domenica 18 agosto 2013

Le spettacolari foto del Parco Yasuní, Patrimonio della Biodiversità che l'Ecuador apre allo sfruttamento petrolifero

Il presidente dell'Ecuador Rafael Correa ha annunciato pochi giorni fa di aver dato il via libera allo sfruttamento del petrolio nel Parco di Yasuní, dal 2008 riserva mondiale della biosfera. Per dare un'idea della ricchezza di questo parco, nell'Amazzonia ecuadoriana, a circa 300 km a est di Quito, ci sono i numeri:  nei suoi 982mila ettari ci sono 100mila specie di insetti, record mondiale per un'area relativamente piccola, 150 specie di anfibi, 121 di rettili, 598 di uccelli, circa 200 di mammigeri e oltre 3mila della flora. All'interno del parco vivono anche diverse comunità indigenas, in particolarei i tagaeri e i taromenane, dell'etnia waorani, che sono tornati nella giungla pochi decenni fa, per isolarsi dal resto del mondo e vivere secondo le proprie tradizioni, e che non hanno dato il loro consenso alla decisione di Correa, al non essere stati consultati. 
Lo sfruttamento del petrolio dell'area arriva dopo il fallimento del Sumak Kawsay, il piano Yasuní-ITT, con cui l'Ecuador rinunciava al petrolio dei campi di Ishpingo, Tambococha e Tiputini, in cambio dell' impegno della comunità internazionale a finanziare i piani di sviluppo del Paese, per un totale di 2,7 miliardi di euro, circa il 50% di quanto l'Ecuador avrebbe guadagnato con il petrolio. Il piano è stato annunciato sei anni fa e da allora sono arrivati solo 10 milioni di euro. Troppo pochi per continuare a crederci, così Correa ha gettato la spugna e ha detto sì alle compagnie petrolifere. "Non mi piacciono le miniere, non mi piace il petrolio, ma ancora meno mi piacciono la povertà e la miseria" ha detto Correa ai media. E l'Ecuador ha bisogno di 52 milioni di euro per finanziare i suoi piani contro la povertà. 
Il presidente attribuisce il fallimento del Sumak Kawsay alla sostanziale ipocrisia del mondo: "Il fattore fondamentale del fallimento è che il mondo è ipocrita e la logica che prevale non è quella della giustizia, ma quella del potere. I Paesi inquinanti sono anche i più ricchi e i più forti" ha spiegato. Ha anche ammesso gli errori compiuti dal suo Governo, che non è riuscito a convincere gli eventuali finanziatori della bontà della proposta di salvaguardia del parco Yasuní.
BBC World sottolinea come sia difficile spingere i possibili contribuenti a investire nel Parco se si ha sempre un piano B sotto la manica, cioè, lo sfruttamento petrolifero dell'area. 
La decisione di Correa sta causando grandi polemiche nel Paese andino: all'inizio dell'anno ben il 92% degli ecuadoriani di Quito e Guayaquil, le due città principali del Paese, sosteneva il progetto del Parco e il 66% era contro lo sfruttamento petrolifero del Yasuní, nel caso non si fossero trovati fondi sufficienti. I leaders indigenas minacciano mobilitazioni, perché le comunità Tagaeri e Taromenane che abitano la selva, e i cui territori sarebbero coinvolti nello sfruttamento, sono tornate volontariamente nella giungla per isolarsi e vivere secondo i propri costumi. Correa non si è dichiarato contro il referendum che da più parti gli stanno chiedendo e ha anzi assicurato che lo avrebbe vinto: "Ma datevi una mossa e raccogliete le firme!" ha commentato. Per il presidente il progetto Yasuní-ITT è fallito da un punto di vista finanziario, probabilmente perché ha precorso troppo i tempi: "La nostra iniziativa ha rotto schemi e ha aperto una porta, forse prematuramente. Il mondo non lo ha capito, ma la storia ne farà tesoro e vedrete che nel futuro questo tipo di iniziative, in un altro contesto storico, sarà accolto molto meglio".
elmundo.es pubblica oggi una lunga e splendida galleria di immagini del Parco Yasuní e della sua eccezionale ricchezza di flora e fauna, che rischiamo di perdere per ipocrisia, incomprensioni, ingenuità o quello che è stato. Eccone alcune.