giovedì 2 maggio 2013

Un aborto negato nel Salvador e una nuova legge in Spagna. Che negherà l'ultima decisione alle donne

I media spagnoli stanno seguendo con attenzione, da qualche giorno, le vicende di una giovane salvadoregna, Beatriz. Ha 22 anni, ha un bimbo di due anni, è incinta di 20 settimane di un feto anencefalo (senza cervello), condannato dunque a morire non appena nato, soffre di un'insufficienza renale grave e di una malattia, chiamata lupus eritematoso discoide, che mettono in grave pericolo la sua vita.
I medici hanno raccomandato a Beatriz un aborto terapeutico, ma il problema è che nel Salvador l'aborto è totalmente proibito e viene punito con fino a 50 anni di carcere per le donne, che vengono processate per omicidio aggravato, e con 12 anni per i medici che lo praticano.
Il Ministro della Salute María Isabel Rodríguez ha chiesto un permesso speciale per salvare Beatriz, mentre la Conferenza Episcopale locale ha fatto sapere che l'aborto va proibito in tutti i casi (ma questo non è omicidio premeditato?!).
Gli avvocati della 22enne, che appartiene a un'umile famiglia delle campagne salvadoregne, hanno chiesto aiuto alla Corte Costituzionale del Salvador e alla Corte Iberoamericana dei Diritti Umani. Quest'ultima ha chiesto a El Salvador di rispettare la diagnosi dei dottori e di farlo senza perdere tempo.
L'aborto non è ancora stato praticato e non si sa ancora quando lo sarà, dato che il Governo salvadoregno non ha ancora reagito. La vicenda di Beatriz ha riportato d'attualità il dramma che le donne e le loro famiglie vivono nei Paesi in cui l'aborto è proibito: nel Salvador ci sono 19 donne in carcere per aver abortito e 13 sono morte per non aver potuto abortire, un'operazione che avrebbe salvato loro la vita; nella Repubblica Dominicana nel 2012 si è dato largo spazio al caso di una 16enne ammalata di leucemia, a cui non fu permesso di curarsi, perché i farmaci avrebbero messo in pericolo la vita del figlio che aspettava: l'adolescente è morta. In Irlanda, un altro Paese in cui l'aborto è proibito, è morta pochi mesi fa una giovane indiana, Savita Halappanavar, a cui è stato negato l'aborto.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Salute si stima che ogni anno muoiano 40mila donne, a causa di aborti praticati clandestinamente. 
Perché la Spagna segue con attenzione la storia di Beatriz? Perché il Governo, non contento di avere una gravissima crisi economica da risolvere, ha deciso di distrarre l'opinione pubblica con una controriforma della legge sull'aborto. Nel 2010 José Luis Rodriguez Zapatero ha dotato la Spagna di una legge europea, secondo la quale le donne possono abortire entro la 12° settimana senza dover fornire spiegazioni (dopo la richiesta di interruzione della gravidanza, hanno tre giorni di riflessione, durante i quali vengono informate di tutte le alternative possibili, dagli aiuti alle madri alle adozioni, poi, se decidono di abortire, viene loro praticata l'operazione); le 16enni possono abortire in presenza di un tutore legale, anche senza informare i propri genitori.
Mariano Rajoy aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe cambiato la legge sull'aborto in senso restrittivo non appena arrivato al Governo. Lo terrorizzava e indignava, soprattutto, la possibilità che le adolescenti potessero abortire senza informare i propri genitori (è successo solo nell'8% dei casi riguardanti le minorenni…) Ci ha provato varie volte, rimandando sempre la decisione, fino a quando il tema è tornato d'attualità, per il duro intervento della Conferenza Episcopale Spagnola, che gli ha chiesto il mantenimento della promessa.
Le varie volte che ha parlato della controriforma, il Ministro della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón (e non il Ministro della Sanità Ana Mato…) ha sempre allarmato l'opinione pubblica, non solo femminile. Ha fatto capire che si sarebbe tornati a una legge simile alla precedente, voluta da Felipe Gonzalez negli anni 80 e mai toccata da José Maria Aznar: una legge che giustificava l'aborto solo in tre casi, malformazione del feto, violenza sessuale e pericolo di vita per la madre. Ma.
Ha anche detto che la malformazione del feto non può essere ragione d'aborto, perché questi feti non possono essere discriminati; ha fatto capire che nei casi di violenza sessuale bisognerà analizzare se davvero si è trattato di violenza e bisognerà discutere caso per caso. Alcuni media parlano di fonti vicine al Governo, secondo le quali sarà in discussione il diritto di decisione finale alle donne.
Il PSOE, che sembra aver trovato finalmente un terreno in cui spiegare le sue origini progressiste, ha fatto sapere che se verrà toccata la legge sull'aborto, denuncerà il Concordato con la Chiesa Cattolica, e lo abolirà, una volta tornato al Governo. E, siccome in Parlamento il PP ha una maggioranza schiacciante, ha annunciato grandi manifestazioni e mobilitazioni (che chissà a cosa serviranno, vista la sordità mostrata finora dal PP alle istanze provenienti dalle manifestazioni degli spagnoli).
Qualche giorno fa, sulla bacheca di Facebook un amico di Rotta a Sud Ovest, si discuteva dell'opportunità di tornare alle urne il più presto possibile in Italia, pur di evitare l'alleanza 'perversa' PD-PDL. E io pensavo che se si andasse oggi alle urne, il M5S non avrebbe il brillante risultato ottenuto a febbraio, il PD non sarebbe in grado di affrontare le elezioni, il PDL arriverebbe a una maggioranza assoluta tipo quella di cui il PP gode in Spagna. Ecco, vedendo cosa sta succedendo in Spagna, in temi così sensibili come l'aborto, io eviterei di dare maggioranze assolute alla destra: non solo non mantiene una promessa elettorale una, ma poi favorisce involuzioni così potenti da essere aberranti per la dignità individuale.