Il 2 luglio 2008 l'Esercito colombiano realizzava una delle operazioni
militari più spettacolari che si possano immaginare, la Operación Jaque. Unendo
intelligence e azione riuscì a liberare, senza colpo sparare, 15 ostaggi delle
FARC, tra cui Ingrid Betancourt, i tre contrattisti americani e undici soldati e
poliziotti colombiani, alcuni dei quali in mano della guerriglia da una decina
d'anni. Fu solo sull'elicottero della ONG fittizia che doveva portarli, secondo
un accordo con le FARC in un altro punto della giungla, che i 15 ostaggi seppero
di essere, in realtà, nelle mani dell'Esercito colombiano e, pertanto, liberi.
Cinque anni dopo il settimanale colombiano Semana racconta che la Operación
Jaque segnò un prima e un dopo: il suo modello viene studiato negli Stati
Uniti, in Francia, in Spagna e in vari Paesi sudamericani. Le FARC non si sono
mai riprese dal colpo di credibilità che è stato per loro aver creduto agli
infiltrati dell'Esercito e allo spostamento degli ostaggi nella giungla
attraverso gli elicotteri di una ONG.
Il settimanale ricostruisce anche la vita di alcuni dei sequestrati liberati, in
questi ultimi cinque anni. Ognuno di loro ha dovuto fare i conti con i ricordi e
gli incubi della selva, ha dovuto ricostruire i rapporti con i familiari e una
nuova vita, in equilibrio tra l'esperienza vissuta in mano alle FARC e le aspirazioni precedenti. C'è chi ha divorziato, chi ha avuto figli, chi ha
cambiato lavoro, chi cerca l'amore, chi ha studiato, chi prosegue i propri
studi.
Ingrid Betancourt, a cui Semana dedica un'intervista a parte, vive adesso in
Gran Bretagna, dove sta studiando Teologia, una scelta, dice, dovuta alle stesse
ragioni per cui si è candidata alla presidenza della Colombia, prima del
sequestro: "La linea di coerenza nella mia vita è come trasformiamo il
mondo. C'è una permanente indignazione per quello che abbiamo fatto di questo
mondo che ci hanno dato. E così come penso che in politica le azioni sono
necessarie per dare risposte concrete, credo che la teologia permetta di
riflettere su chi siamo per poter dare queste risposte. La lotta politica si
giustifica perché abbiamo la responsabilità di fare di questo mondo, quello
che Dio ha voluto".
Da quando è stata liberata è tornata in Colombia solo una volta, ma nei suoi
progetti c'è di tornare prima o poi nel suo Paese. La popolarità conquistata
durante il sequestro è crollata quando ha chiesto allo Stato un indennizzo per
i sei anni passati nella selva: "C'è stata un'incomprensione che mi ha
ferito moltissimo. E' stato come uscire da una selva per entrare in un'altra.
L'ho trovato molto ingiusto, mi ha ferito molto e questo ha prolungato il
processo di cura delle ferite. Ma mi ha fatto capire che la relazione che devo
stabilire con la Colombia dev'essere basata sulla verità e non sulle
calunnie". Ingrid sostiene il processo di pace iniziato dal presidente Juan
Manuel Santos, "un uomo sintonizzato con il Paese", e ritiene che i
problemi che si stanno affrontando a L'Avana "arrivino dall'Indipendenza,
il possesso delle terre, i profughi, penso che con i dialoghi di pace ci sia un
cambio spirituale di cui non siamo coscienti, perché è ancora una
novità".
Il settimanale informa anche della nuova vita di altri ostaggi liberati cinque
anni fa.
Il sergente Amaón Flórez Pantoja ha realizzato il sogno più importante della
sua vita: avere una famiglia; cinque mesi fa è nata la figlia Valeria, avuta
dall'infermiera Jancely Betancort, con cui vive nel dipartimento del Cauca;
continua a lavorare per l'Esercito: è impiegato nella parte amministrativa
dell'unità degli idrocarburi della Terza Divisione.
Il sergente di Polizia Julio César Buitrago è tornato a vivere a Miraflores,
il luogo in cui è stato sequestrato e dove lavora nello staff tecnico
dell'aeronautica della Polizia. Racconta che aggiornarsi sugli enormi progressi
tecnologici compiuti nei suoi dieci anni di prigionia, non solo per gli aerei,
gli è costato "un mondo": non solo fisica, chimica, calcoli, ma anche
le presentazioni con le diapositive o i cellulari. Ha perso la sua famiglia, la
moglie e le due figlie, la più piccola delle quali è nata il giorno prima del
suo sequestro: da 4 anni non hanno più contatti. Ha incontrato una fidanzatina
dell'adolescenza e sta ricostruendo con lei la sua vita sentimentale.
John Jairo Durán è il sergente di Polizia che riportò dalla selva i diari del
colonnello Julián Ernesto Guevara, morto durante la prigionia a causa delle
difficili condizioni di vita. Sostiene di non avere più incubi per gli anni
passati nella selva e di aver recuperato la normalità nella sua vita personale.
Si occupa di tecnologia per mantenere a punto i macchinari dell'esercito e
studia inglese, perché sogna di fare un master in Ingegneria e volare
all'estero. "Quando uno è libero ha l'opportunità di sognare"
commenta.
Non vive di ricordi neanche Juan Carlos Bermeo, il più alto ufficiale in grado
liberato dall'Operazione Jaque. La sua storia è commovente; due settimane dopo
la liberazione ha partecipato al Concerto per la Pace organizzato a Leticia, con
Shakira e Carlos Vvies, alla presenza di Alvaro Uribe, allora presidente della
Colombia, e lì ha conosciuto la giornalista Natalia Hurtado, che ha poi sposato
e da cui ha avuto la figlioletta Juanita. Negli anni di prigionia il suo posto
è stato mantenuto e per otto anni ha ricevuto regolare stipendio, che suo padre
gli ha meticolosamente messo da parte; tornato libero, non ha voluto lasciare
l'esercito, ha fatto numerosi corsi di aggiornamento e oggi sta per terminare il
corso di Amministrazione d'Impresa dell'Università Militare. E' tenente
colonnello ed è comandante della zona 3 di reclutamento dell'esercito, a Cali.
Per alcuni anni il maggiore dell'Esercito Raymundo Malagón è stato un
autentico giramondo; ha approfittato di una borsa di studio del Governo francese
e si è trasferito a Parigi, dove ha imparato la lingua e ha approfondito i
propri studi; quindi, con l'idea di "non perdere neanche un minuto",
ha iniziato a viaggiare per tutta Europa e per il Mediterraneo. E' tornato a
Bogotà e adesso lavora nell'ufficio degli affari internazionali del Ministero
della Difesa e sta arredando l'appartamento appena comprato in stile francese.
Il maggiore di Polizia Javier Vianey Rodríguez si chiede ancora come abbia fatto a
sopravvivere a dieci anni di sequestro e si risponde che è stato
aiutato dai sogni e dall'attaccamento alla vita. La miglior terapia, dice, è stata aver partecipato a un corso per l'ascensione di grado e ricorda la
difficoltà di tornare a studiare e di apprendere le nuove tecnologie. Ha
studiato inglese e, grazie a un programma di cooperazione, ha potuto studiare
negli Stati Uniti e prepararsi come istruttore. Adesso sta per laurearsi in
Studi Politici con una tesi sul protocollo di assistenza per le vittime dei
sequestri. Non scarta un futuro impegno politico.
Marc Gonsalves è l'unico dei tre statunitensi liberati con cui ha parlato
Semana. Vive nel Connecticut e conduce una vita anonima, continuando il suo
lavoro per la Northrop Grumman, come analista di sicurezza e rischio. E' tornato
in Colombia solo una volta, nel 2010, per una cerimonia che ricordava la
Operazione Jaque;è in contatto permanente con Tom Howes e Keith Stansell, gli
altri due statunitensi liberati con lui, sente gli altri ex ostaggi attraverso
Facebook. Nella sua nuova vita ci sono il divorzio dalla moglie e un rapporto
più stretto con il padre, suo autentico sostegno dopo la liberazione. Il suo
sogno è "andare in pensione e vivere una vita lunga e sana, come
tutti".