mercoledì 15 maggio 2013

La Spagna, il 15-M, gli indignados e il ritorno agli anni 70

Pessimismo, realismo? Non lo so, ma a volte ci sono segnali poco incoraggianti e a metterli insieme, per comporre il puzzle finale, rimane sempre un dubbio, che fa sì che la indignación sia amica più fedele della speranza.
Mi è piaciuto molto un articolo scritto dal direttore di eldiario.es Ignacio Escolar, in cui ha messo insieme i suoi tasselli e la sua visione di Spagna, proprio oggi, secondo anniversario di una manifestazione che colorò le piazze spagnole, mostrò un'altra Spagna al mondo e chissà. Eccolo in italiano.

La televisione pubblica un giorno invita a pregare per trovare lavoro e l'altro dà consigli ai padri contro le minigonne delle figlie perché "siamo nella stagione dell'anno in cui si mostra tutto" e "non bisogna mescolare l'abbigliamento con la sensualità" (non è un modo di dire di Escolar, effettivamente il telegiornale di TVE1 ha invitato gli spagnoli e a pregare e a controllare l'abbigliamento delle adolescenti). Noi spagnoli viaggiamo: i giovani in Germania, per lavoro; i ricchi in Svizzera, per lasciare i soldi; gli scienziati negli Stati Uniti e le donne presto torneranno a Londra per abortire. Le proteste sono così costanti come le cariche della Polizia; c'è chi perde un occhio per uno sparo in alto, perché i manifestanti sono persone che sanno volare (tutto vero anche questo: una manifestante di Barcellona ha perso un occhio e la giustificazione ufficiale continua a essere che è stata raggiunta da uno sparo in alto). Tornano il metodo assembleare, l'associazionismo, la militanza, i mezzi di comunicazione autogestiti e la mobilitazione. E ricordiamo il nome della Delegata del Governo (il Prefetto, più o meno, si riferisce a Cristina Cifuentes, la delegata del Governo a Madrid, di cui ricordo il nome anche io a causa dei suoi continui interventi mediatici e polemici), un posto quasi anonimo, fino a oggi.
La monarchia viene messa in discussione. I partiti, anche. Per la prima volta in 35 anni il nome del candidato sembra più importante delle sigle che ha dietro (che sigla politica c'era, negli anni 70, con più tradizione del PCE, grande perdente della transición?). La religione torna con forza a scuola e nell'utero delle donne. I contadini a giornata occupano le fincas e chiedono la riforma agraria. I programmi di dibattito politico occupano gli orari più seguiti dai telespettatori e un programma sul modello educativo della Finlandia diventa leader d'ascolto.
I sondaggi impazziscono e in essi appare un Paese che nessuno sa molto bene come catalogare. L'economia di mercato è messa in discussione: solo il 47% dei cittadini appoggia il sistema capitalista.  Partiti non sono più imprescindibili per i cittadini: il 57% crede che senza di loro, la democrazia potrebbe funzionare. Neanche la stessa democrazia è più sacra: solo il 61% lo considera il miglior sistema possibile.
Il futuro? Chi lo sa. Per il presente è un passato imperfetto che si ripete smepre di più.