venerdì 5 luglio 2013

5 anni dopo l'Operazione Jaque: cosa è stato di Ingrid Betancourt e degli ostaggi liberati?

Il 2 luglio 2008 l'Esercito colombiano realizzava una delle operazioni militari più spettacolari che si possano immaginare, la Operación Jaque. Unendo intelligence e azione riuscì a liberare, senza colpo sparare, 15 ostaggi delle FARC, tra cui Ingrid Betancourt, i tre contrattisti americani e undici soldati e poliziotti colombiani, alcuni dei quali in mano della guerriglia da una decina d'anni. Fu solo sull'elicottero della ONG fittizia che doveva portarli, secondo un accordo con le FARC in un altro punto della giungla, che i 15 ostaggi seppero di essere, in realtà, nelle mani dell'Esercito colombiano e, pertanto, liberi. 
Cinque anni dopo il settimanale colombiano Semana racconta che la Operación Jaque segnò un prima e un dopo: il suo modello viene studiato negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna e in vari Paesi sudamericani. Le FARC non si sono mai riprese dal colpo di credibilità che è stato per loro aver creduto agli infiltrati dell'Esercito e allo spostamento degli ostaggi nella giungla attraverso gli elicotteri di una ONG. 
Il settimanale ricostruisce anche la vita di alcuni dei sequestrati liberati, in questi ultimi cinque anni. Ognuno di loro ha dovuto fare i conti con i ricordi e gli incubi della selva, ha dovuto ricostruire i rapporti con i familiari e una nuova vita, in equilibrio tra l'esperienza vissuta in mano alle FARC e le aspirazioni precedenti. C'è chi ha divorziato, chi ha avuto figli, chi ha cambiato lavoro, chi cerca l'amore, chi ha studiato, chi prosegue i propri studi.
Ingrid Betancourt, a cui Semana dedica un'intervista a parte, vive adesso in Gran Bretagna, dove sta studiando Teologia, una scelta, dice, dovuta alle stesse ragioni per cui si è candidata alla presidenza della Colombia, prima del sequestro: "La linea di coerenza nella mia vita è come trasformiamo il mondo. C'è una permanente indignazione per quello che abbiamo fatto di questo mondo che ci hanno dato. E così come penso che in politica le azioni sono necessarie per dare risposte concrete, credo che la teologia permetta di riflettere su chi siamo per poter dare queste risposte. La lotta politica si giustifica perché abbiamo la responsabilità di fare di questo mondo, quello che Dio ha voluto". 
Da quando è stata liberata è tornata in Colombia solo una volta, ma nei suoi progetti c'è di tornare prima o poi nel suo Paese. La popolarità conquistata durante il sequestro è crollata quando ha chiesto allo Stato un indennizzo per i sei anni passati nella selva: "C'è stata un'incomprensione che mi ha ferito moltissimo. E' stato come uscire da una selva per entrare in un'altra. L'ho trovato molto ingiusto, mi ha ferito molto e questo ha prolungato il processo di cura delle ferite. Ma mi ha fatto capire che la relazione che devo stabilire con la Colombia dev'essere basata sulla verità e non sulle calunnie". Ingrid sostiene il processo di pace iniziato dal presidente Juan Manuel Santos, "un uomo sintonizzato con il Paese", e ritiene che i problemi che si stanno affrontando a L'Avana "arrivino dall'Indipendenza, il possesso delle terre, i profughi, penso che con i dialoghi di pace ci sia un cambio spirituale di cui non siamo coscienti, perché è ancora una novità". 
Il settimanale informa anche della nuova vita di altri ostaggi liberati cinque anni fa. 
Il sergente Amaón Flórez Pantoja ha realizzato il sogno più importante della sua vita: avere una famiglia; cinque mesi fa è nata la figlia Valeria, avuta dall'infermiera Jancely Betancort, con cui vive nel dipartimento del Cauca; continua a lavorare per l'Esercito: è impiegato nella parte amministrativa dell'unità degli idrocarburi della Terza Divisione. 
Il sergente di Polizia Julio César Buitrago è tornato a vivere a Miraflores, il luogo in cui è stato sequestrato e dove lavora nello staff tecnico dell'aeronautica della Polizia. Racconta che aggiornarsi sugli enormi progressi tecnologici compiuti nei suoi dieci anni di prigionia, non solo per gli aerei, gli è costato "un mondo": non solo fisica, chimica, calcoli, ma anche le presentazioni con le diapositive o i cellulari. Ha perso la sua famiglia, la moglie e le due figlie, la più piccola delle quali è nata il giorno prima del suo sequestro: da 4 anni non hanno più contatti. Ha incontrato una fidanzatina dell'adolescenza e sta ricostruendo con lei la sua vita sentimentale.
John Jairo Durán è il sergente di Polizia che riportò dalla selva i diari del colonnello Julián Ernesto Guevara, morto durante la prigionia a causa delle difficili condizioni di vita. Sostiene di non avere più incubi per gli anni passati nella selva e di aver recuperato la normalità nella sua vita personale. Si occupa di tecnologia per mantenere a punto i macchinari dell'esercito e studia inglese, perché sogna di fare un master in Ingegneria e volare all'estero. "Quando uno è libero ha l'opportunità di sognare" commenta. 
Non vive di ricordi neanche Juan Carlos Bermeo, il più alto ufficiale in grado liberato dall'Operazione Jaque. La sua storia è commovente; due settimane dopo la liberazione ha partecipato al Concerto per la Pace organizzato a Leticia, con Shakira e Carlos Vvies, alla presenza di Alvaro Uribe, allora presidente della Colombia, e lì ha conosciuto la giornalista Natalia Hurtado, che ha poi sposato e da cui ha avuto la figlioletta Juanita. Negli anni di prigionia il suo posto è stato mantenuto e per otto anni ha ricevuto regolare stipendio, che suo padre gli ha meticolosamente messo da parte; tornato libero, non ha voluto lasciare l'esercito, ha fatto numerosi corsi di aggiornamento e oggi sta per terminare il corso di Amministrazione d'Impresa dell'Università Militare. E' tenente colonnello ed è comandante della zona 3 di reclutamento dell'esercito, a Cali.
Per alcuni anni il maggiore dell'Esercito Raymundo Malagón è stato un autentico giramondo; ha approfittato di una borsa di studio del Governo francese e si è trasferito a Parigi, dove ha imparato la lingua e ha approfondito i propri studi; quindi, con l'idea di "non perdere neanche un minuto", ha iniziato a viaggiare per tutta Europa e per il Mediterraneo. E' tornato a Bogotà e adesso lavora nell'ufficio degli affari internazionali del Ministero della Difesa e sta arredando l'appartamento appena comprato in stile francese. 
Il maggiore di Polizia Javier Vianey Rodríguez si chiede ancora come abbia fatto a sopravvivere a dieci anni di sequestro e si risponde che è stato aiutato dai sogni e dall'attaccamento alla vita. La miglior terapia, dice, è stata aver partecipato a un corso per l'ascensione di grado e ricorda la difficoltà di tornare a studiare e di apprendere le nuove tecnologie. Ha studiato inglese e, grazie a un programma di cooperazione, ha potuto studiare negli Stati Uniti e prepararsi come istruttore. Adesso sta per laurearsi in Studi Politici con una tesi sul protocollo di assistenza per le vittime dei sequestri. Non scarta un futuro impegno politico.
Marc Gonsalves è l'unico dei tre statunitensi liberati con cui ha parlato Semana. Vive nel Connecticut e conduce una vita anonima, continuando il suo lavoro per la Northrop Grumman, come analista di sicurezza e rischio. E' tornato in Colombia solo una volta, nel 2010, per una cerimonia che ricordava la Operazione Jaque;è in contatto permanente con Tom Howes e Keith Stansell, gli altri due statunitensi liberati con lui, sente gli altri ex ostaggi attraverso Facebook. Nella sua nuova vita ci sono il divorzio dalla moglie e un rapporto più stretto con il padre, suo autentico sostegno dopo la liberazione. Il suo sogno è "andare in pensione e vivere una vita lunga e sana, come tutti".