giovedì 2 maggio 2013

Lo spot Adiós amigos: la Spagna è un vecchio torero stanco e la Germania celebra la finale di Champions a Wembley

Ci si può accanire con l'ironia contro chi è stato battuto e deve fare i conti con il dolore della sconfitta? Mi viene sempre in mente la celebre frase Vile, tu uccidi un uomo morto, per cui mi riesce impossibile celebrare le altrui sconfitte. Tranne quando si tratta del calcio spagnolo (della Nazionale, più che dei Club). Colpa degli spagnoli e della loro incapacità di rispettare gli avversari, specie se più titolati, e colpa dei loro sarcasmi e della loro mala leche verso l'Italia, ogni volta che si parla di calcio, come se attraverso questo sport possano sfogare tutta la loro antipatia per il Belpaese.
Ma se si tratta di Club il discorso un po' cambia: ho simpatia sia per il Real Madrid che per il Barcelona, mi diverte la loro rivalità, che non è solo sportiva, mi piacciono le dispute tra béticos e sevillistas nei bar di Siviglia e in linea di massima, quando una squadra spagnola si afferma in Europa, mi fa piacere per lei, soprattutto se si chiama Atlético o Sevilla.
Quest'anno la Champions League è finita con un derby Spagna-Germania che è andato malissimo per la prima. Il Borussia Dortmund ha battuto il Real Madrid per 4 a 1, nello Stadio che noi italiani amiamo per gli ottimi ricordi della semifinale del 2006, ed è stato battuto per 2 a 0, inutilmente, al Santiago Bernabéu: a un solo gol dalla gloria, hanno titolato, delusi e orgogliosi i giornali spagnoli. Il Madrid ha muerto con las botas puestas, è morto lottando, dicono oggi i tifosi blaugrana, perché il Barça, pure lui eliminato, non ha fatto altrettanto: ha perso, malamente entrambe le partite di semifinale, 4 a 0 in Germania e addirittura 3 a 0 al Camp Nou contro il Bayern Monaco. Il Barça non c'era e se c'era non si riconosceva, assicurano tutti quelli che hanno visto la partita.
La doppia eliminazione ha un sapore amaro per la Spagna e sono facili le doppie letture: a chi sono state risparmiate battute tipo la Germania si prende tutto, anche il calcio e ci lascia solo l'austerità, o anche il calcio adesso vuole che impariamo il tedesco? La Germania pigliatutto, sorda alle grida di dolore del Sud, che detta legge anche nel calcio, oltre che nell'economia.
In questa doppia semifinale, che ha confrontato quello che era il campionato più bello del mondo, ma è adesso indebitato come pochi e prossimo allo scoppio della bolla in cui è vissuto, e quello che si accinge a diventarlo, a colpi di conti in ordine, stadi pieni e vivai curati con attenzione, la Spagna esce con le ossa rotte. Pure in questo caso, oltre che in quelli economici, politici e sociali. La Germania che dà lezioni su tutto, persino sul calcio, agli spagnoli. Cose mai viste.
O cose che si sono sempre viste, perché ditemi quando la Germania non c'è stata, nel calcio. Ma discuterne con uno spagnolo è misión imposible: o li si trova in fase di esaltazione, e si inchini anche il Brasile al loro passaggio, o li si trova in fase di depressione e bisogna pure consolarli, lucidi e obiettivi, quasi mai.
Che siamo alla fine di un'epoca lo si capisce anche dal fatto che dal prossimo campionato non ci saranno più Pep Guardiola, che allenerà, guarda caso, il Bayern Monaco, né José Mourinho, che passerà al Chelsea. Come sopravvivere senza i due allenatori che negli ultimi anni hanno rappresentato due modi così diversi di vivere e amare il calcio? Come continuare a essere presenti in Europa senza le sparate di Mou e senza l'umiltà, spesso stucchevole, tutto sia detto, di Pep? Difficile immaginarlo. Ci sarà tutto da inventare, dal prossimo campionato.
Forse per questo lo spot con cui la tv tedesca celebra la doppia sconfitta della Spagna in Champions risulta un po' antipatizzante: un'estetica muy torera, con un vecchio matador in carne, stanco e piangente fiaccato anche da due banderillas con i colori del Bayern e del Borussia, ficcate proprio là, dove la schiena perde il suo nome; una frase in spagnolo, Adiós, amigos, e la presa in giro continua con l'invito a seguire la finale di Champions, a Wembley.
Il pericolo rosso è scampato e, vada come vada il 25 maggio, sarà una festa tedesca. Ma sta bene prendere in giro lo sconfitto umiliato e dolente? Mah.
Lo spot, da eleperiodico.com