la qualità della vita".
Riuscirà #yosoy132 a rimettere il Messico in cammino, insieme ai numerosi movimenti civili e sociali sorti in questi anni di violenza, corruzione e narcotraffico? Travolti dal loro successo, gli studenti hanno aperto una pagina web, www.yosoy132.mx e hanno appena pubblicato il manifesto di #yosoy132, per mettere i puntini sulle i. Colpiscono i punti in comune con gli indignados spagnoli, dal risveglio dopo il lungo sonno al rifiuto delle classi dirigenti e delle leggi sui diritti d'autore (sembra incredibile, ma quante proteste sono partite dal tentaivo di controllare lo scambio culturale nel web con regole vecchie e inadeguate!), e, come sempre in questi casi, colpiscono le massicce dosi di utopia (ma è anche sempre cara la frase pronunicata da José Luis Rodriguez Zapatero alla fine del discorso d'insdiamento del suo primo mandato: "Non raggiungeremo l'utopia, ma ci indicherà al direzione". La direzione è sempre la cosa più importante). Eccolo in italiano:
Siamo studenti. Siamo un antico minatore o un giovane ribelle o una bella borghese. Siamo quello che voi non siete.
Noi veniamo dalle reti, da un mondo di zeri e uno, un mondo che non conoscete e non manipolerete mai.
Non vogliamo il mondo strabico che i media costruiscono tutti i giorni per distrarci.
Siamo quelli che non hanno trovato l'uscita e si sono persi nelle scale d'emergenza. Siamo il Messico che si è svegliato.
Non crediamo nelle sviolinate della vittoria: "La democrazia ha vinto", "La storia è finita", "Trionfa la libertà", "Il mercato è aperto".
Siamo nati dal silenzio, lontani dalle voci dell nostre manifestazioni. Siamo quelli che balbettano frasi contro il potere. La nostra ideologia è erratica, vagabonda.
Siamo gli espatriati, quelli che non credono in frontiere né in passaporti. Siamo amici dei clandestini, paria che copiano software, musica e libri e li distribuiscono in tutto il mondo.
Siamo quelli che lottano per un Paese migliore, uomini e donne divisi in varie lingue, in molte culture e pensieri.
Siamo i disperati, quelli che aggiornano il
timeline ogni cinque minuti. Siamo la nostalgia della rivoluzione dei nostri genitori. Siamo la nostalgia del futuro che potrebbe essere.
Crediamo che la protesta appartenga al passato, ma crediamo anche che la protesta contro l'ordine è fondamento dell'ordine nuovo.
Siamo una strada, una deviazione.
Siamo #yosoy132